- Insieme, Italia viva e Coraggio Italia arrivano a 71 voti: non pochi nella delicata corsa al Colle, ma i tre leader che li gestiscono hanno in mente solo il desiderio di sopravvivere ai loro guai.
- Renzi, Toti e Brugnaro sono tutti e tre coinvolti in vicende problematiche: il leader di Italia viva è indagato dagli inquirenti che si stanno occupando della Fondazione Open, il sindaco di Venezia è accusato di numerosi conflitti d’interesse.
- Il presidente della Regione Liguria, che sarà presente in parlamento durante la votazione, è indagato per finanziamenti poco limpidi.
I numeri per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica continuano a ballare.
Di fronte alla sostanziale equivalenza del blocco della destra e quello composto da Cinque stelle e centrosinistra (445 voti contro 414) a fare la differenza saranno i voti dei partiti che affollano il centro: tra tutti, soprattutto Coraggio Italia, che unisce Cambiamo! di Giovanni Toti con la squadra capitanata dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, e Italia viva di Matteo Renzi. I due partiti più corteggiati nelle ultime settimane che precedono il voto fuori dal parlamento valgono ben poco: Iv si aggira intorno al 3 per cento, CI viaggia tra l’1 e il 3.
Il valore dei voti
A palazzo Madama e Montecitorio però i due gruppi formano un pacchetto prezioso di voti.
La formazione di Toti e Brugnaro conta 22 deputati, 8 senatori e 2 grandi elettori, di cui uno è lo stesso presidente della Liguria. I renziani invece sono 26 alla Camera, 13 al Senato (dopo il recente addio del senatore umbro Leonardo Grimani): 32 e 39 voti, preziosissimi sulla bilancia della corsa al Quirinale.
La precarietà dei sondaggi spinge soprattutto i peones a cercare prospettive se non per una rielezione, almeno per una sistemazione anche dopo febbraio: se si dovesse andare alle urne, quasi nessuno di loro riguadagnerebbe il proprio seggio. Ma mentre i parlamentari pensano al proprio futuro, tutti e tre i leader del centro italiano hanno gravi incombenze da affrontare: Renzi, Toti e Brugnaro devono giocarsi il loro pacchetto di voti al meglio per diventare registi di un’elezione che può avere un effetto positivo sulla situazione difficile in cui si trovano.
Renzi
L’ex presidente del Consiglio, che a fine 2019 ha lasciato il Pd per fondare il suo partito, ha diversi dossier importanti di cui tener conto in vista dell’elezione del presidente della Repubblica.
Il più recente riguarda l’indagine a carico suo e di esponenti politici a lui vicini, come Maria Elena Boschi, collegati alla fondazione Open, che secondo i magistrati di Firenze avrebbe fornito alla corrente di Renzi, quando era ancora nel Pd, oltre 3,5 milioni di euro in violazione del finanziamento pubblico ai partiti. Attualmente l’immunità di Renzi è all’esame della giunta per le autorizzazioni. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati pubblicati anche i movimenti dei conti privati del leader di Italia viva, che rivelano i pagamenti da parte del ministero delle Finanze dell’Arabia Saudita.
Renzi siede comitato consultivo dello FII Institute, un organismo controllato dalla famiglia reale: per occupare un posto nel board viene pagato fino a 80mila dollari all’anno. «Non ho nulla da temere ed anzi la pubblicazione incivile di questi documenti non fa che confermare la mia trasparenza e correttezza», ha scritto su Facebook il leader di Italia viva.
Brugnaro
Mentre la mente dell’ex presidente del Consiglio Renzi corre ai finanziamenti che avrebbe ricevuto dalla fondazione Open e alle critiche che gli vengono mosse per i suoi impegni retribuiti da un altro governo, il sindaco di Venezia Brugnaro durante il voto rivolgerà almeno un pensiero ai conflitti d’interesse che lo riguardano.
Il sindaco difficilmente sarà in parlamento da grande elettore mentre si succederanno le “chiame” per la scelta del nuovo inquilino del Quirinale, ma il suo partito conta. Il primo dei progetti in cui gli interessi privati si incrociano con le sue azioni da sindaco è il nuovo terminal terra mare che concentra buona parte dei flussi turistici di Venezia su un terreno di proprietà del sindaco.
A Mestre, invece, la società sportiva Reyer, riconducibile al sindaco, ha acquistato un terreno dieci giorni prima che il comune modificasse edificabilità dell’area. Il terzo dossier su cui Brugnaro ha esercitato la propria influenza è il decreto grandi navi, licenziato in estate dal Senato.
Lo scopo della norma è quello di vietare alle grandi imbarcazioni di transitare per il bacino di San Marco, ma il testo conferisce anche molti più poteri all’autorità portuale di Venezia.
Nel suo comitato di gestione siedono gli enti locali: non manca un rappresentante della giunta guidata dal sindaco che ha interessi anche sull’area di Marghera, dove potrebbero essere presto creati dei nuovi ormeggi.
Toti
Il presidente della regione Liguria parteciperà in prima persona all’elezione del nuovo presidente della Repubblica: anche per lui in quest’elezione confermare il proprio peso politico è essenziale. Sulle sue spalle pesano indagini su di finanziamenti tutt’altro che limpidi. Uno su tutti è quello dell’imprenditore Pietro Colucci, che guida un gruppo industriale che gestisce le discariche in regione: Colucci ha versato 100mila euro ai comitati collegati a Toti.
Nel 2017 la società ha presentato un progetto per ampliare una discarica e la giunta regionale non ha fatto mancare il suo voto favorevole. Stesso discorso per gli armatori Amico&Co., che hanno ottenuto un’importante concessione dall’autorità portuale, e per il gruppo Spinelli, che ha fatto avere ai comitati di Toti 40mila euro. Anche questa società ha approfittato di alcune concessioni in mano all’autorità portuale. Nella lista dei finanziatori c’è anche Aep, legata a Esselunga, che ha ricevuto l’autorizzazione per aprire un nuovo cantiere dopo aver versato 50mila euro.
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