Piero De Luca (deputato Pd e coordinatore dell’area Energia popolare, cioè i riformisti del partito ndr), voterete una Commissione europea che consacra il peso del governo Meloni. Dunque la premier non ha indebolito il ruolo dell’Italia?

Confermiamo le critiche all’azione della premier a livello internazionale e in Europa. Il governo si è isolato e condannato all’irrilevanza dall’inizio. Dal rifiuto di ratificare il Mes, che ci ha reso deboli nel negoziato sul Patto di stabilità, definito un accordo al ribasso dallo stesso ministro Giancarlo Giorgetti. Non ha raggiunto risultati sulle politiche migratorie, ha stretto un accordo costoso, inutile e disumano con l’Albania, per non parlare della figuraccia sui balneari, a cui hanno venduto la Fontana di Trevi e poi sono stati costretti a riconoscere le bugie raccontate in questi anni. Il no di Giorgia Meloni e Matteo Salvini alla presidente Ursula von der Leyen è l’emblema di un governo inadeguato. E diviso: con la maggioranza spaccata.

Inadeguato, ma “premiato” da von der Leyen.

Noi tifiamo per l’Italia, ma se l’Italia avrà un ruolo di peso sarà per la storia e l’importanza del nostro paese, che è uno dei fondatori della Comunità europea.

Direte sì al commissario Raffaele Fitto?

Valuteremo con rigore portafoglio, deleghe, e soprattutto le sue linee programmatiche, senza pregiudizi, ma con attenzione per verificare che assuma una posizione europeista, sganciandosi dal sovranismo di FdI e Lega e impegnandosi a rappresentare l’Italia e gli interessi dell’Unione, non il suo partito o il suo governo.

Fitto è un ministro del governo Meloni. Deve abiurare?

Il governo italiano finora ha fatto il contrario di quello che era necessario a Bruxelles ma anche a Roma. Penso al Pnrr, oggetto di ritardi e rinvii. Se Fitto diventerà commissario europeo, avrà un ruolo diverso e dovrà assumere indirizzi evidentemente differenti. Lo ascolteremo nelle audizioni parlamentari.

Gli esponenti meridionali del Pd però lo hanno accolto con favore.

C’è una responsabilità collettiva di tutto il Pd. Contrariamente a quello che fece Meloni con Paolo Gentiloni, nessuno alza muri pregiudiziali, ma per tutti serve una valutazione seria sull’impegno proeuropeista che assumerà Fitto. Per noi deve proseguire il lavoro di Gentiloni, e l’europeismo di grandi italiani, come Romano Prodi e David Sassoli, che hanno contribuito al cambiamento dell’Europa. Uno dei punti qualificanti ad esempio sarà l’approccio al rapporto Draghi. Von der Leyen lo ha assunto come riferimento programmatico, insieme alle linee già presentate al parlamento europeo. Fitto è d’accordo?

Draghi però non piace al M5s e ai rossoverdi. Il centrosinistra è diviso anche su questo?

Il rapporto Draghi è un documento ambizioso e di spessore. Traccia una strada per rafforzare investimenti comuni, le sfide della sostenibilità, dell’occupazione, della decarbonizzazione, del digitale, con attenzione alla coesione sociale per noi fondamentale. È la strada avviata con il Next Generation Eu, su cui ai tempi del governo Conte II con il M5s abbiamo fatto un lavoro straordinario per ottenere il primo programma di investimento finanziato con titoli di debito comune. Quello indicato da Draghi è l’unico approccio possibile perché l’Ue non diventi irrilevante da un punto di vista economico e geopolitico, e difenda il suo modello di pace, democrazia e diritti. Sulle tecnicalità è giusto discutere, ed è un pezzo del lavoro programmatico da fare.

Però Conte non voterà la Commissione.

La visione europeista è e dev’essere patrimonio comune a tutto il campo progressista. Lavoriamo sui contenuti, e troveremo adeguate convergenze. È un lavoro che richiede attenzione, ma è possibile. Compito del Pd è sostenere l’impegno, avviato dalla segretaria Schlein, della costruzione di un’alleanza ampia, credibile e coesa. Dobbiamo smussare le differenze, ancora presenti ad esempio su aspetti della politica estera, e valorizzare di più quello che ci unisce: sanità e scuola pubblica, dignità e sicurezza del lavoro, politiche industriali e clima, diritti sociali e civili. Sono i punti che la segretaria ha proposto, una base solida di idee e valori comuni su cui fondare un progetto di governo alternativo alla destra.

Crede davvero che Conte e Renzi possano allearsi?

In alcune amministrazioni già governano insieme. In Umbria e in Emilia-Romagna siamo nella stessa coalizione per le regionali. Si sta lavorando anche per la Liguria. La sfida nazionale è più complessa, certo. Il Pd ha un ruolo decisivo: ha il timone, deve mettere attorno allo stesso tavolo le forze intenzionate a costruire un’alternativa alla destra. Serve serietà e pazienza.

Perché Renzi è “rientrato” in coalizione attaccando il M5s?

Non entro in queste dinamiche. Renzi ha dato una disponibilità, il M5s sta ponendo il giusto tema della coerenza programmatica. Il Pd deve farsi carico di una sintesi tra le varie forze di opposizione senza veti pregiudiziali.

Nonostante Renzi stia prendendo un po’ i fischi alle vostre feste? Convincerete il vostro popolo?

Dobbiamo ascoltare e prestare attenzione ai nostri militanti. Il nostro obiettivo è però ricucire e aprire una nuova stagione guardando al futuro: abbiamo il dovere di provare a costruire, lavorando sui temi più che sui nomi, come ha detto la segretaria, un’agenda di governo che dia una speranza di cambiamento al paese, e mi auguro che insieme potremo trovare convergenze per parlare all’intera società italiana, anche a mondi liberali e moderati.

Le opposizioni convergeranno sugli emendamenti alla manovra?

Lavoriamo per questo. Intanto il nuovo Patto di stabilità prevede che ogni stato presenti alla Commissione il prossimo 20 settembre il proprio Piano strutturale di bilancio di medio termine. Un documento strategico che definisce riforme strutturali e investimenti prioritari per i prossimi anni. Il governo dovrebbe coinvolgere il parlamento per consentire anche all’opposizione di fornire un contributo. A oggi né noi né le parti sociali ne sappiamo niente, e si è in ritardo. Chiediamo un confronto vero e approfondito. Ne va del futuro del paese.

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