Abir ha 22 anni, racconta, proviene dal Bangladesh ed è tra i 214 a bordo della nave di Medici senza frontiere, trattenuto dal decreto Piantedosi, Salvini, Crosetto. In un foglio che fa riprendere chiede assistenza medica e di poter chiamare sua madre: «Ho paura per la mia vita». Tre uomini si sono gettati in mare, uno è risalito gli altri hanno ricevuto assistenza al molo
Le storie delle persone bloccate sulle navi umanitarie ormeggiate al porto di Catania si intrecciano con la cronaca politica. Mentre i ministri Matteo Piantedosi, Matteo Salvini, e Guido Crosetto hanno messo in campo il decreto per gli sbarchi selettivi, Abir è uno tra i 214 uomini rimasti a bordo della Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere giunta domenica in Sicilia. Per il governo italiano non ha diritto di scendere. Fino a questa notte erano 215, ma un altro dei naufraghi soccorsi si è sentito male ed è stato portato via in ambulanza. Anche altri hanno riferito di non stare bene.
In queste ore, mentre le Ong cercano una via legale per permettere a tutti di sbarcare in Italia, Abir ha mostrato alle telecamere un foglio scritto in inglese dove racconta in poche righe quello che gli sta accadendo. Ha 22 anni, racconta, e vuole salvarsi. Non vuole tornare in Libia. Una storia che si compone di quattro punti: «Ho paura per la mia vita» il primo. Chiede assistenza medica: «Ho bisogno di vedere uno specialista per i miei problemi di salute». Il secondo.
Poi il terzo punto: «Chiedo al governo italiano di farci sbarcare urgentemente!». Non sente al telefono la sua famiglia da nove mesi: «Voglio chiamare mia madre per dirle che sono vivo», il quarto e ultimo punto.
La resistenza
Gli equipaggi delle Ong sono preoccupati per la resistenza psicologica dei passeggeri, costretti ad attendere con la paura di sapere cosa gli accadrà.
I passeggeri, aveva raccontato la Ong prima di approdare, «sono rimasti ostaggio di scelte politiche disumane per più di 10 giorni a bordo di una nave, invece di vedersi riconosciuto il diritto a sbarcare in un porto sicuro». Dopo tutto ciò «queste persone devono oggi anche assistere al cinico spettacolo della politica che gioca con le loro vite. Tutti coloro a bordo della Geo Barents devono poter sbarcare immediatamente, per ricevere assistenza e veder riconosciuto il loro diritto a chiedere protezione», aveva detto Juan Matias Gil, capo missione di Medici Senza Frontiere.
L’esecutivo continua a chiedergli di andare via, e da ultimo ha minacciato di multare fino a 50 mila euro le navi. Per i naufraghi è in gioco la loro vita. Tre migranti si sono gettati in mare dalla nave per raggiungere il porto. Uno di loro ha spiegato di essersi gettato in mare per aiutare uno degli altri due a raggiungere il molo, poi è tornato sulla nave ad attendere mentre gli altri hanno ricevuto assistenza.
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