Manovre complicate intorno alla direzione del Tg3. Alla fine, si sta profilando un secondo interim per Pierluca Terzulli, già primo erede pro tempore della direzione quando Mario Orfeo ha lasciato la Rai per dirigere Repubblica. Sempre che sia possibile giuridicamente. Altrimenti, ci si rivolgerà al secondo vicedirettore più anziano, Riccardo Chartroux.

Il definitivo affossato

La soluzione è di nuovo temporanea perché, nonostante la convergenza di M5s e Avs (e la non ostilità del Pd), alla fine il centrodestra ha affossato la nomina perché non ha avuto garanzie sul fatto che in cambio avrebbe visto sbloccarsi il nodo sulla presidenza Rai di Simona Agnes.

Terzulli gode della simpatia generica del Pd, che continua nel suo Aventino, ma l’accordo sul suo nome sarebbe piuttosto da leggere come un compromesso tra Avs e M5s, la cui collaborazione ha già portato a issare come consigliere in cda Roberto Natale.

Terzulli sarebbe stato affiancato da un vice d’area Cinque stelle, Bruno Luverà, attualmente vicedirettore alla direzione offerta formativa.

Un grande nulla di fatto, insomma, che non sblocca le vicende della commissione Vigilanza, dove da mesi ormai le sedute non si aprono nemmeno, visto il boicottaggio del centrodestra.

La convergenza su Terzulli è da motivare anche dalla serenità che il nome, organico alla testata, garantirebbe alla redazione, preoccupata che il posto che fu di Orfeo venga occupato da figure con sensibilità troppo diverse da quelle del gruppo redazionale.

Il nodo della presidenza

La trattativa continua ad arenarsi intorno alla figura di Agnes: dopo cinque convocazioni andate in bianco per il boicottaggio della destra non si intravede all’orizzonte una soluzione al busillis. Forza Italia continua a insistere sul nome della consigliera azzurra, i protagonisti della trattativa - M5s e Avs - avrebbero i voti per confermare la presidente designata.

Entrambi finirebbero però per contraddire sé stessi, visto che solo domenica scorsa entrambe le forze politiche sono uscite pubblicamente per commentare la nota di Agnes in cui la consigliera ribadiva la propria disponibilità a essere una presidente di garanzia.

«Penso che una nota alle agenzie di stampa non sia il modo migliore per parlare di pluralismo e garanzia. In ogni caso la maggioranza deve dare un segnale chiaro su quando intenderà portare in Parlamento la discussione per la riforma Rai», si legge nella dichiarazione di Angelo Bonelli, leader dei Verdi e membro della commissione, mentre Dario Carotenuto, capogruppo M5s, giurava che la lettera «non cambia niente» e chiedeva «un nome che sia evidentemente ed esplicitamente lontano dai partiti. Questo va al di là delle qualità personali, è un tema politico».

Il cda di giovedì

Ma una soluzione andava trovata: l’interim attuale di Terzulli è in scadenza il prossimo 4 gennaio.

Giampaolo Rossi ha già all’attivo due interim da portare alla prossima riunione del Cda: quello di Roberto Pacchetti alla Tgr dopo la decisione del direttore prorogato Alessandro Casarin di anticipare la sua pensione, e quello di Raisport, dove il direttore scaduto ma prorogato Jacopo Volpi va in pensione a fine anno. Per quel posto si parla di Massimiliano Mascolo o Marco Franzelli. Ora, ne avrà un altro da presentare ai consiglieri, già preoccupati per la vicenda del pronunciamento del Tar della Liguria su Sanremo e per gli ascolti, che continuano a non premiare viale Mazzini.

Attendismo

L’ultimo Cda dell’anno – per altro in una settimana in cui la commissione non si può convocare causa manovra in parlamento – è comunque l’occasione giusta per Rossi di prendere qualche prima decisione di peso nel suo mandato. La politica ha bloccato molte trattative, si sente spesso ripetere al settimo piano, ma lo stile attendista del Bussola per ora non ha dato grandi gioie ai colonnelli meloniani in Rai, tanto che i Fratelli si sono visti anche ipotecare davanti al naso la Tgr, da sempre territorio leghista, ma su cui c’erano ambizioni anche in via della Scrofa.

Un capriccio di Alessandro Morelli, responsabile editoria della Lega, un sopracciglio alzato di Antonio Marano, attualmente – e probabilmente ancora per un po’ – presidente pro tempore attribuito all’area del Carroccio e il progetto di FdI è saltato. Resta da vedere come si muoverà nelle prime decisioni del 2025 l’ad amico di Meloni. Temporeggiare non può essere un’opzione per sempre.

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