- «Non imporremo ma proporremo i nomi nelle prossime ore, ma non ci sarà quello di Casini, perchè non è di centrodestra», dice leader della Lega, Matteo Salvini, dopo l’incontro con i suoi grandi elettori.
- Poi aggiunge: «Togliere Mario Draghi da palazzo Chigi sarebbe pericoloso». Sempre sul filo dell’ambiguità, la sua posizione rimane sospesa come sospeso è anche il centrodestra.
- Ma l’unico modo per raddrizzare la partita del Quirinale dopo il lungo stallo causato da Berlusconi, con qualche speranza di non far finire anticipatamente la legislatura sarebbe lavorare per una convergenza su premier.
«Non imporremo ma proporremo i nomi nelle prossime ore, ma non ci sarà quello di Pierferdinando Casini, perchè non è di centrodestra», è questa la posizione del leader della Lega, Matteo Salvini, dopo l’incontro con i suoi grandi elettori. Poi aggiunge: «Togliere Mario Draghi da palazzo Chigi sarebbe pericoloso». Sempre sul filo dell’ambiguità, la sua posizione rimane sospesa come sospeso è anche il centrodestra, in attesa di fare sintesi dopo il ritiro di Berlusconi. Il tempo, però, stringe. Salvini alla prova della regia nel centrodestra sa di non poter fallire: deve portare una rosa di nomi.
Nonostante le dichiarazioni, continua a circolare nell’entourage della Lega la sensazione che un modo per raddrizzare la partita del Quirinale dopo il lungo stallo causato da Silvio Berlusconi, con qualche speranza di non far terminare anticipatamente la legislatura, sia di lavorare anche per valutare per una convergenza sul nome di Draghi.
In ogni caso, Salvini è rassegnato a che la partita sarà lunga, almeno fino alla quarta votazione quando il quorum scende alla maggioranza assoluta. Prima, è imperativo ricompattare il centrodestra su una lista di nomi comuni da proporre al centrosinistra. Le ipotesi non mancano: da Marcello Pera a Elisabetta Casellati, da Franco Frattini a Letizia Moratti fino a Gianni Letta.
Non solo per il Colle, però: Salvini sarebbe preoccupato anche per se stesso: se sbaglia, il rischio è che a implodere sia il centrodestra, quindi il governo e dunque anche le possibilità della Lega di gestire la riforma elettorale.
Per questo Draghi rimane un’opzione: rimetterebbe in gioco dei posti al governo, da cui la Lega non ha alcuna intenzione di uscire. Capire se ci sia il margine per eleggerlo prevede un percorso lungo e non agevole. Un passo per volta, quindi: prima Salvini farà una non facile sintesi sul centrodestra, poi allargherà, tenendo però aperto anche un piano B con nomi d’area di bandiera. Ma sarà una rincorsa, fino agli ultimi minuti prima dell’inizio del voto.
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