Sull’onda dell’emozione della tragedia del 2018 fu creato l’archivio delle opere pubbliche (Ainop) con l’obiettivo di conoscere tutto dei ponti e viadotti nazionali. Ma l’operazione è stata fatta languire e al momento nessuna opera risulta censita. Rimasta al palo anche l’agenzia per la sicurezza stradale e ferroviaria (Ansfisa)
- A distanza di 31 mesi dal crollo del ponte di Genova non sono stati ancora censiti i ponti e i viadotti. Nessuno sa con esattezza quali sono quelli pericolanti, dove si dovrebbe intervenire subito e dove sarebbe opportuno aumentare la manutenzione
- I dati restano sparpagliati nei 15 mila enti e uffici nazionali. Abortita l’operazione che doveva portare all’attribuzione di un codice fiscale a ogni opera pubblica
- Rimasta al palo anche Ansfisa, l’agenzia per la sicurezza stradale e ferroviaria. Scelte le sedi e nominati due direttori, ma non si trovano i dipendenti perché nonostante lo stipendio alto nessuno ci vuole andare
Quali sono i ponti e i viadotti pericolanti? Dove si trovano? Quanti sono? E quelli che stanno un po' meglio ma avrebbero bisogno subito di una manutenzione a tappe forzate per evitare aggravamenti preoccupanti? E di chi sono questi ponti e viadotti? Chi è che deve fare i lavori? Quali sono quelli dell'Anas e quali di competenza delle province, dei comuni, delle regioni? E quelli delle concessionarie autostradali? Tante domande, nessuna risposta.
A distanza di 31 mesi dal crollo del ponte di Genova e dopo che sono caduti altri ponti ad Aulla, in Sardegna e in provincia di Piacenza, non c'è ancora una mappa dettagliata e precisa delle infrastrutture stradali italiane. E non c'è neanche la struttura ministeriale che avrebbe dovuto vigilare sullo stato della sicurezza delle strade e delle ferrovie.
Sull'onda della commozione e della rabbia per i 43 morti di Genova il ministro di allora, Danilo Toninelli (Cinque stelle) organizzò due agenzie apposite per la sicurezza e per un censimento di quelle che in gergo vengono definite le opere d'arte.
Una di queste agenzie si chiamava Ainop (Archivio informatico delle opere pubbliche), l'altra Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, strade e autostrade), ma di esse c'è poco più della sigla. Sono due storie parallele ed esemplari quelle di Ainop e Ansfisa con una conclusione sconfortante: nonostante tutta la buona volontà e i buoni propositi, dopo la tragedia di Genova non è migliorata la sicurezza per chi viaggia.
Archivio vuoto
Nel frattempo il nuovo ministro, Enrico Giovannini, dà notizia di una riorganizzazione del ministero ricalcata su un decreto legge approvato due giorni prima di Natale e proposto da Paola De Micheli, la ministra Pd che l'ha preceduto.
Un testo che di fatto sembra prescindere dall'esistenza sia di Ainop sia di Ansfisa. Mentre sul piano del monitoraggio delle grandi opere si sovrappongono le iniziative, come quella lanciata all'inizio di dicembre con il nome «Mille infrastrutture da monitorare» promossa da Torino Wireless, Tern Basilicata, Dac Campania, Siit Liguria, Istituto italiano di tecnologia (Iit), Scuola Sant'anna di Pisa.
Al tempo di Toninelli ministro, il lancio di Ainop fu curato in particolare da Dimitri Dello Buono che era il responsabile della sua segreteria tecnica. Furono fatte molte riunioni e molti studi e coinvolti i soggetti interessati, dal Genio Civile all'Anas, dall'esercito alla Protezione civile. E poi l'albo degli ingegneri, il ministero dell'Ambiente che ha un suo portale cartografico, il ministero dell'Agricoltura che ogni tre anni con Agea mappa dall'alto tutto il territorio nazionale.
L'intenzione era quella di catalogare ogni opera pubblica e di contrassegnarla con una sorta di codice fiscale in modo che si potesse agevolmente sapere tutto di essa, dagli studi preliminari fino alle condizioni attuali, unificando i dati sparsi nei circa 15 mila enti e uffici nazionali.
Ma l'archivio delle opere è rimasto vuoto. Il codice fiscale delle opere non esiste e fino a qualche giorno fa sul sito ufficiale dell'Ainop alla voce opere censite c'era un responso desolante: nessuna.
Con la ministra Paola De Micheli l'operazione è stata fatta languire, nessuno si è più preoccupato di coinvolgere le regioni, i comuni, le province. A conti fatti ora si può dire che si è trattato di una buona intenzione rimasta appesa, di fatto un fallimento.
Ricognizione al palo
Ansfisa ha subito lo stesso trattamento. Anch'essa era partita bene per ampliare a strade e autostrade le funzioni in parte già svolte da Ansf per le ferrovie. Alfredo Mortellaro era il dirigente che curava l'operazione, ma ebbe il torto, se così si può dire, di dissentire dalla ministra De Micheli.
Mortellaro voleva per Ansfisa poteri concreti di indagine e all'inizio del 2019 aveva chiesto a tutti i concessionari autostradali una ricognizione puntuale sullo stato delle opere d'arte, i piani di manutenzione e i relativi piani di finanziamento che dovevano alimentare l'archivio Ainop.
Ma arrivata De Micheli la ricognizione è rimasta lettera morta; l'unico concessionario che ha risposto è Autostrade per l'Italia dei Benetton con il nuovo amministratore Roberto Tomasi, forse per tentare di rifarsi una verginità.
La ministra riteneva fosse sufficiente dotare Ansfisa di un alto e generico potere di indirizzo e vigilanza e alla fine, ovviamente, questa è l'impostazione passata. L'agenzia per la sicurezza è stata infilata in un cono d'ombra, Mortellaro si è dimesso.
Solo due mesi fa Ansf (ferrovie) è confluita in Ansfisa a cui ha portato in dote 110 dipendenti e una settantina di milioni di euro. Sono stati nominati due direttori generali, per le strade e le ferrovie, e scelte le sedi: all'Eur a Roma, più un ufficio nella sede Fs, più un'altra sede a Firenze e una in corso d'apertura a Bari.
Ma Ansfisa non parte: a regime dovrebbe avere 560 dipendenti, ma nessuno ci vuole andare nonostante lo stipendio allettante, 5 mila euro netti al mese invece dei 3.500 degli altri dirigenti pubblici. Forse nessuno vuol andare perché temono che Ansfisa non abbia un futuro.
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