Andrea Riccardi, 72 anni, è il presidente della Comunità di Sant’Egidio e il suo nome circola come candidato del centrosinistra da proporre nelle prime tre votazioni quando è improbabile ottenere il quorum dei due terzi ma a Pd e Cinque stelle può servire un nome da contrapporre al centrodestra.
Se ci fosse stato Silvio Berlusconi, i grandi elettori del centrosinistra sarebbero usciti dall’aula per costringere il centrodestra a misurare la propria compattezza sull’anziano leader, nella speranza di far emergere crepe e fazioni in contrasto. Dopo che l’ex Cavaliere si è chiamato fuori, Matteo Salvini proverà ad arrivare con nomi in grado di aggregare un consenso più largo, o nel tentativo di imporli davvero oppure per mantenere comunque il controllo del negoziato e diventare, dalla quarta votazione, il regista dell’approdo di Mario Draghi al Colle.
In questo contesto a Pd e Cinque stelle serve un nome che ancori i consensi dei propri elettori, per evitare che possano confluire verso candidati di compromesso avanzati dalle destre.
Riccardi non è certo una bandiera della storia recente del centrosinistra – come sarebbero stati invece Romano Prodi o Rosy Bindi – ma ha un profilo adatto a competere per il Quirinale: è stato ministro per la Cooperazione internazionale nel governo Monti, ha una rete di rapporti nazionale e internazionale con pochi rivali (a Sant’Egidio ha ospitato, tra l’altro, l’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo), con la comunità che guida è attivo in aree di crisi in tutto il mondo, con una sorta di diplomazia semi-ufficiale parallela a quella della Farnesina.
Inoltre, gode della stima di gran parte del mondo cattolico e del Vaticano, anche se proprio questo profilo così sbilanciato verso la Chiesa potrebbe suscitare un po’ di diffidenza in chi preferirebbe un presidente più laico. È presto per dire se il nome di Riccardi sarà solo una delle tante meteore di questa fase o una sorpresa capace di essere più trasversale e concreto di tanti altri.
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