- Il caos nella gestione dell’addio di Nicola Lagioia alla guida del Salone del libro ha portato a uno stallo nella scelta del suo successore.
- La destra non ha saputo individuare un intellettuale d’area che avesse le carte in regola per prendere il suo posto, ma d’altra parte ha creato le condizioni perché il favorito inviso al governo, Paolo Giordano, rinunciasse alla corsa.
- Un allineamento dei pianeti che amplia le possibilità di Giuseppe Culicchia, finora outsider della gara, che guadagna velocemente consensi e può approfittare del fatto di essersi esposto di meno contro il governo.
La soluzione allo stallo nella scelta del nuovo direttore del Salone del libro ha l’immagine di Giuseppe Culicchia. Il nome dello scrittore, inizialmente considerato svantaggiato nella gara alla successione di Nicola Lagioia, acquista sempre più credibilità dopo che il favorito a prendere la guida della fiera, Paolo Giordano, ha scelto di farsi da parte.
Quello che per Culicchia è l’allineamento degli astri che attendeva, per città, regione e governo è un lungo travaglio che giorno dopo giorno mette più in difficoltà sia centrodestra che centrosinistra.
Per scegliere il nuovo direttore sono necessari sei voti su sette del Comitato direttivo del Salone, formato dai finanziatori della fiera e da membri pubblici che rappresentano comune di Torino e Regione Piemonte, nello specifico le due assessore alla Cultura Rosanna Purchia e Vittoria Poggio.
La competizione
La gara per il posto da 120mila euro l’anno più rimborso spese è stata bandita in autunno, nonostante l’addio di Lagioia fosse noto già da maggio: tra le varie candidature pervenute, la più quotata appariva quella di Paolo Giordano, l’autore de La solitudine dei numeri primi e Tasmania. Giordano aveva dalla sua il seguito consolidato anche fuori dal Piemonte e la giovane età, due caratteristiche che lo distinguono dal concorrente che si è subito delineato come suo principale avversario, Culicchia.
Classe 1965, lo scrittore torinese è diventato famoso con Tutti giù per terra nel 1994. Oltre a una lunga serie di romanzi, saggi e tradizioni, ha all’attivo anche una storica collaborazione con La Stampa e Tuttolibri nello specifico.
È stato direttore del Bookstock village, associato al Salone, dal 2007 al 2009. Sul profilo instagram, una citazione di George Orwell e un video della Mole illuminata per Natale. Un profilo perfetto per ambire all’incarico con una solida expertise alle spalle e riportare la direzione a Torino è casa mia.
Ma il suo nome, almeno in un primo momento, incontrava l’opposizione dei membri privati del comitato, che speravano in una figura con una notorietà di respiro più ampio, com’era Lagioia e come avrebbe potuto essere Giordano.
Comune e Regione non hanno prodotto, da parte loro, candidati di bandiera. Con il nome di Giordano che guadagnava peso di giorno in giorno, al ministero della Cultura si vedeva crescere il rischio che la questione sfuggisse di mano, e con lei l’aspirazione a imporre finalmente un’egemonia alternativa di destra.
Gennaro Sangiuliano non ha modo di intervenire direttamente sulla selezione del direttore. Ma ha altri canali per influenzare la scelta, come il Centro del libro, un ente che risponde direttamente al ministero, ma attualmente ha un presidente tutt’altro che organico al centrodestra, Marino Sinibaldi. O ancora, può utilizzare le indicazioni che può trasmettere attraverso gli uomini di partito. Come l’assessore regionale di FdI Maurizio Marrone, altro protagonista di questa vicenda e ufficiale di collegamento tra il quartier generale romano dei meloniani e il Piemonte, oltre che compagno di vita e di vita della sottosegretaria al ministero dell’Università Augusta Montaruli.
La mossa di FdI
Marrone a inizio anno aveva fatto un endorsement pubblico a Culicchia, presentandolo ufficialmente come il candidato di Fratelli d’Italia. Una presa di posizione che però non aveva definitivamente posto chiuso al nome di Giordano. Per raggiungere quell’obiettivo, c’è stato bisogno della minaccia di imporre tre consulenti all’interno di un comitato editoriale che avrebbe affiancato Giordano.
Mentre Lagioia si era potuto scegliere i suoi, dal ministero della Cultura erano arrivate indicazioni molto precise su quali nomi prendere in considerazione: Giordano Bruno Guerri, Alessandro Campi e Pietrangelo Buttafuoco. Una triade che Giordano si è rifiutato di lasciarsi imporre, arrivando a ritirare la candidatura. «Non ci sarebbe stata una piena libertà» ha detto.
Per sfatare anche l’ultimo dubbio, basta guardare all’ulteriore endorsement che Culicchia ha ricevuto da Bruno Guerri, per un periodo lui stesso nella rosa dei possibili nuovi direttori: interpellato da La stampa sul suo eventuale ruolo di consulente, lo storico ha cambiato discorso. Al Salone «ho sempre visto Culicchia, che dunque mi sembra un ottimo direttore».
Le speranze di Culicchia
Eppure, lo scrittore non è un intellettuale d’area. Di nessun’area, in realtà. Che la direzione sia la sua ambizione a Torino lo dicono in tanti, e c’è chi con malizia sospetta che l’uscita di scena di Giordano non gli dispiaccia affatto. Quel che è certo è che la sua strategia per diventare direttore è stata, almeno fin qui, più efficace di quella del suo avversario. Culicchia, a differenza di Giordano, che ha criticato duramente l’impostazione dell’esecutivo sulla scuola e i diritti civili, non ha preso posizione contro il governo Meloni.
Anzi, il suo ultimo libro, uscito poche settimane fa, sembra concretizzare alla perfezione il suo animo trasversale: La bambina che non doveva piangere racconta la storia di sua zia, Ada Tibaldi, figlia di un operaio fascista e madre di un brigatista, «un cuore tanto grande da amare entrambi», promette il lancio del romanzo.
In più, l’autore torinese ha potuto approfittare della mancanza di alternative della destra. Una volta esclusi candidati come Bruno Guerri, Buttafuoco e altri che sono stati brevemente discussi, il centrodestra si è trovato privo di un nome da contrapporre a quello di Giordano.
Il centrosinistra, da par sua, non è neanche entrato in partita, rinunciando a proporre un candidato ancora più lontano dalle idee di Sangiuliano per convergere poi su un direttore di compromesso, magari proprio quello di Giordano.
«Ma se alla fine si dovesse chiudere su Culicchia, in realtà, anche il centrosinistra porterebbe a casa una mezza vittoria e potrebbe dire di aver evitato anche di peggio. Ma sempre senza scontentare eccessivamente il governo» dice una fonte politica torinese. In fondo, sull’amministrazione dem di Stefano Lo Russo incombono altri dossier culturali per cui il sostegno del ministero è cruciale. Meglio averlo dalla propria parte.
Il tempo stringe, e pur di portare a casa la successione di Lagioia anche i soci privati stanno mettendo da parte i loro preconcetti nei confronti di Culicchia. Che preferisce non intervenire sulla vicenda.
Dopo il forfait di Giordano, la decisione è stata rinviata a giugno, mese in cui il centrodestra spera di poter archiviare quest’importante nomina culturale. In mancanza di una figura organica, almeno con una non organica al campo opposto.
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