Un via libera a maggioranza che diventa un piccolo caso. La riunione del consiglio d’amministrazione Rai, infatti, si è conclusa come previsto senza notizie sulle tante nomine in ballo in questi mesi, ma resta agli atti la polemica sollevata da Antonio Marano. Il consigliere anziano considerato di area leghista, presidente pro tempore in attesa della complicata ratifica della presidente designata Simona Agnes, si è astenuto dal voto sul budget. Cogliendo di sorpresa sia i suoi colleghi di maggioranza, sia l’ad Giampaolo Rossi. 

Il bilancio programmatico è comunque passato grazie ai voti favorevoli di ad, consiglieri vicini alla maggioranza e all’opposizione. Unico contrario, il consigliere in quota dipendenti Davide Di Pietro. 

La ragione dell’astensione va cercata nel clima piuttosto teso che si respira nella maggioranza sui temi Rai. L’ad non sblocca le partite a cui tengono i leghisti (ma neanche quelle che interessano FdI) mentre la presidenza è inarrivabile e la commissione Vigilanza è bloccata. All’iniziativa della presidente Barbara Floridia sul ruolo della Rai nel mondo, in effetti, i consiglieri di maggioranza non hanno nemmeno partecipato. Dopo la riunione di oggi, però, c’è chi consiglia a Rossi di guardare all’episodio come a un’occasione per andare alla ricerca, volta per volta, di maggioranze che approvino le sue proposte, senza vincolarsi alla coalizione di governo. 

In ogni caso, raccontano i bene informati, il gesto del presidente pro tempore va letto come un primo segnale d’avvertimento: inoffensivo, visto che era certo che il budget sarebbe stato approvato, ma anticipatorio di ulteriori polemiche, qualora il Carroccio non ottenga quel che vuole. Sulla decisione avrebbe influito anche il plenipotenziario di Matteo Salvini sulla Rai Alessandro Morelli, grande sponsor del ritorno in consiglio d’amministrazione proprio di Marano. Sembra invece avere avuto pochi effetti positivi la recente decisione dell’ad di indicare proprio Marano alla presidenza di Confindustria Radio-tv, in scadenza: un ramoscello d’ulivo bruciato dalla fiammata di oggi. 

La circolare

In riunione si è parlato anche della controversa comunicazione dell’ad sui capostruttura a cui affidare i programmi in palinsesto che aveva sollevato le perplessità di Usigrai subito corsa in soccorso di Report, una delle trasmissioni che avrebbe ispirato la circolare di Giampaolo Rossi. In realtà, la riorganizzazione – che mette in atto sistemi organizzativi che vigevano in azienda anche quando c’erano ancora i direttori di rete – dipenderebbe da diverse vicende: «Ogni programma ha le proprie esigenze, la miglior soluzione per tutti è questa», sintetizzano il pensiero di Rossi. La Rai, all’indomani della diffusione della nota, aveva parlato di «commissariamento»: «A cosa servono le strutture e perché ora? Per controllare come richiesto da politici o - peggio, tv concorrenti - i pochi programmi che ancora fanno informazione? Per rispondere alle richieste di chi non tollera i giornalisti che fanno domande?». 

Dall’opposizione, in ogni caso Roberto Natale (considerato vicino ad Avs) ha chiesto che si trovasse il modo di «far sentire a casa tutti i giornalisti». Sottinteso, anche Sigfrido Ranucci. 

Ma nonostante la mossa di Marano, sulle direzioni da spartirsi in maggioranza non si stagliano svolte all’orizzonte. Anche la riunione del 20 febbraio rischia di finire in un nulla di fatto, anche se dalle opposizioni giurano che dopo Sanremo «si cambierà musica». La Lega, per parte sua, mira a conservare Tgr – dove Roberto Pacchetti ha appena conquistato l’interim – e Gr Radio, dove Francesco Pionati veleggia verso la pensione. Nelle mire di Morelli e compagnia anche il Day time, considerato però fuori portata: «Magari riescono a tenere qualcosa. Ma con questo clima e queste percentuali sarà una guerra sanguinosa» profetizza qualcuno. 

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