Convocare una manifestazione in difesa dei valori occidentali fa sorgere una certa attesa su quali sarebbero questi valori da difendere. Sulla pagina web della Lega dettagli non ce ne sono. L’unica indicazione utile sta nello slogan: «In difesa dell’occidente, dei diritti, della sicurezza, della pace, delle libertà».

Notevole che si parli di libertà al plurale. «Le» libertà invece de «la» libertà è un approdo di civiltà giuridica relativamente recente, che tiene in sé tante cose. Sarebbe interessante capire quanto consapevolmente sia stato adottato quel plurale.

Perché qualche dubbio su quali siano i valori occidentali che Salvini vuole difendere viene legittimo, visto che fino a due giorni prima (ma anche due giorni dopo, forse) del 24 febbraio 2022, i valori che al vicepremier stavano a cuore sembravano piuttosto quelli di Vladimir Putin e della «sfida russa al mondialismo». Altro che occidente.

Difficile credere che Salvini abbia in mente la laicità dello stato, e neanche, figuriamoci, il riconoscimento più ampio possibile dei diritti civili. Difficile pure che si pensi alla democrazia: il concetto è troppo alto perché serva a recuperare consensi elettorali laddove la Lega li ha persi negli ultimi anni. E se una cosa è chiara, è questa: che la manifestazione del 4 novembre serve a recuperare, in un disperato tentativo, parte di quei consensi.

Ma vuoi vedere, allora, che quando parla dei valori occidentali Salvini ha in mente il cristianesimo? Quello sì che può parlare alla pancia dell’elettorato. Quello sì che fa stare il “capitano” e i suoi a proprio agio, nella comfort zone della dialettica amico-nemico, dove il nemico è chiaramente l’islam. Un bel rosario in pugno, e via.

Se però è così, questa volta il leader della Lega ha più problemi del solito. E non solo perché nel conflitto c’è una parte che parla ormai apertamente di «vendetta», mentre la dottrina cattolica ha sempre ritenuto che sia illecita qualsiasi sproporzione tra l’offesa e la difesa. E qui ormai è difficile dire che la proporzione ci sia.

Ma soprattutto perché quel rosario che Salvini ha già sbandierato in pubblico e che speriamo non torni a sbandierare ce l’avevano in mano anche tanti bambini, uomini e donne di Gaza, morti sotto i colpi non dell’islam, ma dell’altra parte – quella con cui, almeno pare, Salvini intende solidarizzare.

Amico-nemico

Forse il vicepremier dovrebbe fare un pellegrinaggio in Terrasanta, quando si potrà. Dovrebbe andare a Betlemme, in territorio palestinese; per andarci, dovrà passare al check-point; in maggioranza son musulmani, ma troverà una bellissima comunità cristiana: tutti palestinesi, arabi.

Poi potrà salire verso nord, a Nazareth. Quello è territorio dello stato d’Israele, non come Betlemme, ma è a oggi il centro cittadino d’Israele con la più alta concentrazione di arabi palestinesi. Anche lì, a pregare il rosario la sera nella basilica dell’Annunciazione troverà una importante comunità cristiana, molto vivace: parlano tutti arabo, sono tutti palestinesi.

E poi, visto che si trova lì, può visitare anche la parrocchia di Gaza, dove, da quando è iniziata la rappresaglia di Israele, il rosario lo pregano ogni giorno, in arabo, anche in suffragio delle diciotto vittime che finora hanno avuto.

In una cornice così, l’usurata logica binaria amico-nemico, dove l’amico siamo noi cristiani (e a questi ci associamo gli ebrei) e il nemico sono i musulmani, non regge, perché sotto le bombe di chi chiamiamo amico ci muore o ci soffre gente che ha in mano lo stesso rosario di Salvini.

Così forse il vicepremier scoprirà che la realtà è più complessa delle sue banalizzazioni a uso elettorale. E che di tutto abbiamo bisogno, in questo momento, tranne che di queste polarizzazioni e ideologizzazioni. Né, d’altra parte, servirà questo a recuperare consensi elettorali della Lega; gli unici che ci guadagnano da un’operazione del genere sono quelli di Hamas, cui la bandiera di una guerra di religione farebbe molto comodo. Meglio allora togliergliela di mano, questa bandiera.

«Gerusalemme ci sveglia. O meglio, Dio ci sveglia attraverso Gerusalemme. La sfida che Dio lancia ai credenti e non credenti va oltre ciò che essi immaginano. Dio non dice: “Ascoltatemi!”, ma grida “Ascoltatevi!”» (Eric-Emmanuel Schmitt, La sfida di Gerusalemme). Se Salvini ha davvero a cuore i valori occidentali, e i valori cristiani, si preoccupi piuttosto di far eco a questo grido.

© Riproduzione riservata