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Quo vadis, Marx? Con una lettera dal tono informale, papa Francesco frena il cardinale tedesco Reinhard Marx che lo scorso 4 giugno aveva presentato in Vaticano le dimissioni per essere sollevato dal suo incarico.
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Non sfugge il tono singolare della missiva, il richiamo a Pietro transfuga che vuole lasciare Roma e la missione affidatagli da Cristo.
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Il papa respinge un abbandono ufficialmente motivato dagli abusi. Ma il gesto è legato alle tensioni scismatiche della chiesa tedesca.
Quo vadis, Marx? Con una lettera dal tono informale, papa Francesco frena il cardinale tedesco Reinhard Marx che lo scorso 4 giugno aveva presentato in Vaticano le dimissioni per essere sollevato dal suo incarico: «Questa è la mia impressione: di essere giunti a un punto morto», aveva scritto il porporato che, detronizzandosi, voleva fare ammenda per le decine di abusi commessi dal clero tedesco negli ultimi decenni. Francesco gli scrive esortandolo a continuare il cammino con quel «coraggio cristiano che non teme la croce, né di essere umiliato davanti alla tremenda realtà del peccato». Non sfugge il tono singolare della missiva, il richiamo a Pietro transfuga che vuole lasciare Roma e la missione affidatagli da Cristo.
Quel «pasci le mie pecorelle» con cui il papa chiosa la lettera suona, piuttosto, come il tentativo di rimettere in riga l’ex capo dei vescovi teutonici in un momento delicatissimo per la chiesa tedesca. La risposta di Francesco arriva sei giorni dopo le dimissioni avanzate dall’arcivescovo di Monaco e Frisinga che aveva squarciato il cielo burrascoso del cammino sinodale tedesco in corso. Il motivo dichiarato sono i casi di abuso emersi di recente: un’ammissione di negligenza e incapacità dall’ex presidente dell’episcopato teutonico: «Sostanzialmente per me si tratta di assumersi la corresponsabilità relativa alla catastrofe dell’abuso sessuale perpetrato dai rappresentanti della chiesa negli ultimi decenni». «I sociologismi, gli psicologismi, non servono» gli risponde ora il papa, che sebbene riconosca il coraggio del porporato, sembra discostarsi dal metodo.
Per di più, il tempismo di Marx non è perfetto, visto che da poco la Santa sede ha promulgato la riforma del Codice di diritto canonico in materia di abusi, contemplandoli per la prima volta come «delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo» e rendendo perseguibili non solo i chierici, come un tempo, ma anche i consacrati e i fedeli. Il cardinale combatte da anni le negligenze in tema di abusi, per ammissione di un altro tedesco, il gesuita Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori: «Marx ha sostenuto il lavoro centro per un decennio e siamo molto grati per questo supporto, molto significativo non solo per il contributo finanziario». L’impressione, dunque, è che il gesto riveli altro.
Cui prodest?
La cornice è, senza dubbio, il cammino sinodale tedesco, che sta mostrando non solo la distanza con Roma, ma anche le divergenze tra i vescovi tedeschi. È emerso nel caso dell’arcidiocesi di Colonia, dove il cardinale Rainer Maria Woelki è stato strattonato dai vescovi teutonici con l’accusa di mancata trasparenza in passati casi di abuso. Attualmente è in corso la visita apostolica che il papa ha affidato al vescovo di Stoccolma, il cardinale Anders Aborelius, e a monsignor Johannes van den Hende, vescovo di Rotterdam, in un momento delicato per una delle diocesi più ricche della Germania.
Chi ha espresso le sue perplessità sul Synodale Weg è il cardinale tedesco Walter Kasper, teologo vicino a papa Francesco: «Il cammino sinodale è strutturalmente debole. Non è né un sinodo né un mero processo di dialogo. Come tutto questo possa essere ricondotto a un denominatore comune è difficile immaginare visto l’evidente disaccordo tra i vescovi tedeschi (…). Come tutto questo possa essere ricondotto a un denominatore comune è difficile immaginare visto l’evidente disaccordo tra i vescovi tedeschi», ha ammesso, intervistato sul sito diocesano di Passau. Le dimissioni del cardinale tedesco potrebbero soltanto acuire le vedute antitetiche: «Mettere la carne sulla brace non porta a nulla (…). Accettare la crisi, personale e comunitaria, è l’unico cammino fecondo perché da una crisi non si esce da soli ma in comunità» scrive il papa.
Gli abusi: un alibi?
Senza dubbio, gli abusi che il cardinale Marx menziona hanno un ruolo centrale nella crisi: «La catastrofe delle violenze è un fallimento personale e istituzionale» ammetteva. Lo dimostra lo studio Mhg, commissionato dall’episcopato teutonico per i casi di violenza tra il 1946 e il 2014. Eppure Roma teme che, sull’onda dell’indignazione generale, gli abusi possano diventare un alibi per riformare la chiesa d’Oltralpe: «Il cardinale Marx rappresenta l’esame serio delle questioni sul tavolo, delle crisi che la chiesa sta affrontando, e rappresenta il tentativo di dare risposte nuove» ha dichiarato pochi giorni fa il presidente della Conferenza episcopale tedesca, Georg Bätzing, all’emittente Ardmediathek: «Si è percepito nella chiesa un tale fallimento sistemico che ci possono essere solo risposte sistemiche, e queste risposte devono essere fondamentali».
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