Il giorno dopo gli attacchi ricevuti sul palco alla presentazione del libro dell’ex ministro Speranza, la segretaria del Pd sbotta: «Se qualcuno pensa di insultare il Pd anziché attaccare il governo, sta sbagliando strada»
Campo largo o campo morto? La battuta rimbalza per il palazzo dopo che Elly Schlein rompe una volta per tutte con Giuseppe Conte. La segretaria dem ha impiegato quasi 24 ore a formulare una risposta al presidente del Movimento con cui, solo martedì pomeriggio, aveva condiviso il palco della presentazione del libro di Roberto Speranza. I sorrisi erano già stirati e il clima gelido, dopo lo scontro sul sit-in di fronte alla Rai del giorno precedente. Ma la rottura che si è appena consumata difficilmente sarà sanata prima di luglio, dopo le elezioni europee in cui, grazie al sistema proporzionale, ognuno correrà per sé.
Eppure, in mattinata, Schlein aveva detto di essere in una fase “zen”. Un relax durato evidentemente molto poco. La segretaria ha rialzato la testa dopo una giornata in cui i riformisti avevano manifestato apertamente il malessere procurato dagli attacchi di Conte.
Ma la sua pazienza sembra finita: «Non siamo disponibili a subire attacchi e mistificazioni. Se qualcuno pensa di attaccare o insultare il Pd anziché attaccare il governo, sta sbagliando strada». Resta solo un piccolo spiraglio per la collaborazione: «Non si fa politica guardando nello specchietto retrovisore, abbiamo le nostre differenze ma abbiamo anche la responsabilità di lavorare nella maniera più unitaria possibile».
Schlein coglie anche l’occasione per tornare sul servizio pubblico e sulla protesta che Conte diserterà: «Evidentemente non sentono come noi il problema e l’urgenza di intervenire rispetto all’uso propagandistico che questo governo sta facendo della pubblica informazione». E rilancia sottoscrivendo la lettera di Alleanza verdi sinistra che invita le opposizioni a uno sforzo comune per difendere la libertà di stampa.
La fine della fase zen
Nel partito tirano un sospiro di sollievo. Conte la sera precedente aveva passato il segno per una parte consistente del Pd: l’ex premier ha attaccato il partito sulla guerra e la transizione ecologica definendolo «bellicista» e pronto a rimangiarsi i suoi impegni ambientalisti per realizzare un termovalorizzatore nel Lazio. E poi, i distinguo sui territori dove «ci sono ostacoli» all’alleanza, e le distanze dal Pd di un partito che «non sa gestire il potere». A differenza dei dem, abituati a occupare poltrone, era il senso.
Il primo a sbottare in mattinata è stato Lorenzo Guerini, leader della minoranza riformista e presidente del Copasir: «Quando Conte parla di Pd bellicista non capisco di cosa stia parlando. Allora vorrei provare a essere chiaro io: se fossi stato presente all’iniziativa gli avrei risposto, pacatamente, che il Pd è stato ed è dalla parte della difesa della libertà e della sovranità dell’Ucraina, dalla parte del diritto internazionale. Senza esitazioni o ambiguità».
A seguire una serie di esponenti riformisti che si espongono per chiedere alla segretaria uno scatto d’orgoglio. Anche Piero De Luca, deputato della commissione Politiche Ue, rivendica l’impegno dei dem sull’Ucraina: «Siamo orgogliosi di aver contribuito ad adottare a livello europeo misure senza precedenti, di sanzione al regime di Putin per aver riportato carri armati e bombe ai confini dell’Europa, così come di sostegno con tutte le forme di assistenza necessarie al popolo e alle istituzioni ucraine. Se non avessimo operato in questa direzione oggi l’Ucraina non esisterebbe più come Stato sovrano e sarebbe in pericolo tutta l’Europa».
Non si tira indietro neanche Alessandro Alfieri, responsabile Esteri della segreteria: «Noi siamo gente paziente ma quando si passa il segno e si fa del Pd una caricatura che sia il Pd che è per “l’accoglienza indiscriminata” dei migranti o il Pd bellicista, penso che si debba rispondere a tono per tutelare la propria comunità e la coerenza e l’equilibrio delle posizioni che abbiamo adottato».
Tra i riformisti rimane forte il senso di responsabilità e tutti sono consapevoli che con l’avvicinarsi delle europee il M5s tornerà a toni sempre più populisti, ma nessuno vuole ingabbiarsi in un meccanismo stop and go come quello in cui è costretto Fratelli d’Italia, che da mesi sta subendo gli umori della Lega.
Nel pomeriggio Andrea Orlando allarga lo scontento anche alla sinistra del partito: «Conte ha una memoria selettiva e non ricorda che il primo invio di armi fu votato da tutto il governo nel quale sedevano anche ministri Cinque stelle».
Lo seguiranno anche i fedelissimi della segretaria Peppe Provenzano e Marco Furfaro. Interviene dall’Europa anche la vicepresidente del parlamento Ue, Pina Picierno: «Sui territori pongono sempre delle questioni pregiudiziali sui candidati del Pd, in Europa pesa la loro mancanza di politica estera e oscillano tra posizioni contraddittorie certificate in diretta tv. Senza una posizione comune su queste questioni fondamentali, al di là delle intenzioni, come si può pensare a un’alleanza? Per adesso vedo soltanto la volontà di sottrarre consensi al Pd». La speranza, nei gruppi dem, è che Schlein sia riuscita a fermare l’emorragia.
© Riproduzione riservata