- La presidente del Consiglio ha sgombrato il campo da un possibile passo indietro di Piantedosi: «L’opposizione chiede le dimissioni ogni giorno di un ministro. Non fa più notizia».
- Meloni segue la linea dettata dal sottosegretario Mantovano: difesa a oltranza delle tesi espresse fin dall’inizio dall’esecutivo. L’unica novità è l’annuncio, a ormai sette giorni dalla tragedia, di un consiglio dei ministri organizzato a Cutro.
- Dal Partito democratcio al terzo polo non cambia la linea: «Il ministro dell’Interno è andato oltre ogni limite, deve dimettersi».
Nessun arretramento del governo sulla difesa di Matteo Piantedosi, che è intanto sempre più assediato dalle proteste delle opposizioni. La linea era stata dettata dal sottosegretario a Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, che ha respinto qualsiasi accusa di un mancato intervento per volontà politica. E la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, da Abu Dhabi, si è messa in scia: ha sgombrato il campo dalle ipotesi di una richiesta di passo indietro rivolta al ministro dell’Interno, che pure era circolata come indiscrezione: «L’opposizione chiede le dimissioni ogni giorno di un ministro diverso. Non fa più notizia», ha detto senza entrare nel dettaglio delle parole del titolare del Viminale.
Insomma, niente di nuovo: il centrodestra aggira la questione e respinge le critiche. Dal punto di vista politico, la leader di Fratelli d’Italia si è difatti allineata al monito della Lega, arrivato attraverso le parole del sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, uomo-ombra di Salvini: «Piantedosi gode della totale fiducia della Lega e della maggioranza», ha affermato, difendendo la strategia messa in atto: «Sull’immigrazione si sta coniugando umanità e fermezza», ha detto. La bocciatura del numero uno del Viminale coinvolgerebbe ulteriormente il leader leghista, che è già attore della vicenda nelle vesti di responsabile della guardia costiera, oltre che grande sponsor del ministro dell’Interno.
Visita tardiva
Una delle poche novità annunciate nelle ultime ore di Meloni riguarda la sua presenza nella località diventata simbolo della strage in mare, a ormai sette giorni dal naufragio: «Ho valutato qualcosa di più», riferendosi all’intenzione, finora tenuta sotto segreto, «di celebrare il prossimo consiglio dei ministri a Cutro sul tema dell’immigrazione, perché penso che il modo migliore di onorare quelle vittime è impedire che accada ancora».
Una risposta tardiva per il deputato e segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni: «Avrebbe fatto meglio ad andare subito, non a organizzare un consiglio dei ministri annunciato oggi, dopo essersi accorta del ritardo e delle mancanze». Per il parlamentare del gruppo Alleanza verdi-sinistra, la premier «avrebbe dovuto portare le Istituzioni sul luogo di quella tragedia, e dobbiamo ringraziare, ancora una volta, Mattarella per aver rappresentato lo stato a Cutro».
Le non risposte di Meloni
Per il resto, Meloni non si è discostata dalla ricostruzione fornita dai rappresentanti dell’esecutivo: «Queste persone non erano nella condizione di essere salvate da qualcuno che non ha voluto salvarle, come purtroppo qualcuno ha voluto raccontare». La traduzione è che per l’ennesima volta la colpa è della stampa o di chi, avendo già salvato vite umane durante naufragi, ha spiegato che poteva esserci un intervento: «Nessuna comunicazione di emergenza da Frontex, noi non siamo stati avvertiti del fatto che questa imbarcazione rischiava il naufragio», ha ripetuto la premier.
Ma, come raccontato da Domani, la versione governativa presenta delle falle. «In molti aspettavano le parole della presidente Meloni sulla tragedia di Cutro e sono arrivate, in sintonia con la mancanza di senso delle istituzioni dimostrata sin qui dai suoi ministri», sintetizza il deputato e segretario di +Europa, Riccardo Magi, sostenendo che la presidente del Consiglio «ribalta la realtà, ponendo lei domande anziché fornire le risposte che le vittime, i loro familiari, il parlamento e l’opinione pubblica attendono».
L’assedio delle opposizioni
E se il governo è fermo, non si sposta di un millimetro nemmeno la posizione del Partito democratico: «Come ha chiesto Elly Schlein in commissione alla Camera, se le responsabilità di Piantedosi emergeranno, e stanno emergendo, con evidenza, le dimissioni sono più di un atto dovuto», dice la deputata del Pd, Chiara Gribaudo, una delle figure chiave del nuovo corso dem. «Qui non discutiamo delle parole disumane del ministro», evidenzia la parlamentare, innalzando il livello dell’attacco, «ma di quello che si poteva fare e non si è fatto. Bisogna ridare dignità alle istituzioni, come ha fatto il presidente Mattarella».
Una posizione che va a braccetto con quella espressa dal capogruppo a Montecitorio di Azione-Italia viva, Matteo Richetti: «Davanti a ciò che è accaduto a Crotone la postura di chi ha senso dello stato è quella del presidente Mattarella, non le dichiarazioni inaccettabili del ministro». Per l’esponente del terzo polo, insomma, «le affermazioni sulla responsabilità di chi parte, mentre ancora emergono corpi di donne e bambini, vanno oltre ogni limite».
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