Avanti popolo fa flop, l’intervista tra moglie e marito e lo spazio sul porno non bastano a tenere su gli ascolti. Ma è solo l’ultimo degli approfondimenti della Rai meloniana che non decolla
Il 3,6 per cento di share (570.000 spettatori). Oltre Avanti popolo, il programma di Nunzia De Girolamo che ha ereditato la collocazione di Cartabianca di Bianca Berlinguer, non va. A nulla sono serviti gli espedienti che hanno fatto parlare del programma nei giorni precedenti, la trovata di far intervistare a De Girolamo suo marito, il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia, o la scelta di parlare di porno con l’attrice hard Malena.
Il nuovo programma è arrivato settimo, ultimo tra quelli in onda alla stessa ora sui principali canali, a pari merito con Pechino Express su Tv8. Insomma, la scommessa dei vertici Rai di Giorgia Meloni non è andata in porto: l’ultimo talk show di approfondimento rimasto in prima serata sui canali di viale Mazzini non si sta rivelando all’altezza. Non c’è nemmeno la scusa della prima puntata e del tempo necessario per prendere il volo: Cartabianca in prima serata si è sempre mosso intorno al 6,5 per cento, valore che Berlinguer continua a difendere anche adesso che ha traslocato a Mediaset. Dal 2016 al 2018, quando il programma era una striscia nel preserale, toccava anche punte del 9 per cento.
Ma è solo l’ultima scelta sul palinsesto dell’approfondimento che viale Mazzini sbaglia. Nella fretta di rimpiazzare Berlinguer la scorsa estate, mentre Pd e M5s avanzavano pretese su uno spazio tradizionalmente appannaggio del centrosinistra, il direttore Paolo Corsini aveva piazzato un colpaccio proponendo al Pd un nome a cui non poteva opporsi.
Per l’ex ministra De Girolamo era già prevista una prima serata il lunedì, bastava semplicemente cambiare giorno. Ora è il suo l’unico programma di approfondimento politico della prima serata Rai. La concorrenza può vantare un arsenale più nutrito: Mediaset dedica ai talk quattro serate a settimana, il lunedì con Nicola Porro, il martedì con Berlinguer e la domenica e il giovedì con Paolo Del Debbio. Anche La7 ha due serate dedicate, il martedì di Giovanni Floris e la domenica di Luca Telese e Marianna Aprile.
Il piano
In attesa del ritorno di Massimo Giletti (per cui però, al momento, sono previste solo delle conduzioni spot di alcune prime serate dedicate a eventi specifici), viale Mazzini rinuncia di fatto all’informazione in prima serata. Tra le carte che la Rai ha ancora intenzione di giocarsi ci sono Tango di Luisella Costamagna, che sarà presentato stamattina e andrà in onda in seconda serta a partire da lunedì prossimo e XXI Secolo di Francesco Giorgino, che partirà a metà novembre su Rai 1, sempre di lunedì, sempre in seconda serata. Un altro caso di sovrapposizione, come quello di Avanti popolo e Belve (figlie tra l’altro della stessa casa di produzione, la Freemantle).
C’è poi Salvo Sottile che dovrebbe debuttare con il suo Far west il 6 novembre, ma si tratta di un programma d’inchiesta, più simile a Non è l’arena o Fuori dal coro che a Ballarò.
Prospettive tutt’altro che rosee per un servizio pubblico già in crisi d’ascolti dopo il primo mese del nuovo palinsesto. A reggere, nel day time come negli approfondimenti, sono le riconferme. Funzionano in termini di share (anche se non ai livelli di quando c’era Lucia Annunziata) In mezz’ora di Monica Maggioni, Il cavallo e la torre di Marco Damilano, Report, che ha portato a casa un importante 11 per cento al debutto e PresaDiretta.
Fatica Agorà, dove Corsini ha portato da Sky Roberto Inciocchi, e che a volte fa addirittura meno share di Restart, la seconda parte dell’approfondimento mattutino di Rai 3. In altre stagioni, quando quello spazio era di Agorà extra, al di là poche eccezioni, gli ascolti della seconda parte andavano tradizionalmente meno bene di quelli della prima. Per tutta l’estate, poi, è andato avanti lo stillicidio di Filo Rosso, dove Manuela Moreno, che pure aveva dato buona prova di sé al Tg2 post, non ha saputo fermare la parabola che ha fatto chiudere il programma dopo un’ultima puntata al 2,2 per cento.
I dati rischiano di avere conseguenze pesanti anche sulla raccolta pubblicitaria, ma per il momento i vertici difendono le loro scelte. Come nel caso di Pino Insegno: Roberto Sergio ha smentito ieri le voci che giravano su una possibile chiusura del Mercante in fiera.
«Sono indignato per la violenza mediatica e preventiva nei confronti di Pino Insegno e del suo programma. Insegno ha una storia professionale di 40 anni, è un professionista serio, che ha accettato una sfida in una programmazione molto complessa. Voglio dare una notizia: il suo programma non viene chiuso, vari blog amplificano notizie false e questo è inaccettabile. Quindi non è TeleMeloni e Insegno continua la sua attività con Il mercante in fiera».
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