- Per la successione al sindaco Pd Virginio Merola a Bologna si sfidano due candidati, alle primarie del centrosinistra: Matteo Lepore, Pds-Ds-Pd, da dieci anni assessore nella Giunta Merola, e Isabella Conti, Pds-Ds-Pd, poi Italia Viva, sindaca di San Lazzaro di Savena.
- Alcuni sostenitori di Lepore vorrebbero epurazioni per eletti e dirigenti Dem che sostengono Conti.
- Non è la posizione di Enrico Letta che rispondendo a Beppe Provenzano ha sottolineato come non ci si possa lamentare una volta perché le primarie hanno un vincitore certo e quella dopo perché sono contendibili.
Sarà che le osservo da molto vicino, le primarie bolognesi del centrosinistra mi sembrano l’evento più interessante tra quelli in programma in vista delle prossime amministrative. Per una serie di circostanze fortuite, come ho scritto in un pezzo precedente, sono anche un “caso di scuola”, in quanto mettono in luce dinamiche tipiche e tipici paradossi della democrazia di partito. È ovvio che le primarie creino scompiglio, soprattutto quando sono realmente aperte e competitive. Ma è proprio questa la loro funzione. Quale che sia il perimetro, la decisione passa dagli accordi tra i gruppi dirigenti dei partiti agli elettori, chiamati a scegliere tra chi ha alzato la mano, ha raccolto le firme e si è candidato.
A Bologna hanno alzato la mano in due. Matteo Lepore, Pds-Ds-Pd, da dieci anni assessore nella Giunta Merola, e Isabella Conti, Pds-Ds-Pd, poi Italia Viva, sindaca di San Lazzaro di Savena, un comune della città metropolitana attaccato a Bologna, rieletta per un secondo mandato nel 2019 con l’80 per cento dei voti.
Lepore e il “complotto renziano”
È utile un breve antefatto. Per diversi mesi un nutrito stuolo di dirigenti Pd bolognesi, compresi alcuni tra i più influenti tra i suoi attuali sostenitori, hanno attivamente cercato una alternativa a Lepore, provando in tutti modi a convincere varie personalità cittadine a candidarsi. Evidentemente non erano persuasi che la soluzione data per scontata dall’interessato, sostenuta dal sindaco uscente e benvista dall’ex segretario Nicola Zingaretti fosse la migliore da spendere in questa occasione.
Falliti questi tentativi, in diversi hanno alla fine deciso di convergere su di lui, altri hanno considerato più convincente la candidatura di Conti, nel frattempo resasi disponibile a correre come indipendente, dopo essersi dimessa da ogni incarico di partito. Da qui accuse pubbliche di tradimento e richiami all’ordine che hanno messo in scena il solito conflitto tribale già visto in tante altre occasioni simili.
I più sospettosi vedono dietro la candidatura della sindaca un complotto renziano. Vari esponenti del Pd bolognese, tra cui parlamentari, consiglieri regionali, assessori comunali, compreso il segretario cittadino, Alberto Aitini, dimessosi un attimo dopo essere entrato nell’agone, risultato primo tra gli iscritti come possibile candidato a sindaco in una consultazione certificata dal segretario provinciale, uno dei pochi protagonisti, al contrario dello stesso Lepore, a non avere mai sostenuto Renzi, si sarebbero messi al servizio di un leader in discredito, ora a capo di un partitino del 2 per cento. È vagamente plausibile?
Renzi, in effetti, aveva proposto che Conti fosse candidata in quota Italia Viva in un goffo tentativo di stipulare un “accordo tra segretari” con Enrico Letta e dettargli condizioni sulle amministrative. Da allora, quello è il principale handicap della sindaca di San Lazzaro, che decise di lasciare il Pd dopo una lunga militanza iniziata nella sinistra giovanile, essendosi sentita scaricata da buona parte del gruppo dirigente bolognese nel durissimo conflitto che l’aveva opposta alla Coop costruttori per aver bloccato un intervento edilizio noto come “colata di Idice”.
È comprensibile che chi fa campagna per Lepore tenda a sfruttare il biasimo popolare verso Renzi cercando di trasferirlo sulla candidatura della Conti. Allo stesso tempo, la teoria del complotto cripto-renziano pare poco attendibile.
