- Tra i requisiti per accedere alla forma di finanziamento pubblico c’è l’elezione di almeno un deputato o un senatore. In bilico anche Italexit di Gianluigi Paragone e l’Italia dei valori.
- In ballo ci sono centinaia di migliaia di euro fondamentali per mandare avanti le attività partitiche. Lo scorso anno sono stati destinati oltre 18 milioni in totale ripartiti in base alle scelte dei contribuenti.
- I moderati del centrodestra hanno trovato la soluzione della lista unitaria: concorreranno all’ingresso in parlamento di almeno un rappresentante, ottenendo il beneficio per l’intera legislatura.
Il voto del 25 settembre è decisivo per la sopravvivenza economica di molti partiti, specialmente i più piccoli. La mancata elezione di rappresentanti nel prossimo parlamento può avere una pesante ricaduta: la perdita dei requisiti per ricevere il 2 per mille, l’ultimo strumento di finanziamento pubblico garantito alla politica.
Così alcuni hanno pensato bene di mettersi al riparo da brutte sorprese. È il caso delle forze che hanno aderito alla lista del Pd, denominata Italia democratica e progressista: Articolo 1, guidato da Roberto Speranza, DemoS di Paolo Ciani e il Psi sotto l’egida di Vincenzo Maraio.
Concorreranno all’elezione di almeno un parlamentare e per tutta la durata della legislatura non avranno problemi. Così come Sinistra italiana, Europa verde e Centro democratico di Bruno Tabacci, che al netto di una debacle porteranno a casa qualche seggio vinto nei collegi uninominali.
Discorso simile per Possibile, il partito fondato da Pippo Civati e oggi guidato da Beatrice Brignone. Nel 2018 era uno dei fondatori della lista di Leu, insieme ad Articolo 1 e Sinistra italiana. Il 25 settembre, secondo le ultime notizie, sarà invece alleato con Europa verde e Si.
La corsa di Italexit
In totale nel 2022 sono stati distribuiti oltre 18 milioni di euro. Sono centinaia di migliaia di euro per piccole forze politiche: risorse preziose per mandare avanti le strutture, pagare i dipendenti, organizzare eventi.
La normativa prevede che i requisiti siano vigenti entro il 30 novembre, anche se non sono isolati i casi di ricorsi per l’accoglienza delle istanze. È chiaro che per alcuni soggetti sta iniziando un gara decisiva.
Uno degli esempi principali è quello di Italexit, fondata dal senatore Gianluigi Paragone dopo la fuoriuscita dal Movimento 5 stelle. Attualmente il suo partito ha ottenuto il placet della commissione preposta alla verifica dei titoli necessari.
Ma adesso è necessaria la conferma: bisogna presentare le liste e superare la soglia di sbarramento del 3 per cento, altrimenti niente accesso al 2 per mille.
Nell’elenco di chi è sulla graticola figura pure l’Italia dei valori, il partito fondato da Antonio Di Pietro, che nonostante la graduale scomparsa dai radar ha trovato il modo di sopravvivere.
Al Senato, infatti, c’è stato finora Elio Lannutti, altro eletto e fuoriuscito dal M5s, che si è proposto come rappresentante dell’Idv. Il soggetto, guidato da Ignazio Messina, rischia tuttavia di non avere deputati e senatori dopo le prossime elezioni. E per questo giro potrebbe saltare l’accesso al 2 per mille, che per quest’anno aveva garantito introiti per 54mila euro.
La beffa di Rifondazione comunista
Il voto del 25 settembre suona quasi come una beffa per Rifondazione comunista, che era stata esclusa dalla ripartizione del 2 per mille per la prossima dichiarazione dei redditi, a causa dell’assenza di eletti entro il termine previsto.
Si trattava di un duro colpo, considerando che nell’ultimo anno, in cui ha ricevuto le risorse, ha messo a bilancio 574 mila euro. Nei mesi scorsi aveva ovviato alla mancanza, con la nascita di una componente alla Camera, formata da ex 5 Stelle, denominata Manifesta-Prc-Potere al popolo.
Insomma, senza lo scioglimento delle Camere, il partito di Maurizio Acerbo non avrebbe avuto difficoltà a rientrare nel discorso. Ora toccherà realizzare la missione impossibile di oltrepassare la soglia con il progetto Unione popolare, che vede Luigi de Magistris, come candidato-premier.
Ancora più beffarde potrebbero essere le elezioni per Alternativa, partito fondato da chi ha lasciato i 5 Stelle in dissenso con la fiducia accordata al governo Draghi.
Per il 2022 la documentazione era in regola, compresa la presenza di eletti alla Camera. Una certezza che oggi non c’è, visto che c’è da affrontare la sfida dell’ingresso nelle istituzioni. E c’è chi si è fatto furbo e ha aggirato l’ostacolo.
I Radicali italiani possono contare sul sostegno di +Europa, che rientra nella coalizione con il Pd. Mentre i moderati del centrodestra si sono cautelati mettendosi sotto un unico cappello: basta anche un solo eletto e il 2 per mille è in cassaforte per l’intera legislatura.
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