«Daniela Santanchè presidente del Consiglio? E perché no, se lo ha fatto Monti...». Correva l’anno 2013, mese di gennaio, e un pimpante Ignazio La Russa rispondeva così a una domanda dell’intervistatore Klaus Davi. «Le ho dato delle chance che ha saputo sfruttare», disse il futuro presidente del Senato chiamato a commentare la carriera politica della sua amica. Affermazioni tra il serio e il faceto che però adesso tornano utili per comprendere quanto sia impenetrabile lo scudo dietro cui Santanchè ha scelto di ripararsi in questi giorni per lei complicatissimi.

La Russa, erede di una dinastia di avvocati e di neofascisti, da sempre capo riconosciuto in Lombardia delle truppe di Alleanza nazionale e poi di Fratelli d’Italia, è un peso massimo di cui Giorgia Meloni non può fare a meno, almeno per ora. In gioco ci sono gli equilibri interni del partito in Lombardia, dove è ancora apertissima la sfida con gli alleati. L’ascesa di Meloni ha indebolito Forza Italia e la Lega, da decenni azionisti di maggioranza del centrodestra nella regione più ricca del paese.

Caccia alle poltrone

Grazie al successo delle elezioni regionali del 2023 (dal 3,6 al 25,2 per ceto dei voti), Fratelli d’Italia può contare sul gruppo più numeroso di consiglieri all’assemblea regionale e un esercito di manager e burocrati, saliti in gran fretta sul carro del vincitore, scalpita in cerca di poltrone.

Esemplare è la vicenda del rinnovo dei vertici di Trenord, società di trasporti tradizionale riserva di caccia di Lega e Forza Italia. Qui alla fine l’ha spuntata Andrea Severini, manager sponsorizzato da Fratelli d’Italia. La nomina risulta però in stand by, anche in attesa che si sblocchi l’annunciato rinnovo dei vertici di Trenitalia, azionista al 50 per cento di Trenord insieme alla regione Lombardia.

A Fratelli d’Italia è andata meglio nel giro di poltrone nella sanità, che l’anno scorso ha premiato molti fedelissimi dei La Russa. A presidiare la regione infatti c’è Romano, fratello minore di Ignazio, assessore alla Sicurezza nella giunta di Attilio Fontana, nonché protagonista di intemperanze e ripetuti scontri verbali in aula con l’opposizione.

Grazie al traino del governo, il partito meloniano conta di allargarsi ancora, anche se in Lombardia difficilmente andrà in scena una replica del confronto in atto nel vicino Veneto con la richiesta del candidato presidente per le prossime elezioni locali. Apertissima è invece la corsa a sindaco del capoluogo, e La Russa ha già fatto capire di voler spendere per intero il capitale politico accumulato in questi ultimi anni. Un capitale che per adesso basta e avanza per organizzare la difesa di Daniela, l’amica di sempre.

«Chissenefrega»

Così, se dentro il partito si alzano i toni di chi le chiede di abbandonare la poltrona di ministro, Santanchè può permettersi di rispondere «chissenefrega», come ha fatto lunedì in alcune interviste ieri goffamente smentite.

La linea, per il momento, sembra ancora quella della resistenza a oltranza. Intanto, il muro eretto dalla ministra sta per essere messo di nuovo alla prova da una nuova sentenza. La Cassazione, infatti, si pronuncerà mercoledì 29 gennaio sul conflitto di competenze nel procedimento contro Santanchè e altri amministratori per una presunta truffa allo Stato sulla cassa integrazione Covid incassata da Visibilia mentre i dipendenti erano regolarmente al lavoro.

Risale a soli dieci giorni fa l’altra tegola, quella del rinvio a giudizio per i bilanci falsi, secondo l’accusa, della stessa Visibilia. Adesso invece i magistrati della Suprema corte sono chiamati a decidere se il procedimento deve proseguire a Milano, oppure se gli atti dovranno essere trasmessi a Roma, come chiede la difesa della senatrice di FdI argomentando che il primo pagamento a uno dei lavoratori è stato fatto su un conto bancario aperto nella capitale.

La procura ipotizza invece una condotta continuata su tutti i dipendenti, con un ultimo versamento a Milano. Se questa ricostruzione verrà smentita dalla Cassazione e il processo volerà via dal capoluogo lombardo, la ministra come minimo guadagnerà tempo prezioso, visto che l’inchiesta dovrà ricominciare. In caso contrario, il prossimo venti marzo, l’indagata eccellente dovrà affrontare le ricadute di un nuovo possibile rinvio a giudizio e, in ogni caso, non potrà fare altro che continuare a giocare l’unica carta che le rimane, una carta che si chiama La Russa.

Negli ultimi trent’anni, Santanchè, nata politicamente in Alleanza nazionale, si è permessa di cambiare più volte casacca, entrando e uscendo dalle file dei berlusconiani, ma il suo complicato itinerario politico non ha mai messo in discussione il rapporto d’amicizia con il suo pigmalione. Un’intesa in apparenza inossidabile che di recente è passata anche da un affare come quello siglato giusto due anni fa che ruota attorno a una villa a Forte dei Marmi acquistata dall’inedita copia composta da Dimitri Kunz, il compagno della ministra, e Laura De Cicco, moglie del presidente del Senato.

Politica & affari

La proprietà dell’immobile, come a suo tempo rivelato da Domani, è stata poi girata all’imprenditore Antonio Rapisarda con un guadagno di un milione di euro per i due venditori realizzato nell’arco di meno di un’ora, il tempo trascorso tra la firma del contratto d’acquisto e la successiva cessione siglata a gennaio del 2023. Tempo pochi mesi e Visibilia sull’orlo del dissestò trovò un nuovo azionista a sorpresa spuntato dal mazzo degli imprenditori vicini alla famiglia La Russa.

La scalata di Luca Ruffino si è conclusa tragicamente con il suicidio del socio di controllo della società finita nel mirino della procura di Milano. In mezzo al guado è rimasta la ministra, che ora non può fare altro che continuare a nuotare, aggrappata al salvagente lanciato dall’amico Ignazio.

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