Rosati è in rapporti con Luciano Iannotta, imprenditore al centro dell’inchiesta della procura antimafia di Roma. Iannotta è finito in carcere, accusato anche di un’estorsione con membri del clan Di Silvio. Emergono anche i rapporti con i servizi segreti, mediati proprio dall’avvocato romano, non indagato
- Un’inchiesta della Procura di Roma, ribattezzata Dirty glass, ha coinvolto 27 persone. Tra questi imprenditori, carabinieri e uomini dei clan. Ai domiciliari è finito Alessandro Sessa, colonnello dei carabinieri, coinvolto, poi prosciolto, nella vicenda Consip
- Nelle carte dell’inchiesta viene citato anche l’avvocato Pietro Rosati. Non è indagato, ma è indicato come il collegamento con «i servizi di informazione e sicurezza»
- Il gruppo, al centro dell’indagine, si occupava dell'acquisizione di aziende decotte, immobili, attraverso bancarotte, reati tributari, ma anche estorsioni e calunnie
L'avvocato Pietro Rosati, mediatore della commessa di mascherine per conto della Biolife, è protagonista anche in un'altra vicenda. Ha ricoperto un ruolo centrale nella rete di imprenditori, uomini dei servizi segreti e carabinieri infedeli, finita al centro dell’inchiesta della procura antimafia di Roma, che nei giorni scorsi ha portato in carcere quattro persone, sette ai domiciliari. In tutto sono 27 gli indagati, non c’è Rosati, che però viene citato per un incontro con Luciano Iannotta, protagonista centrale della vicenda, e alcuni agenti dei servizi. Rosati, sentito al telefono dal Domani, nega, l’incontro, nonostante sia stato confermato dalle intercettazioni e dagli appostamenti della polizia.
La rete tra imprenditori e carabinieri infedeli
L'indagine dell'antimafia romana, ribattezzata dirty glass, ha scoperto un sistema imprenditoriale che acquisiva società in difficoltà, sfruttando i rapporti corruttivi con personale della pubblica amministrazione e relazioni con ufficiali delle forze dell'ordine in grado di rivelare informazioni riservate. Un sistema che non si faceva scrupolo, quando necessario, di affidarsi anche a uomini legati al crimine organizzato. Sullo sfondo ci sono affari milionari, società all'estero, ricatti e l'uso dei metodi dei boss.
I reati ipotizzati sono corruzione, estorsione aggravata dal metodo mafioso, rivelazione di segreto d'ufficio, riciclaggio, sequestro di persona e detenzione di armi da fuoco. Luciano Iannotta, finito in carcere, è un imprenditore importante in provincia di Latina, già assessore nel comune di Sonnino, titolare di una locale squadra di calcio, il Terracina, presidente provinciale di Confartigianato, ora sospeso. Uno e trino, abile nel destreggiarsi tra il mondo del crimine organizzato del clan Di Silvio, quello dell’ imprenditoria e delle istituzioni.
È titolare di diverse aziende: nel 2016 rivendicava la titolarità di due società inglesi che controllavano il porto di Sperlonga. Il gruppo, al centro dell’inchiesta, si occupava dell'acquisizione di aziende decotte, immobili, attraverso bancarotte, reati tributari, minacce, ma anche simulazione di reati calunniando concorrenti per penalizzarli. Con Iannotta, è finito in carcere anche Luigi De Gregoris, considerato suo prestanome. Insieme sono indagati anche per sequestro di persona perché avrebbero portato in un capannone due concorrenti minacciandoli con un'arma da fuoco. Scene che sembrano tratte da un serie tv di genere crime.
In questa inchiesta sono indagati anche il finanziere Luigi Di Girolamo, il carabiniere Michele Carfora Lettieri che accedevano abusivamente nella banca dati delle forze dell'ordine. Ai domiciliari è finito Alessandro Sessa, un colonnello dell'Arma, già vicecomandante del Noe, il nucleo operativo ecologico dei carabinieri, indagato, in passato, per depistaggio e poi prosciolto in un filone dell'inchiesta Consip, quella che ha coinvolto alcuni fedelissimi dell’ex premier Matteo Renzi. Sessa è indagato per corruzione: una macchina e un cellulare in cambio di informazioni e di servizi vari come la bonifica da eventuali microspie dell'auto di Iannotta.
Un'indagine che parte dalle dichiarazioni di un pentito, Renato Pugliese, figlio del capoclan Costantino Di Silvio, detto cha cha. Pugliese racconta che Iannotta, dietro pagamento, aveva chiesto al clan di intervenire per estorcere soldi ad un professionista che avrebbe, a suo dire, trattenuto denaro che non gli spettava. Iannotta ha, perfino, accompagnato Pugliese e ha mostrato la casa della vittima. Vittima che è stata estorta per alcune migliaia di euro prima che la vicenda si chiudesse con una proposta di accordo per evitare conseguenze giudiziarie.
Iannotta ha «spessore criminale», scriver Il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di arresto. Iannotta è indagato anche per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
I servizi segreti e l'avvocato dei misteri
Un quadro di relazioni importanti con politica, imprenditoria, criminalità e forze dell'ordine. Ma per delineare il profilo di Iannotta, gli inquirenti dedicano un capitolo ai suoi rapporti con uomini dei servizi segreti, che era in grado di «piegare a suo favore», scrive il giudice per le indagini premilinari.
È il 21 maggio 2018 quando Iannotta organizza un pranzo nella sua villa. I poliziotti della squadra mobile di Latina registrano quel banchetto di affari. «All'incontro prevendevano parte, oltre all'avvocato Pietro Rosati, anche Michele Tecchia e due appartenenti ai servizi di sicurezza rimasti ignoti». E qui che entra in scena Rosati, in qualità di«collegamento con i servizi di informazione e sicurezza», scrive il giudice.
Poco prima di quel pranzo, Iannotta parla al telefono con l’ufficiale dei carabinieri Alessandro Sessa: parlano dei futuri commensali come «dei nostri protettori», riferendosi agli agenti dei servizi.
Parlano anche del possibile arrivo all’incontro di un pm, pubblico ministero, della dda, la direzione distrettuale antimafia. In una delle telefonate intercettate tra Sessa e Iannotta, che precede il pranzo, emerge il ruolo di Rosati. Ma anche la strategia di Sessa per evitare di insospettire gli ospiti con la sua presenza. Sessa, però, è funzionale al gruppo perché deve identificarli. In queste conversazioni tra l’ufficiale del caso Consip e l’imprenditore arrestato si fa riferimento anche ad agenti che hanno fatto la scorta a Matteo Renzi. Uno in particolare, non indagato, è descritto così da Sessa: «E' un ricottarone uno che non paga ristoranti si prende i chili di pesce non li paga capito? Con la scusa di stare in mezzo a renzi sono arrivati diversi esposti su di lui in questo senso (….)».
Gli inquirenti scrivono che l'incontro, al quale era presente anche l’avvocato Rosati, è effettivamente avvenuto il 21 maggio 2018. L'avvocato dei misteri è arrivato in auto, seduto sul sedile posteriore di un’Audi A8. Nelle carte ci sono anche le conversazioni tra Rosati e Iannotta, registrate dalle microspie piazzate dagli investigatori nell’Audi. L'avvocato dice al Domani che ha conosciuto Iannotta per aver comprato dell’olio dall’imprenditore e di averlo seguito in alcune cause su Roma. L'olio d'oliva, l’ingrediente che mancava in questa storia di servitori dello stato, imprenditori e avvocati che passano dalle mascherine agli incontri con agenti segreti.
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