Inizio di stagione pirotecnico per le minoranze, fra il caso Pozzolo e quello dei balneari. Ma Schlein deve affrontare le spine delle europee e delle amministrative in Sardegna, Piemonte e Basilicata
Lo sparo accidentale “fuggito” dalla pistola del deputato FdI Emanuele Pozzolo alla festa di Capodanno di Rosazza (Biella), dove per di più lo special guest era Andrea Delmastro, ha regalato una ripresa pirotecnica alle opposizioni. Che ora chiedono le dimissioni del sottosegretario. Non le otterranno: palazzo Chigi lo ha già blindato dopo il rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio nel caso Cospito, ora non può ammettere l’evidenza, e cioè che c’è della disastrosa leggerezza nei suoi comportamenti; piuttosto la premier si avvia a scaricare l’onorevole pistolero, peraltro non nuovo a smargiassate imbarazzanti. Ma il 2024 non poteva iniziare meglio di così per le opposizioni, ovvero peggio di così per Giorgia Meloni.
Anche per la vicenda balneari. Lo scorso 30 dicembre il presidente Mattarella ha promulgato la travagliata (per la maggioranza) legge sulla concorrenza. Ma ieri ha inviato al governo e al parlamento una severa lettera di osservazioni in cui sottolinea «i profili di contrasto con il diritto europeo» del testo e consiglia «indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di governo e parlamento». Anche in questo caso l’opposizione festeggia: anche perché è un tema su cui è miracolosamente unita, cavillo più cavillo meno.
La destra tenta di rispondere alzando il caso del magistrato Marcello Degni: il consigliere della Corte dei Conti, quota Pd, che a fine anno ha accusato Elly Schlein di un atteggiamento morbido sulla manovra, con parole non proprio adatte al suo ruolo: «C’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio. Potevamo farli sbavare di rabbia». La Corte apre una verifica interna, il Pd non fiata: altrimenti dovrebbe dare spiegazioni su come svolge in aula il ruolo di opposizione, al di là dei proclami.
Al netto di questo, la verità è che l’agenda 2024 delle opposizioni è molto meno promettente di questo scoppiettante inizio. Per il Pd, le questioni lasciate in sospeso a fine 2023 sono molte, e tutte impattano con i rapporti con il M5s. Gli impegni già fissati nel calendario del Nazareno al momento sono pochi. Giovedì 11 gennaio, nell’anniversario della morte del presidente del parlamento europeo David Sassoli, il Pd ha organizzato una commemorazione alla sede nazionale, seguita da un incontro tra la segreteria e il bureau di S&D. Ancora sull’eredità di Sassoli il giorno dopo, venerdì 12, si terrà un convegno al Campidoglio, conclusioni di Elly Schlein. Che nell’autorevolissimo compagno di partito scomparso cerca l’ispirazione per dirimere il dossier europee, ormai urgente: la segretaria deve mettere mano alle liste e sciogliere il dilemma della sua candidatura a capolista in tutte le circoscrizioni. In molti riferiscono che ha deciso per il sì: ma sarebbe ancora in corso una riflessione su una sua corsa «creativa» (tradotto: non da capolista). Comunque deve fare presto: i papabili scalpitano per buttarsi nella campagna elettorale.
Il Tetris europee-regionali
Ma sono le europee la vera matassa da sbrogliare: ed è una questione che si incastra con l’altrettanto spinosa chiusura delle alleanze per le amministrative. Tanto più che Giorgia Meloni accarezza l’idea dell’Election day, ovvero l’accorpamento con il voto del 9 giugno, convinta che i diversi voti tireranno la volata a FdI. Ufficialmente il Pd non ha preso posizione, anche perché per ora non c’è nessuna proposta da parte della maggioranza (è una delle domande a cui la premier dovrà rispondere alla conferenza stampa di domani).
Ma certo a casa Schlein sta tutto ancora per aria, o quasi, dalle regioni (unica certezza in Abruzzo, dove un’alleanza larga sosterrà l’ex rettore Luciano D'Amico, con scarse possibilità) alle principali città. La più urgente è la Sardegna, che va al voto il 25 febbraio: non è ancora emersa una soluzione unitaria fra la candidata Pd-M5s Todde e l’ex presidente Soru, che nel frattempo ha incassato il sì di trenta dirigenti dem.
Accordo difficile in Piemonte: giovedì 4 gennaio Pd e M5s si siederanno intorno a un tavolo per trovare un nome comune da contrapporre all’uscente e fortissimo Alberto Cirio. In Basilicata il Pd ha lanciato Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium, ma M5s non ne vuole sapere causa (presunti) conflitti di interesse dell’imprenditore. Il guaio è che il tempo non è galantuomo per il Pd, anzi complica anche le storie più lineari.
Così a Firenze: una consultazione del territorio (ma non le primarie) ha varato la candidatura di Sara Funaro, assessora al welfare. Qui il Pd ha il vento in poppa, eppure è finito nei guai: l’ex assessora Cecilia Del Re ha mollato il partito e lanciato una lista civica. Ora minaccia di fare le primariette promesse da Matteo Renzi, misurandosi con la renziana Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione. Primarie senza Pd, da sventare assolutamente. A questo punto tocca a Schlein metterci la testa. Perché se per la segretaria le europee sono un banco di prova, la guida di Firenze non lo è meno, simbolicamente e non solo. L’ultimo giorno dell’anno Renzi ha consegnato al Quotidiano nazionale i suoi tanti auguri: «Se Elly Schlein perde Firenze, il giorno dopo perde il Nazareno».
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