La differenza fra i «né di destra né di sinistra» e i «progressisti indipendenti» è, al netto dei gusti politici, la differenza fra la testimonianza fuori dal bipolarismo e la possibilità di incidere dentro il bipolarismo. Ora l’ex premier deve trovare uno spazio politico per i «progressisti indipendenti», visto che il campo a trazione Schlein è affollatissimo a sinistra
«Pubblico di merda, pubblico di merda»: nel video postato sul blog, le espressioni sprezzanti di Beppe Grillo all’indirizzo di quello che un tempo era il suo popolo ricordano il tragico Michele Apicella di Moretti, vestito da pinguino: solo che qui il pubblico non si fa più teleguidare. Del resto l’ex garante M5s ha perso la sua carica teatrale: l’immagine di lui al volante di un carro funebre, annuncio di morte, è un colpo d’artista; ma il tono dell’invettiva, salmodiante fra il minaccioso – di sfaceli legali – e il genovese lamentoso – per essere stato fatto fuori – non regge la scena.
Ancora non è chiaro, neanche all’ex premier, se sul serio Grillo vuole provare a tenersi il simbolo trascinandosi in giro per tribunali; nel video lo annuncia, ma senza convinzione. Su questa controversia, Giuseppe Conte viene descritto come sicuro del fatto suo: da avvocato di un prestigioso studio qual era prima di capitare a palazzo Chigi, è difficile che prima di imbarcarsi nella Costituente non abbia fatto le sue verifiche. Ma chi può dirlo? Sul piano legale, fra i due potrebbe anche essere in corso una sfida a chi bluffa di più.
Non è chiaro neanche se Grillo raccoglierà quei quattro che si autoproclamano, come lui, custodi dei valori dei tempio. Lo minaccia, ma anche qui senza convinzione. La differenza fra i «né di destra né di sinistra» e i «progressisti indipendenti» è, al netto dei gusti politici, la differenza fra la testimonianza fuori dal bipolarismo e la possibilità di incidere dentro il bipolarismo.
La spinta propulsiva del M5s di dieci anni fa è finita, il garante non poteva garantire che il tempo si fermasse, e che il Movimento non si muovesse, evolvesse, maturasse (ha ancora strada da fare). Ma la mutazione genetica che ora Grillo denuncia non è avvenuta oggi, spiegano alcuni parlamentari di buona memoria: è iniziata quando lui stesso ha spinto gli allora grillini al «contratto» con la Lega dopo aver giurato di non fare patti con nessuno; quando il secondo mandato è saltato con l’invenzione del mandato zero; o ancora quando Grillo ha convinto Conte – disarcionato da palazzo Chigi con un’operazione che Renzi si è lestamente intestato, ma che non era di Renzi – a sostenere Draghi. ll Movimento già cambiava pelle sotto la sua guida, ma allora la muta gli piaceva.
Ora Conte deve bere l’amaro calice della ripetizione del voto, che è stato celebrato in una coreografia avveniristica due settimane fa e ora sarà ricelebrato in tono minore dal 5 all’8 dicembre. Domenica sera sapremo come andrà a finire, quanti dei 60mila votanti saranno tornati al device, dimostrando di essere una qualche base del nuovo corso contiano. Grillo sembra rassegnato a riperdere, Conte è sicuro di rivincere.
In ogni caso ormai non è Grillo il problema di Conte, anche se ci fosse uno strascico legale al «rivoto» e anche se nascesse una mini-rifondazione grillina.
Il problema per l’ex premier è trovare uno spazio politico per i «progressisti indipendenti», visto che il campo a trazione Schlein è affollatissimo a sinistra, fra la segretaria movimentista che riporta al Pd i voti persi (molti a favore proprio dei Cinque stelle) e i rossoverdi che forzano gli argini della loro nicchia. È una scommessa difficile, perché, come lo stesso Conte ha spiegato ai più vicini, Schlein è politicamente bulimica, «non lascia spazi, si appropria di tutti i nostri cavalli di battaglia, vedasi il salario minimo, bandiera M5s».
Una scommessa che lo porterà fisiologicamente a sfidare il Pd, e dunque a bombardare il nascituro quartier generale dell’alleanza. In più a palazzo Chigi tengono l’operazione sott’occhio: una rottura fra Pd e M5s sarebbe la polizza del secondo mandato di Giorgia Meloni.
Il Nazareno è facile all’irritazione e allergico ai chiarimenti, ma non può non tenere bene in testa che per mettere insieme una coalizione competitiva, si passa anche per il successo di Conte.
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