I lavori appaltati a una società, in base a quanto si legge nel decreto di perquisizione, non sarebbero stati compiuti in modo adeguato. Così l’imprenditore «dava o prometteva a dipendenti pubblici denaro o altre utilità». Il sindaco Gualtieri: «Siamo grati per il lavoro della magistratura e indignati per le presunte irregolarità che potrebbero essere state commesse»
Manca poco all’apertura della Porta Santa, a Roma, per il Giubileo 2025 e intanto la maxi inchiesta dei pm capitolini, che oggi ha portato gli uomini della Guardia di Finanza a perquisire gli uffici del dipartimento Infrastrutture di via Petroselli del Comune e la sede della società Astral che fa capo alla Regione Lazio, svela i “peccati” dietro agli appalti sul rifacimento del manto stradale.
Una storia all’insegna, secondo le accuse, di corruzione, riciclaggio e autoriciclaggio, frode in pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti e associazione a delinquere. In altre parole, una storia di mazzette in cambio di affidamento di lavori pubblici.
Sotto la lente degli investigatori – nell’inchiesta sono indagati quattro funzionari del Campidoglio e uno di Astral - è finito l’imprenditore Mirko Pellegrini, classe 1978, di Frascati, insieme a una galassia di società, oltre quindici, legalmente rappresentate da prestanomi ma a lui riconducibili. A Pellegrini non solo si contesta la «formazione di falsa documentazione» al fine di «conseguire illecitamente contratti d’appalti» conclusi con Roma Capitale e altri enti pubblici, ma pure un «comportamento lesivo della libera concorrenza».
AL RISPARMIO
Da viale della Serenissima, passando per via della Magliana, fino a piazzale De Bolis: i lavori appaltati alle società riconducibili all’imprenditore, in base a quanto si legge nel decreto di perquisizione, non sarebbero stati compiuti in modo adeguato, «con particolare riferimento allo spessore del manto di asfalto e alla quantità di materiale impiegato». Alla luce di tutto questo, Pellegrini «dava o prometteva a dipendenti pubblici denaro o altre utilità». Lo scopo era appunto quello di «occultare le condotte» tenute. E a guardare bene, in base a quanto si apprende, le “utilità” a cui gli inquirenti fanno riferimento si sostanzierebbero in assunzioni per figli e favori di altro tipo.
«Dalle indagini – si legge ancora nel decreto della procura di Roma – è stato possibile rilevare la partecipazione delle società appartenenti al “gruppo” a numerose procedure di gara per lo più inerenti a lavori di rifacimento del manto stradale, con la conseguente aggiudicazione, che nella maggior parte dei casi hanno avuto quale controparte Roma Capitale per importi di circa 100 milioni di euro».
Nel fascicolo dei pubblici ministeri Giuseppe Cascini e Lorenzo Del Giudice, coadiuvati dal nucleo di polizia economica finanziaria della Gdf di Roma, sono indagati inoltre anche due poliziotti della stradale.
Sempre in base a quanto si apprende, in cambio di favori e altre utilità, gli agenti non avrebbero disposto alcuna multa nei confronti di un mezzo riconducibile al presunto corruttore Mirko Pellegrini, nonostante l’accertata violazione del codice della strada.
MAZZETTE IN CALABRIA
A ogni modo non è la prima volta che Pellegrini viene coinvolto in inchieste riguardanti appalti e tangenti. Basti pensare che nel 2017 nei confronti dell’imprenditore romano è stata disposta la misura dell’obbligo di dimora nell’ambito dell’operazione Cumbertazione delle Dda di Reggio Calabria e Catanzaro. Per gli investigatori esisteva un vero e proprio cartello, un sistema criminale cioè che ha permesso al clan di ‘ndrangheta Piromani di mettere le mani sui più importanti appalti pubblici fra la provincia di Reggio e Cosenza, per un totale di ventisette gare dal valore di novanta milioni di euro.
Un risultato, quest’ultimo, raggiunto grazie al coinvolgimento di sessanta imprese e a un regime di pacificazione con altre ‘ndrine, omaggiate di un tre per cento del valore dell’appalto realizzato sul loro territorio. Appalti, insomma, in cambio di Rolex o viaggi in mete turistiche iconiche.
La storia oggi sembra ripetersi per quanto riguarda il sistema delle mazzette nei grandi appalti pubblici. Un sistema che pertanto non sembra lasciare esente neanche il Giubileo per il quale nella Capitale sono attesi migliaia di turisti. Pronti a fare lo slalom tra buche e marciapiedi.
La perquisizione di oggi ad opera dei finanzieri ha riguardato, tra le altre, le sedi del Gruppo Pellegrini ma anche quella della Fenice srl sul cui conto, si legge negli atti giudiziari, «risultano settantacinque procedure per un valore» di oltre 92 milioni di euro «di cui quarantasei con Roma Capitale per un valore di» circa settantaduesima euro. Tra gli altri “clienti” di Fenice, per come risulta a questo giornale, anche Astral e ulteriori comuni dell’hinterland romano.
L’inchiesta della Procura capitolina continua, bisognerà accertare anche l’impiego dei fondi giubilari. Nel frattempo le contestazioni mosse nei confronti dei funzionari del Campidoglio e no risultano gravi. Al netto dell’apertura della Porta Santa della basilica di san Pietro grazie alla quale tutti i peccati verranno rimessi.
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