Il principale sindacato dei giornalisti Rai ha annunciato lo stato di agitazione, alla fine di una convention da cui è emersa preoccupazione per il taglio del canone
La sollevazione sindacale arriva a toccare anche la Rai. La manifestazione del 17 novembre, per cui il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha scelto di usare lo strumento della precettazione per ridurre le ore di blocco dei trasporti, rischia di non essere l’ultimo problema del governo. L’andamento – già accidentato – del servizio pubblico, potrebbe diventare ancora più complicato a causa di una mobilitazione. Mercoledì l’Usigrai, il principale sindacato dei giornalisti Rai, ha infatti pubblicato il documento finale della propria due giorni a Sacrofano che annuncia lo stato di agitazione.
«L’assemblea dà mandato all’esecutivo Usigrai di programmare un percorso progressivo di iniziative di protesta fino a un pacchetto di scioperi, volte alla salvaguardia del Servizio pubblico, utilizzando ogni modalità di comunicazione per spiegare le ragioni delle iniziative sindacali alle cittadine e ai cittadini» si legge nel documento finale, che annuncia una serie di iniziative sul territorio per includere anche le realtà che hanno quotidianamente rapporti con il servizio pubblico.
«I cdr e i fiduciari saranno capifila, coinvolgendo le realtà sociali, politiche, culturali e di categoria presenti nei territori per affrontare il tema del ruolo del servizio pubblico e del suo finanziamento anche in vista del rinnovo della concessione che scadrà nel 2027», si legge nel comunicato.
Il documento arriva alla fine di una convention da cui è emersa preoccupazione per il taglio del canone (compensato per il 2024 con uno stanziamento proveniente dalla fiscalità generale), per il calo degli ascolti e le condizioni disastrate dei conti della Rai. Il testo chiede anche «una nuova legge di governance che liberi la Rai dall’influenza di partiti e governi e l’urgenza di adottare un sistema di finanziamento del servizio pubblico che garantisca risorse certe e di lunga durata».
Sull’assemblea si è però allungata l’ombra della convention della nuova associazione Unirai, che si candida a sfidare lo storico dominio di Usigrai a Saxa Rubra. La prima riunione è in programma per il 30 novembre, e l’organizzazione, a cui per ora manca il riconoscimento sindacale (ma potrebbe ottenerlo affiliandosi per esempio alla sigla di destra Ugl) si propone come una realtà che difenderà i dipendenti “di destra”.
I promotori puntano ovviamente anche ai più moderati, ma dagli ambienti Usigrai per il momento si ostenta sicurezza e si rimanda all’esperienza fallimentare del Singrai, nato dopo Tangentopoli nello stesso tipo di ambienti di Unirai ma sempre caratterizzato da una rilevanza limitata nella vita sindacale dell’azienda.
Gli altri fronti
La mobilitazione di quella che per ora – superata la storia dell’ammanco di fondi che negli anni passati ha toccato il sindacato – resta l’associazione dei lavoratori più importante della Rai, rischia però di diventare un problema rilevante per i vertici, che già devono gestire diverse situazioni di tensione nelle redazioni giornalistiche del servizio pubblico.
Dopo l’assemblea dei giornalisti di Rai News, in rotta con il direttore Paolo Petrecca che entro fine mese dovrebbe presentare un nuovo piano editoriale, e del Tg2, che ha espresso preoccupazione non ultimo per il debolissimo traino di Pino Insegno, è arrivata anche la mobilitazione del Gr Radio, il cui comitato di redazione si è espresso mercoledì contro gli editoriali di Marcello Foa e Annalisa Chirico, secondo la redazione eccessivamente faziosi sul tema dello sciopero del 17 novembre.
«Stupisce che editoriali vengano affidati a giornaliste e giornalisti esterni. Chiediamo al direttore se quell’editoriale rappresenti la linea della testata, caso contrario, di prenderne le distanze e chiarire ruoli e competenze. Il pluralismo non si garantisce solo con il bilancino degli ospiti, ma con conduttori equilibrati e imparziali». Si preannuncia una stagione caldissima per i vertici.
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