Quando Salvini era ministro ai tavoli europei mandava lui. Il sottosegretario morbido con CasaPound porta avanti battaglie contro le moschee e si dice contro «il buonismo filo immigrazionista». Sul fronte sicurezza rilancia la proposta dell’uso della pistola elettrica da parte delle forze dell’ordine con l’appoggio del leader della Lega
- Avvocato di Cantù, Molteni rivendica i decreti che hanno smantellato il sistema di accoglienza dei migranti e hanno previsto multe milionarie per le Ong che salvano i migranti in mare.
- Quando Salvini era ministro ai tavoli europei mandava lui: «Ci va Nicola Molteni, che è più bravo di me». Morbido con CasaPound, porta avanti battaglie contro le moschee e si dice contro «il buonismo filo immigrazionista».
- Sul fronte sicurezza rilancia la proposta dell’uso della pistola elettrica da parte delle forze dell’ordine con l’appoggio di Salvini che definisce la proposta «un dossier aperto».
Matteo Salvini lo aveva detto davanti all’aula bunker del tribunale di Catania, dove si stanno svolgendo le udienze preliminari del caso Gregoretti, che lo vede accusato di aver sequestrato 131 migranti: «Torneremo al ministero dell’Interno». Cinque giorni dopo è arrivata la nomina a sottosegretario di Nicola Molteni, l’uomo più in linea con l’ex ministro Salvini che lui, il leader dei porti chiusi, poteva sponsorizzare.
Molteni, responsabile immigrazione della Lega, sottosegretario quando c’era Salvini all’Interno, padrino dei decreti sicurezza – quelli su cui il presidente Mattarella aveva espresso rilevanti perplessità –, morbido con i neofascisti di CasaPound, infine leghista appassionato che fino a pochi mesi fa accusava Luciana Lamorgese con un video selfie di aver firmato «il decreto invasione», è pronto rientrare al Viminale.
Sempre sul pezzo
Il deputato di Cantù, avvocato, nato nel 1976, si è laureato in legge a Como con una tesi sul titolo V, che regola il rapporto tra stato e regioni. Sin dal suo esordio in parlamento nel 2008 ha fatto parte della commissione Giustizia e occupato ruoli di rilievo, da tesoriere a vice capogruppo. Da deputato difendeva strenuamente i valori in cui credeva: «Contrasto all'accattonaggio molesto e insistente, stop all'abusivismo illegale e al degrado. Sono queste le priorità! Non ci sarà nessun passo indietro, nessun tentennamento, nessuna cessione ai professionisti del falso buonismo filo immigrazionista ipocrita e peloso» diceva riferendosi a un’ordinanza anti clochard a Como.
Quando la Lega è arrivata al governo ha messo a frutto il suo curriculum. Salvini, quando veniva provocatoriamente attaccato perché evitava i tavoli europei nonostante fosse ministro, rispondeva: «Ci va Nicola Molteni, che è più bravo di me». Prima che partisse il governo gialloverde, Molteni faceva parte del team leghista per il contratto di governo, subito dopo ha raggiunto il posto che gli spettava a fianco del leader da sottosegretario. Due mesi dopo, già il 10 settembre, si vantava della riduzione dei permessi per motivi umanitari: «La grande novità – diceva al Messaggero - è che i permessi di soggiorno per motivi di protezione umanitaria, forma di tutela residuale e straordinaria, prima della circolare di Salvini erano il 28 per cento, adesso sono scesi al 19. Era diventato uno strumento diffuso per concedere di rimanere nel nostro paese». A lui erano state affidate le deleghe alla pubblica sicurezza e alle libertà civili e immigrazione.
Le sue priorità le ha messe da subito in chiaro. Lo sgombero della sede di CasaPound, ad esempio, non lo era: «La priorità - replicava nel 2019 – va agli immobili pericolanti, quelli sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e quelli con infiltrazioni della criminalità organizzata», contestava invece «la gestione dei rom» nella Capitale. Ma il suo tema principale sono sempre stati i migranti. Il 24 maggio del 2019 era pienamente operativo e portava il suo sostegno al governatore leghista Massimiliano Fedriga riguardo la cosiddetta rotta balcanica.
«Finalmente si sono fatti vedere sul confine di Trieste - registrava con soddisfazione Francesco Clun di CasaPound - per bloccare le migliaia di immigrati in marcia lungo la rotta balcanica». Per CasaPound non era abbastanza, ma Molteni non ha mai smesso di impegnarsi. Lui, infatti, il sottosegretario che ha seguito personalmente i decreti sicurezza che hanno smantellato il sistema di accoglienza e osteggiato le operazioni di salvataggio in mare delle Ong, prevedendo tra le altre cose l’arresto per i comandanti delle navi e multe milionarie, diceva fino a poche settimane fa: «Li rivendico, li rivendico con orgoglio».
A fine 2019 la sua esperienza di governo è finita con la rottura dell’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega, ma Molteni non ha smesso di tenersi al passo, augurandosi la «distruzione dei barconi delle Ong» e respingimenti al confine sloveno, con uno sguardo che va dalla politica internazionale all’integrazione, come dimostra una delle sue battaglie sui social: lo stop a una moschea a Cantù.
Il futuro
Dall’Immigrazione al Fondo per gli edifici di culto, chissà a quale delega starà pensando la ministra Lamorgese per lui. E d’altronde Molteni ha continuato a occuparsi di sicurezza su più fronti. «È urgente dotare del Taser anche la Polizia penitenziaria. Nel primo Decreto Salvini che la sinistra vuole smantellare avevamo previsto l'uso della pistola a impulsi elettrici anche per la Polizia locale, oltre che per Polizia di Stato e Carabinieri. Il Taser è uno strumento di difesa e non di offesa» diceva ancora a settembre.
E Salvini, nel festeggiare per aver ottenuto ben nove sottosegretari, ha già fatto sapere che la Lega vuole rilanciare la proposta: «Daremo anche al Viminale il nostro contributo di idee, sono contento che da oggi un uomo di legge, come l'avvocato Molteni, torni al ministero, perché ci sono dei dossier che avevamo lasciato sul tavolo, come quello sul Taser, la pistola elettrica, di cui non si ha più notizia, una cosa che servirebbe non solo alle forze dell'ordine, ma al sistema Italia».
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