- Il senatore e il suo agente sono stati archiviati dalla procura di Roma per il reato di finanziamento illecito. Ma per i pm Presta di fatto ha perso (ad ora) 700mila euro. Usati da Renzi per restituire il prestito per la casa
- Le 20 pagine della richiesta di archiviazione descrivono la storia di un’operazione bizzarra tra l’allora segretario del Pd e il potente agente che lavora anche con la tv di Stato, con scritture private abortite, retrodatazioni, curiose trattative con Mediaset e la casa editrice Mondadori.
- Alla fine della fiera, i pm dicono che «dubbi» possono essere sollevati. Il «mero sospetto» è però irrilevante: piaccia o non piaccia, non essendoci prove decisive per sostenere a processo bisogna archiviare.
Matteo Renzi e Lucio Presta sono stati archiviati dalle accuse di finanziamento illecito e sovrafatturazione, in merito ai denari (in tutto 700mila euro) che l’agente delle star ha girato cinque anni fa all’ex premier come compenso per «l’attività artistica del senatore».
La vena del politico è sfociata – come è noto - in alcuni format tv da lui inventati, pagati cari e amari da Presta ma mai realizzati; e in un mandato di rappresentanza a Presta «per promuovere nel mondo la mia attività professionale esclusivamente nell’ambito dello spettacolo», costati all’agente ben 300mila euro. A cui vanno aggiunti altri 400 mila euro per l’ideazione e la conduzione del documentario “Firenze secondo me”, mossa economicamente disastrosa per la società Arcobaleno Tre controllata da Presta: costata in tutto quasi un milione, l’opera è stata venduta a Discovery Channel per appena mille euro, ad oggi nemmeno incassati.
Effetto Cartabia
La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione degli indagati perché, pur evidenziando come l’investimento fatto da Presta appare «estraneo» a una logica commerciale sensata, secondo la nuova legge Cartabia per chiedere il rinvio a giudizio degli indagati è necessario che esista una «ragionevole previsione di condanna». Tradotto, senza prove solide che garantiscano una buona probabilità di vittoria il magistrato deve archiviare prima ancora di andare in udienza preliminare.
In questo caso, nonostante Presta abbia finora girato a Renzi 700 mila euro attraverso un’operazione che appare come «un mero costo», secondo i pm e il gip che ha accolto la richiesta di archiviazione non ci sono evidenze schiaccianti contro l’agente e Renzi: il documentario è stato effettivamente girato ed è opera «reale» forse vendibile ai posteri, mentre il contratto di esclusiva potrebbe – non è cosa da escludere a priori – portare futuri guadagni alla Arcobaleno Tre.
Detto questo, le 20 pagine della richiesta di archiviazione descrivono la storia di un’operazione bizzarra tra l’allora segretario del Pd e un potente agente che lavora anche con la tv di Stato, con scritture private abortite, retrodatazioni, curiose trattative con le società del capo di Forza Italia Silvio Berlusconi (Mediaset e la casa editrice Mondadori) in merito all’acquisto dei diritti di “Firenze secondo me”. Con il corollario che alcune giustificazioni di Presta messe a verbale spesso vengono smentite dai fatti e da successive testimonianze di test chiave.
Soprattutto, il dispositivo di archiviazione evidenzia come l’impresa culturale Renzi-Presta sia collegata, temporalmente ed economicamente, all’acquisto di Renzi della casa di Firenze. Come già raccontato da chi scrive sull’Espresso e su Domani, la villa fu infatti acquistata grazie a un prestito (da 700 mila euro) ottenuto dall’anziana madre di alcuni imprenditori toscani amici del senatore, i Maestrelli. Soldi restituiti dal leader del Terzo Polo proprio grazie a parte della provvista ottenuta dall’Arcobaleno Tre, che in tutto ha girato a Renzi esattamente 700mila euro.
La trattativa con Mediaset
Partiamo dall’inizio della vicenda. E dal documentario “Firenze secondo me”. È il 16 giugno 2018, e i coniugi Renzi ottengono da Anna Picchioni (madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli che nel 2015, durante il governo Renzi, era stato nominato nel cda di CpdImmobiliare) il prestito con cui possono comprare la casa dei loro sogni.
Due giorni dopo, il 18 giugno, Renzi si impegna a girare alcune scene dell’opera con specifico riferimento al “Calcio fiorentino”: lo segnala un contratto «non sottoscritto» trovato dagli investigatori della Guardia di Finanza negli uffici dell’Arcobaleno Tre. Passa un mese, e il 27 luglio Renzi apre una partita iva. Gli servirà per firmare il 31 luglio il contratto da conduttore e autore del documentario, per un totale di 400mila euro. Per il film la società di Presta tra troupe e location spenderà altro mezzo milione, con un investimento totale di 920 mila euro.
Se per gli investigatori il politico ottiene di fatto da Presta «700 mila euro e la produzione di un lungometraggio idoneo a promuovere la propria immagine pubblica», la società dell’agente «è apparsa avere riportato un mero costo».
