L’addio è l’ultimo flop di una gestione distruttiva del servizio pubblico che privilegia la fedeltà sulla competenza. Quando è possibile, ci si limita a non rinnovare contratti e collaborazioni, mentre se programmi e conduttori non si possono depennare così facilmente, come nel caso di Report, si interviene con una collocazione svantaggiosa. Il resto lo fanno i politici
L’opera di distruzione della Rai per mano dei vertici scelti da Giorgia Meloni, Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, continua. L’ultima tessera del domino a cadere è stata la collaborazione con Corrado Augias. Il giornalista ha deciso di lasciare il suo Rebus su Raitre per passare a La7, dove condurrà La torre di Babele, in onda a partire dal 4 dicembre in prima serata, in cui «affronterà un tema storico in relazione all’attualità e al mondo contemporaneo».
In un’intervista al Corriere della Sera ha spiegato che nessuno l’ha trattenuto, in un intervento su Repubblica dice esplicitamente che «stanno demolendo la Rai» e accusa i nuovi timonieri di «dilettantismo e scelte improvvide» e di cercare una «riscrittura della storia» da parte di chi fu escluso dall’atto fondativo della Repubblica da affidare alla Rai.
Il giornalista sottolinea che «nessuno mi ha cacciato». Più banalmente, i vertici Rai, ansiosi di occupare ogni centimetro di palinsesto e ogni poltrona del management, non fanno nulla per trattenere chi non si sente più a proprio agio nel nuovo assetto di viale Mazzini.
È successo lo stesso a Massimo Gramellini, che intanto aveva trovato l’accordo con La7, e anche con Fabio Fazio, la cui trattativa era rimasta congelata nell’interregno tra la gestione Fuortes e quella Sergio-Rossi. È una delle tecniche con cui il tandem ha consolidato giorno per giorno l’occupazione della Rai, preferendo la fedeltà alla competenza: il risultato ultimo è stato uccidere Raitre (con alcune eccezioni, come il Tg3) e lasciare orfano il suo pubblico, che oggi si rivolge altrove, con un grosso danno in termini di share per viale Mazzini.
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Sergio e Rossi non si sono sforzati eccessivamente neanche per trovare una soluzione che permettesse di tenere in palinsesto Bianca Berlinguer. Più attivo l’intervento su Roberto Saviano, che non ha più visto andare in onda il suo programma già fatto e finito, Insider, e ora può approfittare dell’ospitalità delle Iene su Mediaset.
Più di recente, a fare scalpore per lo scarso impegno della Rai nella gara con la concorrenza privata è stata la gara per l’assegnazione di Coppa Italia per cui viale Mazzini avrebbe proposto una frazione della richiesta della Lega calcio e dell’offerta di Mediaset, che poi ha vinto i diritti (e verosimilmente anche una serie di prime serate nella sfida dello share).
Una gara persa in partenza, insomma, nonostante rendere lo sport fruibile anche a chi non ha un abbonamento a un servizio privato sia previsto dal contratto di servizio. Esattamente come la garanzia di pluralismo, che appare sempre più provato con ogni nuovo addio al servizio pubblico.
Se poi per le collaborazioni e i professionisti contrattualizzati ci si può limitare a rinviare il rinnovo finché la partita non salta, è più complicato togliere di mezzo programmi consolidati che hanno un seguito affezionato (e magari sono condotti da dipendenti Rai).
È il caso di Report, che è stato spostato d’imperio alla domenica sera, dove se la gioca con Fabio Fazio sul Nove e Paolo Del Debbio su Rete4. Dopo un debutto felice con risultati ottimi, la concorrenza di Che tempo che fa ha ridotto il seguito del programma condotto da Sigfrido Ranucci, che però continua a battere regolarmente Dritto e Rovescio, anche se i risultati del 2022 tendevano a essere migliori.
Tutto questo mentre la trasmissione d’inchiesta deve vedersela anche con le attenzioni del senatore azzurro Maurizio Gasparri, che ha fatto convocare Ranucci e Paolo Corsini, direttore dell’approfondimento, per un’audizione questa sera in commissione Vigilanza Rai.
Sulla questione Augias invece, almeno per il momento, dalle opposizioni si sono levate soltanto le voci della consigliera d’amministrazione di area dem Francesca Bria e quella del capogruppo in commissione Peppe De Cristofaro. Per il resto, silenzio.
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