Una campagna capillare, che ha rimpiazzato a uno a uno i nomi scomodi, sostituendoli con chi poteva essere utile alla nuova narrazione sovranista. A guardare i palinsesti presentati lunedì scorso in Consiglio d’amministrazione Rai (la presentazione al pubblico sarà il prossimo 7 luglio a Napoli) emerge chiaramente chi ha vinto e chi ha perso, anche dentro la maggioranza. E chi si è giocato meglio le sue carte, internamente all’azienda. In pochi, a dire il vero, visto il massiccio ricorso della nuova direzione generale agli esterni.

Ora, il prossimo scoglio si preannuncia il nuovo contratto di servizio, su cui il discorso andrebbe chiuso entro luglio. Peccato che la bozza sia attesa in commissione Vigilanza Rai soltanto alla fine della prossima settimana e l’audizione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (che ha un ruolo cruciale nel dossier, visto che sta gestendo anche le manovre della Lega per cancellare il canone dalla bolletta) è in programma nientemeno che per il 27 luglio, a pochissimi giorni dalla fine delle trattative.

Che si preannunciano durissime. L’amministratore delegato Roberto Sergio e il direttore generale Giampaolo Rossi hanno già provveduto a inserire nel testo riferimenti di stampo sovranista come quello di promuovere la natalità. Le opposizioni promettono battaglia anche sulla scelta di tagliare il riferimento al giornalismo d’inchiesta.

Ma la verità è che nonostante tutti gli sforzi di imporre alla Rai il suo nuovo abito sovranista, alla doppia punta scelta da Giorgia Meloni e i suoi alleati per guidare il servizio pubblico manca la conoscenza dell’azienda. Tanto che, secondo quanto risulta a Domani, Rossi starebbe già vagliando i curriculum di alcuni consulenti esterni a cui affidare la stesura del nuovo piano editoriale.

L’altra stampella a cui si appoggia il direttore generale è uno dei pochi sopravvissuti all’epurazione meloniana, il direttore del Tg3 Mario Orfeo. Di orientamento politico differente, Orfeo conosce perfettamente viale Mazzini e ha creato con Rossi un asse sufficientemente solido per tutelare sé stesso e alcuni suoi protetti.

Una volta sistemate le questioni di fedeltà ideologica, Rossi e Sergio dovranno anche occuparsi del trasloco temporaneo di una parte dei dipendenti. Nei giorni scorsi è apparso un annuncio per la ricerca di immobili da affittare a Roma: la ragione del piano sta nella necessità di bonificare la sede di viale Mazzini, che da tempo ha problemi strutturali di amianto. Il trasferimento era già previsto dalla gestione Fuortes, che attraverso la vendita della sede di corso Sempione a Milano ha assicurato un tesoretto con cui finanziare la manovra. Peccato solo che Sergio, già protagonista di grandi lavori di ammodernamento degli studi di RadioRai a via Asiago e Saxa Rubra, non dovrebbe più essere della partita: l’annuncio prevede che i locali siano accessibili entro il 30 giugno 2024. Per allora, la Rai dovrebbe essere diventata un feudo esclusivo di Rossi.

Fratelli d’Italia

Il grande vincitore della partita di Risiko che sono stati i nuovi palinsesti Rai non poteva che essere il partito di Giorgia Meloni. Il colpo più grosso probabilmente è la direzione del Tg1, l’unica per cui la premier si è spesa personalmente. Il suo amico di gioventù Gian Marco Chiocci ha già rivoluzionato la striscia mattutina in cui ora coesistono uno spazio d’informazione e una seconda parte di programma dedicata fondamentalmente all’autopromozione dell’azienda, in cui sono passati volti come Amadeus, Alberto Angela e Carlo Conti.

Tra le due parti, uno spazio per il vignettista Osho, che Chiocci ha scoperto durante la sua direzione del Tempo. Ora, nel suo primo anno dovrà dimostrare che varrà la pena rinnovare il contratto di un esterno come lui. Rossi è riuscito a gettare un’ombra meloniana anche sul Tg2 di Antonio Preziosi, l’unico dei tre direttore con cui non cura un rapporto solido. Lo strumento è la nuova striscia pomeridiana dell’editorialista di Libero Filippo Facci – un altro esterno – che dovrebbe lanciare l’edizione delle 13. Difficile però che l’imposizione piaccia alla redazione del Tg.

Le mani di FdI sono arrivate anche su Agorà, tradizionale “riserva indiana” della sinistra, che dall’autunno sarà condotto da Roberto Inciocchi, intervistatore della premier all’ultima festa di partito. Intanto, RaiNews continua la sua traiettoria sovranista con la direzione di Paolo Petrecca, che anche in casi di contestazione alla presidente del Consiglio – come quella del segretario di Più Europa Riccardo Magi avvenuta negli ultimi giorni – fa tenere la telecamera saldamente su Meloni.

Il meloniano Rossi ha portato a casa anche l’eredità di Serena Bortone (relegata all’access time del fine settimana su Raitre), affidandola a Caterina Balivo, che ha chiuso l’esperienza di Lingo a La7. Balivo rientra così nel pomeriggio di Raiuno da protagonista. Oltre alla conduttrice napoletana a “La volta buona”, che parlerà di eccellenze italiane, ci dovrebbe essere Stefano Fumagalli del Tg2, in quota Carroccio.

