La rappresentanza sindacale dei programmi di approfondimento della Rai e di Rainews hanno contestato il comunicato dell’amministratore delegato Sergio, che dopo le parole di Ghali sul conflitto in medio oriente aveva espresso «solidarietà al popolo d’Israele e alla comunità ebraica»
Mentre il comunicato dell’ad Rai Roberto Sergio sul Medio Oriente continua ad agitare gli animi fuori e dentro la Rai, il comitato di redazione del genere approfondimenti – cioè la rappresentanza sindacale dei programmi come Report, Presa Diretta e Petrolio – ha preso a sua volta le distanze dalla posizione del numero uno di viale Mazzini. Anche il cdr di Rainews e del Tg3 hanno sottoscritto il comunicato.
«L’informazione della Rai che vogliamo è fatta dai suoi giornalisti, professionisti liberi e indipendenti, che rispondono solo ai telespettatori. Non si fa dettare veline dalla politica e dal governo. Neppure dall’editore, che nelle aziende editoriali non può mai decidere sui contenuti» si legge in una nota.
«Non prende posizione, persegue il diritto alla verità, non nasconde ciò che il potere vorrebbe celare, stimola il dibattito fornendo strumenti di conoscenza della realtà. Siamo sconcertati dal clima di questi giorni. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”, dice la Costituzione. Questo significa che non ci sono parole vietate, ma solo parole sulle quali ognuno ha diritto di dire la sua. E questo vale anche per la guerra. Il racconto della guerra non può essere dettato dalla collocazione internazionale del nostro paese».
Contro l’intervento dall’alto
«La Rai che sogniamo non risponde ai diktat dei governi, né quello italiano né tantomeno governi stranieri. Non è proprietà dei suoi alti dirigenti, né di ministri o partiti politici. Non accetta reprimende, censure, tirate di orecchie. Non toglie la parola a nessuno, ma la offre a chi è senza voce. Non teme i conflitti e gli scontri, ma li racconta e li rappresenta, favorendo il dialogo tra diverse idee» continua il testo.
«La Rai che desideriamo non ha bisogno di essere difesa da un cordone di polizia in tenuta antisommossa. Apre invece le porte a tutte e tutti, ascolta, perché è permeabile a ciò che si muove nella società. Davanti alle sedi della Rai non dovrebbero esserci scontri, ma solo incontri».
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