In Brianza la presentazione di un’associazione che vuole riprendersi il bagaglio ideologico dell’èra Bossi. Tra i promotori Grimoldi e l’ex ministro Castelli. Nel pubblico diversi forzisti. Parte la battaglia per il consenso dei padani amareggiati con il segretario: «No a Vannacci e all’autonomia»
Le note del “Va pensiero” di Giuseppe Verdi arrivano fino alla strada. Accolgono chi entra nella tenuta Lodovica, a Vimercate, nel cuore della Brianza produttiva a venti minuti da Monza. È l’inno della Padania, custodito nella storia della Lega Nord fondata da Bossi e «tradita daMatteo Salvini», è la voce che si alza dagli ospiti che sono giunti fin qui per cavalcare una «speranza chiamata federalismo». Ed ecco che arriva Mario Borghezio, si fa spazio tra la folla, urlando «Roma ladrona», «Viva la Padania», «Indipendenza e federalismo».
È come tuffarsi nel passato qui alla Lodovica, dove si è materializzato il popolo del nord. Quello, cioè, fatto da militanti leghisti che al solo suono della parola Salvini cambiano strada e ti tolgono il saluto.
Non c’era Umberto Bossi, ma qualcuno dei presenti è certo che “il Senatur” abbia dato un via libera ufficioso alla costruzione di un nuovo percorso politico che vanta diversi volti noti della vecchia Lega Nord: Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia nel governo Berlusconi e padano doc; Paolo Grimoldi, ultimo vero segretario della Lega Lombarda fino al 2021, con un procedimento disciplinare sul groppone e a rischio espulsione dalla Lega Salvini premier.
ritorno alle origini
Castelli e Grimoldi sono di certo le anime di questa che per ora è solo un’associazione dal nome e dal simbolo evocativo, ossia Patto per il Nord, rappresentato da un Pinamonte da Vimercate stampato su una bandiera bianca in un cerchio blu. Pinamonte è il creatore dell’antica alleanza Lega Lombarda costituita per combattere contro Barbarossa.
Il ritorno alle origini, dunque. Con un movimento che presto si strutturerà come partito, con sezioni, movimenti giovanili e rappresentanti sul territorio che vuole riprendersi il bagaglio ideologico della Lega fondata da Bossi. Tra il pubblico c’era pure Roberto Cota, governatore del Piemonte, bossiano d’annata, ora in Forza Italia. E del partito di Antonio Tajani c’erano in parecchi, interessati più che altro a capire se in futuro possa nascere un’alleanza non strutturale ma su singole competizioni elettorali, per esempio le prossime regionali in Veneto.
Già perché Flavio Tosi, il primo a fuggire dalla gestione Salvini, è l’animatore dentro il partito berlusconiano della corrente Forza Nord. Tra i presenti anche importanti ex leghisti ora passati in Fratelli d’Italia, che, dicono, «siamo qui per capire, è un progetto interessante, ricorda la Lega Nord».
Non solo nostalgia
Attenzione però a derubricare il patto di Vimercate a pura operazione nostalgia. Non è andata in scena soltanto una sfilata di nostalgici federalisti. L’evento di presentazione del Patto per il Nord è l’inizio di una lunga battaglia con l’obiettivo di scippare consenso ai padani delusi da Salvini.
La prima prova sul campo saranno le imminenti elezioni in Liguria. «Finalmente i cittadini liguri ritroveranno la parola Nord sulla scheda elettorale», dice Castelli, che ha aderito a Patto per il Nord con il suo nuovo partito popolare del Nord. «Puntiamo ai delusi del partito di Salvini», aggiunge Francesca Losi, eletta a sorpresa con il partito di Castelli nel consiglio comunale di Pontida, luogo sacro della Padania e dove la Lega ha perso dopo vent’anni di dominio assoluto.
I timori tra i salviniani non mancano. Intanto perché al raduno federalista di Vimercate c’erano diversi tesserati che guardano con attenzione al Patto per il Nord e al partito di Castelli. «Se in Liguria il partito federalista dell’ex ministro Castelli dovesse raggiungere anche solo l’1,5 per cento, per Salvini è un problema, i voti verrebbero da lì», riflettono in molti dei presenti. Con questa emorragia ulteriore di voti, la Lega sovranista in Liguria rischia di andare sotto la fatidica soglia del 6 per cento. Vorrebbe dire una crisi nera.
«Patto per il Nord non è un partito, è un’associazione che riunisce sindacati, movimenti, partiti», spiega Grimoldi, che aggiunge: «Da domani lavoreremo sul territorio per strutturarci, creare sezioni, eleggere rappresentanti, il lavoro è appena iniziato». Un’insidia per Salvini? «Per noi è il passato, abbiamo un consenso da conquistare che va oltre i delusi di quel partito», assicura Castelli. «Non è uno scherzo questo evento qui», aggiunge Angelo Alessandri, bossiano di ferro e già presidente della Lega Nord: «Hanno aderito al progetto venti sindaci dei territori e 400 consiglieri comunali». E su possibili alleanze future? «Siamo disponibili a dialogare con tutti, dal Pd a Forza Italia, è l’insegnamento di Bossi», ragiona Alessandri.
Ma non con il partito del Capitano, considerato da queste parti un traditore delle istanze leghiste. «Molti dirigenti di quel partito sono fiduciosi e guardano al Patto per il Nord con interesse, per ora osservano, ma la pensano come noi», sostengono alcuni degli organizzatori.
No all’autonomia
Persino la legge firmata da Roberto Calderoli sull’autonomia è vista con sospetto. Il coro è unanime, «non servirà a nulla». Per questo, confida Alessandri, «al referendum voteremo contro questa legge, partendo da presupposti differenti da quelli del Pd». In pratica, continua il bossiano, «se passa questa autonomia potrebbe diventare la pietra tombale sulla questione federalista, che per noi è prioritaria».
Nei corridoi della Lodovica si intravedono anche gruppi di giovani militanti con la cravatta verde. «Sono iscritto alla lega giovani Salvini premier», dice uno di loro, «ma il mio unico leader è e sarà Umberto Bossi». E Roberto Vannacci? «No, massimo rispetto per la sua storia, ma non incarna i valori della Lega Nord».
Qui la rete sovranista internazionale imbarcata da Salvini non è vista di buono occhio: «Le Pen, Orbán e gli spagnoli di Vox sono tutti partiti centralisti, non c’entrano nulla con il federalismo e l’autonomismo», ripetono in tanti a Vimercate. Così come il Ponte sullo stretto non è un’opera particolarmente gradita: «Quei miliardi buttati andavano messi sulla sanità lombarda», si infervora Grimoldi, che vuole essere chiaro con i presenti: «I traditori non siamo noi, non siete voi che credete in questo nuovo percorso politico, i traditori sono quelli che hanno tradito i valori fondativi della Lega Nord».
Applausi dalla platea, per questo messaggio che arriva fin dentro Palazzo Chigi.
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