L’ha definito uno dei più grandi errori della sua vita: Maurizio Costanzo era iscritto alla P2, la loggia massonica di Gelli. Quando le liste sono state scoperte, ha inizialmente negato, poi ammesso la sua affiliazione dicendo «sono stato un cretino»
Maurizio Costanzo, il celebre giornalista e conduttore televisivo morto oggi a 84 anni, ha attraversato da protagonista gli anni bui non solo del terrorismo e della mafia, ma anche dei tentativi di golpe.
La sua biografia ha un capitolo spesso dimenticato, di cui lo stesso Costanzo però si è assunto la responsabilità: quello dell’affiliazione alla P2, la loggia Propaganda 2 del “venerabile” Licio Gelli, che aveva l’obiettivo di sovvertire l’ordine democratico.
Quando gli elenchi degli iscritti vennero trovati dai magistrati Giuliano Turone e Gherardo Colombo, inizialmente Costanzo negò l’affiliazione. Poi la ammise in una intervista a Giampaolo Pansa, in cui si definì «un cretino», dicendo di aver accettato l’iscrizione per una leggerezza e senza capire davvero a cosa si stava affiliando.
Tuttavia il 5 ottobre del 1980 – circa un anno prima del ritrovamento degli elenchi – Costanzo intervistò proprio Licio Gelli per una serie che doveva apparire sul Corriere della Sera sotto il titolo di “il fascino discreto del potere nascosto”.
L’intervista, pubblicata sulla terza pagina del Corsera, venne consegnata all’ultimo e senza avvertire in anticipo chi era l’intervistato. Il direttore seppe che si trattava di Gelli solo due giorni prima della stampa e la raccomandazione era di non tagliare o rimaneggiare il testo. Inoltre, Costanzo scelse anche il titolo e il sommario.
Quella al Corriere è una delle pochissime interviste mai concesse da Gelli ed è lo stesso Costanzo a metterne a fuoco la genesi.
La testimonianza di Costanzo
Nel processo per il crack del Banco Ambrosiano, Costanzo venne ascoltato come testimone nel 1991 e raccontò anche dell’intervista, dicendo che «mentre io stavo cominciando a prendere dei contatti, perché non erano personaggi tutti estremamente agevoli, mi fu detto da Bruno Tassan Din che Gelli voleva essere intervistato. Io dissi anche che ne avrei fatto volentieri a meno. Lui secondo me aveva l'aria di dire che facevo bene a farne a meno, ma dopo un po' tornò e mi disse: "Vuole per forza che lo intervisti te"».
Bruno Tassan Din, anche lui affiliato alla P2, è il braccio destro di Angelo Rizzoli, editore del Corriere e altro affiliato.
Costanzo ha aggiunto che «andai da Milano ad Arezzo con una macchina del giornale e fu un'intervista faticosissima. Non fu, come impropriamente qualcuno disse "un'intervista dettata". No. Fu un'intervista di ore. Io sono stato una giornata a battagliare perché volevo far passare domande e sono passate, sono uscite. Domande che poi, fossero anche.... voglio dire, io faccio il mestiere dell'intervistatore, non di raccoglitore di opinioni altrui. E quindi fu una cosa cominciata a metà mattina e finita nel tardo pomeriggio in maniera estenuante perché poi Gelli pretese che io lì per lì mettessi a posto domande e risposte e che io feci in maniera abbastanza sommaria, poi a Milano rimisi a posto, passai al direttore l'articolo».
Nella deposizione, Costanzo ha anche raccontato della sua iscrizione alla P2, negando di averlo fatto con prospettive di carriera, perchè «in quel momento io avevo una rubrica televisiva di grande successo, una rubrica fissa su un settimanale come L'Europeo, avevo da poco diretto un film, certo non ero di carriera».
Si giustificò dicendo che «vivevo un mio momento psicologico privato molto difficile. Privato, di separazioni, cose del genere e siccome non avevo motivo di ritenere che non fosse Massoneria la Loggia P2, il fatto della solidarietà, psicologicamente in un momento in cui ero attraversato da un grande successo, che può essere un po' destabilizzante, non mi dispiaceva. Capisco che può sembrare banale ma io poi queste grandi occasioni professionali non le ho avute, anzi, il contrario».
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