L’hanno presentato come un patto in linea con l’azione del governo Draghi, la famosa agenda che seppure non rossa come quella di Borsellino nessuno sa dove sia, eppure l’accordo elettorale siglato ieri da Enrico Letta, Benedetto Della Vedova e Carlo Calenda, per il Pd, +Europa e Azione è un contratto con cui il Pd si impegna su cinque delle prime sei priorità programmatiche già stilate dal leader di Azione e presentate qualche giorno fa sotto il nome di “patto repubblicano”.

Rigassificatori e Ucraina

Le prossime elezioni, spiega il documento, «sono una scelta di campo tra un’Italia tra i grandi paesi europei e un’Italia alleata con Orban e Putin» e quindi «uno spartiacque che determinerà la storia prossima del nostro Paese e dell’Europa» e su questo non c’è dubbio che il segretario del Partito democratico e il leader di Azione e +Europa si trovino concordi.

Più concretamente, con riferimento alla invasione russa l’intesa prevede di proseguire nelle linee guida di politica estera del governo Draghi e anche in quelle di difesa e nel «contrasto al regime di Putin»: un impegno esplicito alla fornitura di aiuti militari a Kiev che assomiglia moltissimo al primo punto del patto Azione +Europa, dedicato al «Posizionamento internazionale dell’Italia», e che chiede tra le altre cose di «isolare i paesi che violano lo stato di diritto», «sostenere il progetto di una difesa comune europea», «sostenere gli ucraini anche con l’invio di materiale bellico» e «rafforzare i legami, politici e commerciali, con le democrazie occidentali a partire dagli USA».

Subito dopo il Pd si impegna sulla terza priorità elencata nel programma di Azione e +Europa e cioé politiche per garantire l’autonomia energetica tra cui l’intensificazione degli investimenti in rinnovabili, il rafforzamento della diversificazione degli approvvigionamenti, la realizzazione di impianti di rigassificazione «nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile».

Calenda e +Europa erano stati più precisi: «Occorre procedere alla costruzione di due rigassificatori con procedure straordinarie, e i cantieri energetici strategici vanno presidiati costantemente», diceva il punto due del loro programma richiamando l’ultimo discorso di Draghi alla Camera in cui il premier aveva definito gli impianti «una questione di sicurezza strategica».

In più il gas era definito un’energia «indispensabile» finché si troverà «un modo di stoccare le grandi quantità di energia prodotte dalle rinnovabili»,un’argomentazione inaccettabile per i sostenitori delle energie rinnovabili, mentre il nucleare va «riconsiderato».

Le proposte economico-sociale del patto tripartito riprendono la formulazione del punto cinque del tandem di Azione e PiùEuropa soprattutto nel chiaro impegno di realizzare «il salario minimo nel quadro della direttiva UE», che però è una misura a cui lavora da tempo il ministro del lavoro Andrea Orlando ed era tra le proposte del responsabile economico dei democratici Antonio Misiani.

Il Pd ha imposto la tutela non solo dei salari ma anche delle pensioni e soprattutto il taglio al cuneo fiscale, anche se la formulazione scelta «a tutela in particolare dei lavoratori» lascia intendere una proposta più simile a quella di Confindustria che chiede riduzione di un terzo a favore dei datori di lavoro.

Il grande boh sul fisco

Nel patto è scritto nero su bianco che l’accordo elettorale è nel solco del governo Draghi e in opposizione di fatto ai partiti che lo hanno fatto cadere e di quel governo cita quattro riforme da proseguire, ma anche qui si tratta di fatto di altri punti del programma calendiano.

Il primo che ovviamente è condiviso dal Pd è realizzare il Pnrr (punto 12 del programma dei centristi), il secondo riprende il punto 2 del “patto repubblicano” nell’impegno a politiche di bilancio responsabili, ma in questo caso il Pd ci ha messo molto del suo, dove dice che le politiche fiscali devono essere improntate alla progressività e nel promuovere «una riforma del Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea che non segni un ritorno alla stagione dell’austerità».

Sul fisco, punto 4 dei centristi, una sola mezza riga: «Non aumentare il carico fiscale complessivo». Qui le ricette di Pd di Letta che ha appena rilanciato la sua idea della dote ai diciottenni finanziata tassando le successioni multimilionarie e quella di Calenda che sostiene di poter ridurre le tasse sul lavoro e spostarle sulle transazioni digitali (con calcoli che non stanno in piedi peraltro) sono difficilmente compatibili: non alzare le tasse è un compromesso, l’unico possibile, che fa felici tutti.

Calenda vince anche sulle misure bandiera dei Cinque stelle e cioè nell’impegno a «correggere lo strumento del Reddito di Cittadinanza e il “Bonus 110 per cento” in linea con gli intendimenti tracciati dal governo Draghi». Il nuovo decreto aiuti ha autorizzato i datori di lavoro a presentare proposte direttamente saltando i centri per l’impiego, norma contestata da LeU che pure è dentro la lista Democratici e progressisti, e che invece è in perfetta linea col programma calendiano che vorrebbe centrali le agenzie private.

Non passa l’idea della decadenza alla prima richiesta ma sul superbonus (in scadenza) Calenda ottiene di fatto il via libera a sostituirlo con politiche mirate di efficientamento parametrate al reddito del precettore. Infine anche l’ultimo impegno di riforma «dare assoluta priorità all’approvazione delle leggi in materia di Diritti civili e Ius scholae» riprende il punto sei del patto repubblicano, che però andando molto più in là di qualsiasi proposta del Pd chiedeva anche una svolta seria sui migranti con un sistema di flussi regolari.

Delle proposte centriste non c’è nulla in materia di giustizia e quindi nulla sulla scia della riforma Cartabia. Una piccola rinuncia di fronte al 30 per cento dei collegi e degli spazi tv assegnati per par condicio e al successo sugli altri fronti.

Del resto, pochi giorni fa, mentre durante la direzione Pd Orlando aveva commentato boutade, condizioni, richieste di Calenda suggerendogli di «darsi una calmata», l’ex ministro aveva replicato: «A me interessa se vogliono i termovalorizzatori i rigassificatori, il sostegno all’Ucraina, la revisione del rdc etc. il resto è chiacchiera».

 

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