Alla vigilia dei ballottaggi, nel silenzio pre-elettorale, la destra pugliese attacca il presidente della regione Michele Emiliano. C’è persino un esposto: il governatore avrebbe convocato «una riunione carbonara» con i primari della Asl di Lecce, non per parlare di sanità – è l’accusa – ma per indurli a votare il sindaco uscente Carlo Salvemini. Il quale nelle urne che aprono oggi, e chiudono domani alle 15, viene sfidato da Adriana Poli Bortone, la storica dirigente Msi, già ministra e due volte sindaca della capitale del Salento. Emiliano non replica. Ma i suoi spiegano che l’incontro non era con i primari ma con alcuni amici attivisti: e proprio gli aggettivi usati dalla destra («incontro segreto», «a porte chiuse», «carbonaro») provano che il silenzio non è stato violato: la legge vieta gli incontri pubblici. E quello non lo era.

Nervi a fior di pelle, dunque, nella destra pugliese: si aspetta di perdere rovinosamente a Bari, dopo tutto l’ambaradàm sollevato contro il sindaco uscente Decaro e lo stesso Emiliano. Dunque spera in Lecce, come premio di consolazione. Al primo turno Poli Bortone ha sfiorato la vittoria (49,9 per cento), Salvemini le è arrivato dietro ma vicino (46,7). E i secondi turni sono traditori per la destra: infatti vuole cancellarli.

Si parte da otto a cinque

Sono poco più di 100 i comuni al ballottaggio tra oggi e domani, di cui 14 capoluoghi di provincia: in cinque è avanti il centrosinistra (Verbania, Firenze, Avellino, Perugia, Bari), in nove la destra (Vercelli, Cremona, Vibo Valentia, Caltanissetta, Rovigo, Urbino, Lecce, Campobasso e Potenza). Al primo turno era finita dieci a cinque. La destra cerca la rimonta, o almeno il pareggio. La sinistra scommette su Firenze, Bari e Perugia, quest’ultima governata dalla destra da dieci anni. Il campo largo, dove non c’era (al primo turno c’era in 22 città su 27) si è ricomposto un po’ ovunque, anche se gli apparentamenti formali sono pochi (solo tre fra Pd e M5s, a Civitavecchia, Samarate e Monserrato). I risultati finali delle amministrative saranno, in qualche misura, il secondo atto delle europee, e in sostanza anche della sfida fra la premier Meloni e la leader delle opposizioni Schlein.

Il centrosinistra arriva al voto dopo due settimane di voti e mobilitazioni unitarie: alla camera contro l’autonomia differenziata, al senato contro il premierato, su cui è stata convocata martedì scorso una manifestazione a piazza Santi Apostoli: Iv e Azione non c’erano, ma poi Renzi e Calenda hanno fatto sapere che saranno nel fronte referendario del No.

Il Pd è ormai quasi alla mobilitazione permanente: dopo la piazza di martedì, venerdì una delegazione del partito è stata a piazza Vittorio a Roma, al fianco degli studenti che protestavano contro l’aggressione di due di loro da parte di militanti di CasaPound; ieri Elly Schlein era a Latina al presidio contro lo sfruttamento nei campi indetta dalla Flai Cgil dopo la morte di Satnam Singh, il giovane indiano morto dissanguato, scaricato dal suo “datore di lavoro” davanti casa, con il braccio tranciato in un cassetta di frutta. La segretaria è già stata altre volte in quella zona: nel settembre 2018 la comunità sikh le aveva consegnato una targa in segno di riconoscimento per il suo impegno contro il lavoro nero. In quegli stessi giorni Conte, con il suo ministro Salvini, dava alla luce il primo decreto immigrazione, poi modificato nel corso del suo secondo governo.

«Il Pd è tornato tra la gente»

Le notizie di cronaca e quelle di politica hanno infiammato e unito le opposizioni. E diviso le forze della maggioranza: che dopo il sì all’autonomia, devono fare i conti con il malumore di Forza Italia e dell’elettorato del Sud. Non sono condizioni ottimali per affrontare l’ultimo miglio delle amministrative.

A sinistra si aspettano i conti finali, dopo il balzo al 24 per cento del Pd e il tonfo al 10 dei Cinque stelle alle europee. I due partiti ormai si avviano all’alleanza. Anche se per prendersi una rivincita sul Pd, ma piccina picciò, Giuseppe Conte spera in Padre Pio. Venerdì il presidente M5s ha chiuso la campagna elettorale di San Giovanni Rotondo, nel foggiano – casa sua – per sostenere il candidato grillino, Filippo Barbano, che al primo turno è finito di cento voti avanti all’uscente dem Michele Crisetti.

La stessa sera Elly Schlein era invece a Bari a dare man forte a Vito Leccese, che al primo turno ha doppiato il Fdi Fabio Romito ma anche il civico-grillino Michele La Forgia. Però venerdì la segretaria ha voluto La Forgia sul palco. Un gesto generoso per chiudere lo scontro fra Pd e M5s partito proprio da Bari. Lì la destra ha chiesto lo scioglimento del comune, dopo le inchieste hanno toccato alcuni amministratori vicini a Decaro e Emiliano. Conte si è messo in scia: ha provato ad inchiodare il Pd – e la stessa Schlein – alla «questione morale». Schlein è andata a «metterci la faccia», e cioè a esprimere vicinanza alla città e ai militanti Pd, ma anche a dare un messaggio ai transfughi degli schieramenti con codazzo di voti opachi: «Dico a chi sta un po’ di qua e un po’ di là, che resti di là perché senza di loro si sta meglio». È stato il momento più complicato per la segretaria. Ma oggi al Nazareno la vicenda di Bari è considerata emblematica: Schlein non si è fatta inchiodare alla «questione morale», anzi ha vinto le europee sulla «questione sociale», a partire dalla sanità. Poi, dopo le 125 tappe europee, ha continuato a girare nelle città al voto. «Il Pd è tornato dove deve stare, tra la gente», ha spiegato. Dall’altra parte Meloni non si è fatta vedere né sentire, salvo un messaggio elettorale sui social: per la premier il momento è delicato, la trattativa sui top jobs europei è sul filo.

Firenze ma anche Perugia

Nel capoluogo toscano la candidata Sara Funaro parte dal 43 per cento contro il candidato della destra Eike Schmidt, arrivato al 32,86. Funaro ha incassato l’appoggio dei M5s e della candidata di Iv, Stefania Saccardi: il partitino di Renzi ha lasciato libertà di voto, ma per l’ex premier è fallito il tentativo di fare l’ago della bilancia fra i due schieramenti.

Nel capoluogo umbro Vittoria Ferdinandi è appoggiata da un campo larghissimo, e a sorpresa al primo turno ha sfiorato la vittoria, con il 49 per cento. La sfidante Margherita Scoccia ha preso il 48. Il loro sarà un risultato cruciale: a fine anno l’Umbria va al voto, per il centrosinistra riprendersi la città può riaccendere la speranza di riprendersi anche la regione.

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