La richiesta di archiviazione evidenzia poi che le prime trattative per piazzare il documentario in tv iniziano a luglio 2018 con Mediaset, dunque solo dopo che Renzi e Presta hanno già preso i primi accordi per girarlo. Nell’interrogatorio ai pm l’agente di Amadeus segnala come avrebbe raggiunto un accordo con gli alti dirigenti del Biscione Alessandro Salem (da lustri braccio destro di Piersilvio Berlusconi), Giorgio Restelli e Massimo Porta.
Un patto da un milione di euro non scritto, ma «suggellato da una stretta di mano», ha detto Presta a verbale. «In seguito» scrivono ancora i pm «per via di una asserita divergenza con Salem che avrebbe voluto trasmettere la produzione in prima serata, mentre Presta insisteva per la seconda, il documentario non sarebbe stato mandato in onda. Sarebbe stato comunque pagato, così come da accordi intervenuti». Presta, in effetti, dichiara di non «avere perso nemmeno un euro dalla produzione di Firenze secondo me».
Se in una mail agli atti del 10 ottobre sembra raccontare che è Presta a lamentarsi con Salem per «il venir meno dell’impegno assunto per l’acquisto del documentario», non è chiaro come mai l’agente litighi con i dirigenti di Berlusconi che volevano dare la massima visibilità all’opera.
La procura di Roma ha poi trovato traccia di un’altra lettera tra Mediaset e Arcobaleno Tre, che fa in effetti riferimento all’acquisto del documentario per soli 300 mila euro, ma che resterà comunque una promessa «non portata a termine». Anche un manager di RTI sentito in procura, Andrea Giudici, ha escluso che Mediaset abbia mai, per quanto a sua conoscenza, «proceduto all’acquisto».
Dunque, Presta non ha incassato un euro da nessun network tv. Da altre aziende dell’universo berlusconiano, invece, qualche denaro è arrivato. L’agente ha detto che l’esclusiva di “Firenze secondo me” «gli avrebbe procurato un contratto con Piemme», editore controllata dalla Mondadori, per pubblicare un libro dal titolo omonimo. Mentre i magistrati di Piazzale Clodio hanno scoperto che un contratto tra Renzi e Mondadori originato dal documentario esiste davvero. Ma pure che alla fine i 50 mila euro pattuiti sono stati poi riversati su un altro libro di Renzi, “Controcorrente”.
Un saggio su Firenze del politico però potrebbe finalmente uscire nel 2024. La Mondadori ha firmato un contratto con Renzi e Presta, che potrebbe recuperare finalmente qualche spiccio: 16.625 euro è la somma corrisposta sul contratto firmato ad ottobre 2021. Quest’anno, invece, la casa editrice di Berlusconi forse darà alle stampe “Almanacco”, sempre a firma Renzi, volume che dovrebbe richiamare un format televisivo “5 minuti”, già venduto nel 2018 dal politico a Presta. «In forza di tale contratto alla Arcobaleno è stata corrisposta, difformemente da quanto dichiarato da Presta nell’interrogatorio, la somma di 10 mila euro, e non 40 mila».
Scritture private
Torniamo al torrido luglio 2018. Il giorno prima di firmare il contratto per il documentario, Renzi sigla con Presta anche una scrittura privata da 200 mila euro, con cui trasferisce al sodale i diritti di due format tv da lui ideati: il già citato “5 minuti” e “Mr Interviste”, entrambi mai realizzati. Non si sa come mai Presta e Renzi decidano improvvisamente nello stesso giorno di firmare contratti su tanti lavori d’ingegno così diversi che sommati insieme arrivano proprio ai 700 mila euro del prestito ottenuto dall’allora segretario del Pd. Ma durante le perquisizioni gli investigatori trovano «un contratto avente pari data, medesimo oggetto, ma diverso importo di euro 500mila». Si tratta di una scrittura privata che secondo la commercialista di Presta sentita in procura sarà «poi superata», e tagliato ai 200mila euro suddetti.
La circostanza ha fatto ipotizzare a Piazzale Clodio che il compenso che Presta voleva investire su Renzi non fosse «parametrato al valore della prestazione artistica, bensì a un risultato economico complessivo che si voleva raggiungere; ottenuto il quale (attraverso altri contratti, ndr) si è optato per un compenso inferiore a quello preventivato».
Anche il contratto da 100 mila euro con cui l’ex premier cede a Presta «i diritti di sfruttamento economico di eventuali opere future d’ingegno del senatore» è del 30 luglio 2018. Come gli altri, presenta peculiarità non banali: se «per prassi» è l’artista che paga il suo agente, «nel contratto stipulato da Renzi con l’Arcobaleno Tre invece è quest’ultima che retribuisce il rappresentato».
Alla fine della fiera, i pm dicono che «dubbi» possono essere sollevati, che alcune affermazioni di Presta (come quelle sui soldi avuti da Mediaset) non sono state «confermate dalle indagini a riscontro», e che non si può dire con certezza se i progetti editoriali con Mondadori «siano o meno fumo negli occhi». Il «mero sospetto» è però irrilevante: piaccia o non piaccia, non essendoci prove decisive per sostenere a processo bisogna archiviare. Cartabia docet, e Renzi e Presta possono festeggiare.
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