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La chat dei primi cittadini è molto animata. Graditi i ritocchi alle indennità e all’abuso d’ufficio, ma manca ancora la norma per candidarsi in parlamento senza dimissioni.
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I più attivi sono i sindaci del centro Italia, che hanno ancora un forte legame con la struttura partito e rispettano il ruolo del segretario. Anche per questo, nella chat i toni sono molto rispettosi nei confronti di Enrico Letta.
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Il sottotesto, però, è leggibile: la volontà è quella di pesare di più nelle dinamiche interne e di essere più considerati, con un coinvolgimento in prima linea.
Il Partito democratico è in una fase positiva. È in crescita nei sondaggi, anche sulla spinta del successo alle amministrative nei grandi capoluoghi. Ma proprio dalle città si sta alzando una voce che chiede di essere più ascoltata.
I sindaci dem, a cui da tempo è stata appiccicata la sigla di “partito dei sindaci”, coltivano un rapporto più che quotidiano in una animatissima chat. Si scambiano selfie, commenti a iniziative cittadine e il flusso è intensissimo, tanto che alcuni hanno anche iniziato a silenziarla per qualche ora.
Lo strumento, però, è un termometro utile per misurare il clima tra quelli che si considerano «la spina dorsale del partito», quelli che hanno retto sui territori anche nel periodo di massima difficoltà a livello nazionale e che oggi sono il volto nuovo del Pd, dopo la tornata di comunali non solo nei grandi centri.
Proprio loro, che si sono trovati a stretto contatto con i cittadini nei duri mesi di lockdown e di gestione della pandemia, oggi sanno di essere anche i meglio piazzati a livello elettorale. Un dato non da poco, in tempi in cui si discute anche – seppur con molte variabili ancora imponderabili – di voto anticipato.
I più attivi sono i sindaci del centro Italia, che hanno ancora un forte legame con la struttura partito e rispettano il ruolo del segretario. Anche per questo, nella chat i toni sono molto rispettosi nei confronti di Enrico Letta.
«Enrico ci ascolta, ma servirebbe un passo in più», oppure «Enrico dovrebbe imporsi di più», sono il massimo che si registra. Il sottotesto, però, è leggibile: la volontà è quella di pesare nelle dinamiche interne e di essere maggiormente considerati, con un coinvolgimento in prima linea. Anche – come ha chiesto il presidente dell’Anci, Antonio Decaro – venendo indicati dai consigli regionali come grandi elettori per partecipare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
Il pacchetto “sindaci”
Che ci sia movimento nella parte meno romanocentrica del partito è cosa nota anche al Nazareno. Non a caso i parlamentari del Pd si stanno molto adoperando per rispondere almeno ad alcune delle richieste dei sindaci.
Già nella legge di Bilancio è previsto un aumento dei compensi dei sindaci, presidenti dei consigli comunali e assessori per una spesa statale di circa 200 milioni di euro.
In commissione Giustizia al Senato, invece, è depositata una proposta di legge a firma Pd (ce ne sono altre due, di Lega e M5s, molto simili) per modificare in modo esteso sia la responsabilità penale che quella amministrativa dei sindaci, in modo da allontanare la cosiddetta «paura della firma».
Si tocca sia la norma sull’abuso d’ufficio, eliminando la responsabilità oggettiva per gli amministratori che si trovano oggi a rispondere anche per fatti fuori dal loro diretto controllo. Si limita anche al solo caso di dolo la responsabilità erariale. Tutti passi che dovrebbero favorire le candidature e superare la difficoltà dell’ultimo periodo nel trovare candidati solidi nei comuni, sia grandi sia piccoli.
Passi apprezzati, ma non sufficienti. A mancare, infatti, è ancora il tassello che per molti sindaci è forse quello più determinante e che ritorna ciclicamente nella chat: la cancellazione della norma che impone solo ai primi cittadini le dimissioni almeno sei mesi prima delle elezioni, se vogliono concorrere per un seggio in parlamento.
Già in settembre il coordinatore dei sindaci Pd, Matteo Ricci, l’aveva definita «discriminatoria» nei confronti di chi viene chiamato a fare una scelta anticipata rispetto a tutti gli altri politici, che al contrario possono dimettersi da una carica solo una volta eletti. Inoltre le dimissioni anticipate portano sempre al commissariamento del comune.
Invece con il taglio dei parlamentari e dopo una legislatura complicata come questa, che terminerà al massimo nel 2023, molti sindaci starebbero pensando a correre per un seggio in parlamento. Un salto che sarebbe giustificato anche dal fatto che, con meno posti a disposizione, per venire eletti servirà un forte bacino di voti propri, che oggi proprio gli amministratori locali sanno di poter avere.
Certo, tutto dipenderà dalle liste e dalle decisioni del segretario, ma intanto eliminare la norma che limita le candidature dei sindaci è una garanzia che viene considerata necessaria.
A cui, però, i parlamentari sarebbero poco propensi. Intanto, il 24 novembre i sindaci incontreranno in una assemblea aperta a Roma il segretario Letta. A cui chiederanno, «in maniera costruttiva», di considerarli in prima linea a sostegno del partito.
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