Grande vincitore della spartizione è stato anche Pino Insegno. Oltre a riproporre il Mercante in fiera (lo stesso programma in cui quasi vent’anni fa su Mediaset mimava il gesto di strizzare il seno alla coconduttrice Ainett Stephens, chissà se rilancerà la gag anche in Rai) il doppiatore a gennaio prenderà le redini dell’Eredità, che Flavio Insinna ha lasciato in lacrime. Per lui si parla anche della conduzione del capodanno di Raiuno, tradizionalmente territorio di Amadeus e Carlo Conti.

Ma cosa sarebbe l’intrattenimento senza cinema? Nel dubbio, sulla linea che collega viale Mazzini a via della Scrofa hanno pensato anche a quello, puntando su Luca Barbareschi. Che dovrebbe tornare con il suo In barba a tutto (anche alle polemiche per le sue prese di posizione contro le denunce di molestie nel mondo dello spettacolo, evidentemente).

Oltre al ramo informativo e quello dell’intrattenimento, Fratelli d’Italia non ha perso occasione di presidiare anche quello culturale. Basta guardare agli opinionisti che interverranno a Rebus, il programma di Giorgio Zanchini. In futuro accanto a lui compariranno Alessandro Giuli, Pietrangelo Buttafuoco e Giordano Bruno Guerri, i tre intellettuali d’area che ritornano ciclicamente nella rosa per l’assegnazione degli incarichi culturali da parte del governo.

Lega

È andata decisamente meno bene al Carroccio, che può comunque contare sull’orecchio di due direttori di genere (Paolo Corsini agli approfondimenti e Marcello Ciannamea al prime time). Tra i più sponsorizzati di via Bellerio ci sono ben due dei grandi sconfitti che ambivano alla striscia di Bortone, Pierluigi Diaco e Monica Setta (che può contare comunque su altri quattro programmi tra televisione e radio).

Male poi Laura Tecce, che può contare sulla benevolenza del Carroccio ma anche su un orecchio aperto dalle parti di Fratelli d’Italia. Ma non su quello di Rossi, che, riferiscono a Domani, ha di lei poca stima. Così, si è dovuta accontentare della riconferma dei suoi Onorevoli confessioni e Underdog. Per la Lega si preannuncia un futuro a tinte fosche anche nelle testate regionali, da tempo in mano ad Alessandro Casarin, che dovrebbero essere le prime a subire una cura dimagrante per rimettere in sesto i conti.

È andata invece in porto la scommessa su Francesco Giorgino, che la Lega è riuscita a riportare in Rai dopo lo strappo con Monica Maggioni: sarà dello storico mezzobusto del Tg1 la seconda serata del lunedì sera. Merito della Lega anche se ascolteremo i pezzi di Enrico Ruggeri in prima serata su Raidue. In prima serata su Raitre sarà poi anche Salvo Sottile, che lascia il suo I fatti vostri a Tiberio Timperi per traslocare sulla terza rete.

Forza Italia

In prima serata su Raitre si collocherà anche Nunzia De Girolamo, ex ministra azzurra e già in Rai da tempo con il suo Ciao Maschio. Ora si spartirà il lunedì sera che era di Report con Presa Diretta di Riccardo Iacona.

Il vero bottino di Forza Italia è però il Tg2, mentre Annalisa Bruchi vedrà il suo approfondimento economico Restart migrare dalla tarda serata a un’ottima posizione di palinsesto. Il programma prenderà il posto di Agorà extra, con una promozione a striscia quotidiana.

Pd

Chi è all’opposizione ha sempre le carte peggiori in mano quando c’è da parlare di Rai, ma i dem non sono riusciti a tutelare quasi nessuno dei loro punti di riferimento a viale Mazzini. Sono ormai lontani i tempi dell’egemonia culturale vera o presunta, ma al di là della recente defenestrazione dei direttori sgraditi che in Rai è pratica diffusa, ormai perfino Raitre non è neanche più l’ombra di quel che è stata in passato.

Una situazione che, osserva già qualcuno, non pagherà in termini di ascolti, con i telespettatori di centrosinistra che non avranno più dove rivolgersi, se non alla concorrenza.

Mentre Marco Damilano ha salvato il suo Il cavallo e la torre soltanto per questioni contrattuali, Bortone si è dovuta accontentare della striscia del fine settimana. Mandando giù l’accusa di trasmettere troppa propaganda gender e con l’unica prova di vicinanza del Pd che è stata un’intervista con la segretaria Elly Schlein organizzata negli ultimi giorni. Monica Giandotti, conduttrice uscente di Agorà, ha avuto il suo nuovo programma Poster soltanto grazie all’intercessione di Orfeo, a cui deve la riconferma anche Francesca Fialdini.

Movimento 5 stelle

I grillini, che possono anche contare sulla presidenza della commissione di Vigilanza, erano partiti bene nella trattativa con la destra sulla spartizione, assicurandosi le direzioni di Raiparlamento e Raicinema grazie a un’astensione del loro consigliere d’amministrazione Alessandro Di Majo durante la scelta dei nuovi vertici.

In seconda battuta, però, non è andata altrettanto bene: in palinsesto sopravvive soltanto Tango di Luisella Costamagna, anche se Report rimane tra i programmi più cari al Movimento. Ma, almeno per il momento, la destra non ha nulla da temere dal partito di Giuseppe Conte.

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