Il leader della Lega ha scelto una posizione defilata in questi giorni. Nessun commento sulla crisi di nervi al ministero della Cultura, ha lasciato tutti i problemi in spalla alla premier e ha preferito fare campagna elettorale in Liguria
In questi giorni di toni urlati, crisi di nervi al ministero della Cultura e scontro con le toghe, una voce non si è sentita. Il leader della Lega, Matteo Salvini, solitamente fuoriclasse nel gioco d’attacco, ha scelto la tattica e ha lasciato Fratelli d’Italia a incassare i colpi e a gestire gli inciampi del neo ministro Alessandro Giuli.
Lui, invece, ha preferito arrivare prima in Liguria – regione del suo sottosegretario e uomo di fiducia Edoardo Rixi – per tirare la volata al sindaco di Genova Marco Bucci: secondo i pronostici la sfida è ancora aperta e anche con qualche chance di vittoria per il centrodestra, nonostante il caso Toti.
Sarà sul palco con Antonio Tajani e Giorgia Meloni per il comizio conclusivo, ma ha preferito prendersi una giornata di tour in più, cominciando con Savona per poi arrivare a Genova e chiudere la campagna elettorale con i candidati leghisti. Del resto, anche dal risultato di queste regionali al nord passa lo stato di salute della Lega: alle politiche del 2022 aveva sfiorato il 10 per cento, lasciando indietro di tre punti Forza Italia. Ora, però, ogni sfida anche territoriale è fondamentale negli equilibri di maggioranza che gli azzurri vorrebbero ridisegnare, in forza del sorpasso alle Europee.
La scelta è stata quella di lanciare un mini-tour nell’entroterra ligure, in cui il ministro dei Trasporti ha parlato di «moltiplicare gli sforzi per garantire i servizi e migliorare i collegamenti» e ha magnificato i due anni di governo: «Mai come negli ultimi anni la Liguria ha ricevuto attenzione e finanziamenti: dal decreto per la ricostruzione del ponte Morandi alle tante grandi opere avviate. Tutto questo è merito della Lega e del centrodestra».
Risultato: la strategia è quella di defilarsi, avvantaggiandosi nel lasciare Meloni alle prese con i guai interni e che dalla Lega vengono considerati «problemi di Fratelli d’Italia». Dunque questioni su cui la premier dovrà mettere la faccia in prima persona, dal pasticcio al ministero della Cultura a quello delle leggi sul trattenimento dei migranti in Albania.
Anche questa seconda partita, che era certamente nelle corde politiche di Salvini, è stata affrontata dal vicepremier con battute salate in direzione dei giudici e poi messa da parte. Meglio concentrarsi sulle proprie battaglie identitarie, mentre quella dei cpr nell’Albania di Edi Rama è certamente il terreno su cui Giorgia Meloni ha investito la sua credibilità personale.
Open Arms
Per questo, allora, la Lega ha deciso di tornare sul caso Open Arms, legandolo al clima di conflitto tra politica e toghe rinfocolato in questi giorni.
La novità comunicata dall’ufficio stampa di via Bellerio: «I legali che assistono Matteo Salvini nel processo Open Arms, a partire dall’avvocato Giulia Bongiorno, sono oggetto di gravi minacce che hanno subito una moltiplicazione preoccupante dopo l’ultima udienza di Palermo». Ad avvelenare il clima e mettere in pericolo gli avvocati del Capitano, «alcuni commentatori di rilevanti giornali italiani» e «la crescente tensione» «quotidianamente alimentata dagli interventi dell’Anm».
Salvini, che ha scelto per sé l’immagine del martire con lo slogan “colpevole di aver difeso l’Italia”, in un video su Instagram ha ricordato che «io non scappo, non mi pento, non patteggio, non chiedo immunità. Vado a testa alta in quel tribunale». Poi da Savona, in riferimento alle polemiche di questi giorni, ha ribadito che «se qualche giudice vuole fare politica, allora si candidi con Rifondazione comunista, dicendo che i confini e le leggi non esistono».
La certezza, però, è che in questo momento così delicato per il governo l’approccio del leader leghista sia quello di rimanere alla finestra mentre la premier si barcamena nella tempesta. Una sorta di contrappasso, viene fatto capire da fonti interne, vista la volontà accentratrice di Meloni, a partire dalla legge di Bilancio.
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