Secondo un’altra (ricorrente) ipotesi sarebbe in corso un tentativo di inquinare le primarie da parte della destra. Politici della destra lavorerebbero per far prevalere la Conti, cioè una candidata capace di intercettare voti che altrimenti riceverebbero loro. Lavorerebbero cioè per far scegliere al centrosinistra la candidata per loro più insidiosa. La realtà è meno arzigogolata.
Chi sta con chi
Le primarie aperte creano sempre l’opportunità per l’entrata in gioco di elettori borderline. Di elettori cioè che sarebbero disponibili a sostenere una certa forza politica se fosse guidata da un leader che li convince. Ad esempio, Coalizione civica, di cui è leader a Bologna Emily Clancy, ha fatto una dura opposizione “da sinistra” alla maggioranza e al sindaco uscenti per tutto il mandato. Ora ha stipulato un accordo con Lepore. Non ha confermato che sosterrebbe il centrosinistra anche se vincesse Conti e pare ovvio che non lo farebbe.
Dall’altra parte, il direttore di Confcommercio Giancarlo Tonelli, a capo di una associazione di moderati rappresentativa degli stessi circuiti cittadini che hanno sostenuto Stefano Bonaccini per la presidenza della Regione, ha preso una posizione perfettamente speculare rispetto a quella di Coalizione Civica, a vantaggio di Conti. Lei ha preso le distanze da questo modo di porsi di suoi potenziali sostenitori, proponendo che tutti i gruppi organizzati interessati a partecipare alle primarie sottoscrivano un impegno preventivo a sostenere chi vince. Ma questa ipotesi è stata scartata dai dirigenti Pd. Quindi sì, certo, è possibile che primarie aperte inducano anche elettori borderline a partecipare. Ma se questo avvenisse, contribuirebbe a chiarire quale candidato è in grado di dare un respiro più largo alla coalizione.
Ciò detto, cosa è veramente in gioco, per i cittadini, accanto all’ovvio conflitto di ambizioni tra esponenti del ceto politico collocati da una parte e dall’altra? Primo: pur avendo un percorso incredibilmente simile e una identica totale dedizione per il ruolo di amministratore pubblico, ci sono ben evidenti differenze di carattere tra i due candidati, che qualcosa contano. Uno ordinato e introverso, l’altra empatica e creativa.
Secondo: ci sono differenze di posizionamento, come si è visto. Lepore ha recuperato la sinistra finora “antagonista”, Conti potrebbe allargare verso categorie economiche e un pubblico di moderati.
D’altro canto, su diritti civili, welfare, integrazione degli immigrati, ambiente, contrasto al consumo di suolo, difficile dire se è più “di sinistra” l’assessore di Merola o la sindaca di San Lazzaro. Nessuno, nemmeno tra i tifosi dell’uno o dell’altra, si è inerpicato su questo terreno. Terzo: dopo il conflitto sulla “colata di Idice”, ci sono, senza dubbio, relazioni di qualità diversa tra i due candidati e gruppi di interesse che in Emilia hanno sempre pesato moltissimo.
La resa dei conti dopo il voto
Alcuni sostenitori di Lepore vorrebbero epurazioni per eletti e dirigenti Dem che sostengono Conti, anche se questa idea contrasta con lo spirito delle primarie, con la lettera dello statuto Pd, oltre che con noti e numerosi precedenti.
Non è la posizione di Enrico Letta che rispondendo a Beppe Provenzano nell’ultima riunione della Direzione Nazionale ha sottolineato come non ci si possa lamentare una volta perché le primarie hanno un vincitore certo e quella dopo perché sono contendibili. Ovvio, ci sarà un po’ di caos. Ma dopotutto, se vincerà Lepore, avrà ottenuto quella legittimazione che finora gli era mancata, togliendosi di dosso l’etichetta del “predestinato” rimasto tale in mancanza di meglio. Non a caso, ha accettato senza indugi la sfida.
Se invece, nonostante i dieci anni di preparativi e gli importanti endorsement ottenuti da Lepore, vincerà Isabella Conti, vorrà dire che il centrosinistra potrà contare a Bologna su una candidata ancora più forte.
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