Il documento approvato giovedì ha spaccato l’organo costituzionale e lo ha trasformato «in terza camera», «forzature di questa natura non erano state mai fatte». Brunetta replica: «Chi dirige oggi la Cgil vuole fare il leader politico? Faccia pure, ma giù le mani da noi». Alle 19 il sindacato convocato con altre 16 parti sociali a palazzo Chigi per ascoltare «l’esposizione» della manovra. Il segretario: «La Cgil ci sarà, ma non io».
Il Cnel del presidente Renato Brunetta si è «piegato alla logica della politica», «Forzature di questa natura non erano state mai fatte». Il segretario Cgil, Maurizio Landini, convoca una conferenza stampa alla sede di Corso d’Italia nel primo pomeriggio, senza molto preavviso. C’è una ragione, ma la si scopre dopo.
Al primo punto c’è il documento che boccia il salario minimo, approvato giovedì dal Cnel. E in particolare la rottura inedita dell’assemblea del Cnel, che di fronte agli emendamenti presentati da cinque esperti di nomina del Colle, non sceglie una strada condivisa ma procede a colpi di maggioranza.
Landini è tranchant: «Siamo in presenza di uno snaturamento del ruolo e della missione del Cnel. Anziché offrire, come suo compito, orientamenti, valutazioni e anche uno spettro di possibili proposte, chi dirige oggi il Cnel ha scelto di fare la terza camera. Piegando in questo modo il Cnel ad una logica politica, che è partita da una richiesta del governo, che anziché assumersi la responsabilità di dire quello che pensa e vuole fare, ha scaricato sul Cnel il suo ruolo».
La terza camera
La Cgil ha una lunga esperienza di rappresentanza in quell’«organo costituzionale» ed è convinta che scegliere di procedere nelle decisioni a strappi significa metterne «in discussione l’autonomia e l’autorevolezza di organo costituzionale».
Tanto più, aggiunge Landini, che pende un ricorso sulla nuova composizione dell’assemblea voluta dal governo Meloni, che ha dato rappresentanza a sindacati non rappresentativi – leggasi Ugl – e dimagrito quella dei confederali. Siamo all’inizio del mandato del presidente Brunetta: per Landini non è un buon inizio.
Ma la convocazione precipitosa dei cronisti nella sede nazionale nasce a sua volta da un’altra convocazione improvvisa, quella che la Cgil ha ricevuto poco prima da palazzo Chigi. Il governo invita le parti sociali alle 19 alla «esposizione» – il segretario legge dalla lettera ricevuta – della manovra che sarà varata nei prossimi giorno, forse già lunedì.
«La Cgil sarà presente», dice Landini, ma non con il suo segretario: «Un’ora e mezza per 17 associazioni» è una presa in giro. «Noi» conclude, «vogliamo far sapere che sappiamo quello che sta succedendo: non si vuole riconoscere il ruolo delle parti sociali».
Lo sciopero generale si avvicina
Prova ne è che alla richiesta di confronto che il sindacato ha avanzato nell’agosto scorso con lettera ufficiale, «non con la sola Cgil ma con tutte le parti sociali che stipulano contratti di lavoro», «sui salari e sulle pensioni, sulla legge della rappresentanza, sul salario minimo, e per un piano di assunzioni nel settore pubblico, per combattere la precarietà» «non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Invece è arrivato l’invito per andare ad ascoltare «l’esposizione» della nuova legge di bilancio.
C’è un filo che lega la vicenda del Cnel e l’incontro della sera, un’ora e mezza per 17 associazioni (calcolando mezz’ora di spiegazione della manovra da parte del governo, farebbe tre minuti e mezzo a ogni associazione), ed è la stessa logica del Cnel usato come «terza Camera»: «Noi stiamo difendendo il ruolo costituzionalmente definito delle parti sociali, non facciamo questa battaglia solo per la Cgil. Quello del Cnel non è un incidente. Non staremo né zitti né fermi».
Detto da lui ha un significato preciso: lo sciopero generale si avvicina. Mercoledì la Cgil convoca la sua assemblea e da lì probabilmente uscirà una proposta. Poi bisognerà capire che ne pensano Cisl e Uil. Della Cisl si sa già che non è propensa.
La replica di Brunetta
Si difende Brunetta, anzi contrattacca. La colpa del suo Cnel è che «invece di limitarsi a ratificare le tesi politiche di una minoranza, esercita compiutamente e democraticamente le funzioni sancite dal dettato costituzionale», dice.
Ma «è finito il tempo del “contrordine compagni”», l’organo da lui diretto voterà «se necessario, anche a maggioranza, come peraltro previsto fin dal 2011 dalla legge 936/1986». Poi un’allusione: «Che non sia invece proprio chi dirige oggi la Cgil a volersi fare leader politico? Faccia pure, ma giù le mani dal Cnel».
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