- Allo sconfitto non arriva la proposta di fare il presidente, la segretaria teme la “diarchia” e chiede rinnovamento anche alla minoranza. In pole Picierno e Nardella. Serracchiani potrebbe restare alla presidenza della Camera.
- Bonaccini se è deluso dissimula con eleganza: «A me quello che interessava oggi, è che vogliamo provare davvero a dare unità a questo Pd. Sento la responsabilità di difendere le idee che ho portato avanti. Ma ho il dovere morale di evitare una spaccatura».
- Ipotesi di presidenza di Pina Picierno, che era in ticket con Bonaccini, e che sarebbe un dito nell’occhio al campano Vincenzo De Luca. Altro nome papabile quello Graziano Delrio.
Un primo confronto c’è stato, è durato un’ora e mezzo, la reciproca promessa di tenere il partito unito è stata pronunciata. Del resto era stata già giurata prima delle primarie. Ma Elly Schlein non ha ancora formulato proposte precise sulla sua idea del «come» tenere il partito unito e quale ruolo offrire (e riconoscere) all’ex sfidante Stefano Bonaccini, il più votato nel congresso dei circoli, in pratica scelto dai tesserati come segretario, e ai dirigenti che lo hanno sostenuto.
L’incontro avviene in un giorno amaro, quello in cui il Pd romano e nazionale piomba improvvisamente nell’incredulità e nello sbigottimento per la morte di Bruno Astorre in senato. Un fatto enorme, i siti parlano di suicidio, la magistratura apre un fascicolo (ma è un atto dovuto) e chi può dirigenti, militanti – si raduna fuori dalla porta di Palazzo Cenci-Maccarani, dov’era il suo studio.
Astorre, il più autorevole esponente di Areadem nel Lazio, è stato un formidabile combattente per la fortunata corsa della deputata, votatissima in questa regione.È a lui che la segretaria dedica le prime parole quando esce dalla sede della federazione bolognese del Pd di via Andreini, dove i due si erano dati appuntamento nel pomeriggio, dopo aver tentato inutilmente di seminare i cronisti: «Oggi è un giorno di dolore per tutta la comunità democratica, la morte del senatore Astorre ci ha sconvolti».
Uniti ma come
L’illusione che l’appuntamento resti segreto svanisce all’alba. E comunque il tema sul tavolo, l’unità del partito, è troppo delicato e incandescente per non dare qualche segnale rassicurante. Con Stefano, dice la segretaria all’uscita del match, «ci siamo trovati nella necessità di assicurare la massima unitarietà all’avvio di questa fase nuova per il Pd», il confronto «proseguirà in questi giorni». Si capisce subito che ancora una quadra non è stata trovata. A Bonaccini non è arrivata la proposta di fare il presidente, quella che i riformisti considerano il più chiaro riconoscimento della propria forza dentro il partito. È lei a rispondere ai giornalisti: «Forme e modi li vedremo insieme».
Bonaccini, che se è deluso dissimula con eleganza, fa qualche variazione sullo stesso spartito: «A me quello che interessava oggi, e sono molto soddisfatto, è che vogliamo provare davvero a dare unità a questo Pd. Le magliette che abbiamo indossato vanno tolte e adesso c’è una sola maglietta, quella del Pd». Ma per scendere dalla teoria alla prassi «torneremo a incontrarci e a valutare».
In concreto, oltre all’imperativo di non strappare, c’è che Schlein e i suoi vorrebbero dare un «segnale di rinnovamento» anche dalla postazione della presidenza. E forse vorrebbero evitare il rischio di una diarchia: sulla carta il presidente è una figura poco più che formale, ma nella storia del Pd ci sono stati presidenti – Prodi, Bindi, Gentiloni, Orfini – che hanno avuto una grande autorevolezza, e si sono guadagnati un ruolo politico.
Meglio sarebbe, per Schlein, che i riformisti accettassero una delle due vicesegreterie. Bonaccini, dovrebbe fare il suo secondo, a parti inverse rispetto ai ruoli che hanno ricoperto nella regione Emilia-Romagna. Un gesto simbolico, che piacerebbe alla segretaria. Ma c’è anche l’ipotesi della presidenza di Pina Picierno, che era in ticket con Bonaccini, e che sarebbe un dito nell’occhio al campano Vincenzo De Luca. Altro nome papabile quello di Graziano Delrio e del sindaco di Firenze Stefano Nardella.
A cascata, ci sono gli altri ruoli: le tre presidenze dei gruppi. Le due capogruppo di camera e senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, hanno offerto le loro dimissioni. Non ancora Brando Benifei, capodelegazione a Bruxelles, ma arriveranno la prossima settimana, e al suo posto già si parla di Camilla Laureti, eurodeputata pro-Schlein. I numeri sono tutti per Bonaccini. Il che consiglia la neosegretaria alla cautela. E invece l’ipotesi che circola è che Serracchiani resti al suo posto e a guidare i senatori sia Francesco Boccia, considerato però dai riformisti troppo «divisivo». Il tetris è di cristallo: neanche nell’assemblea nazionale la segretaria ha una maggioranza sicura. Ai 600 delegati eletti dai gazebo, vanno aggiunti i membri di diritto. L’appuntamento per il 12 marzo sarà il primo banco di prova di unità, e dello stile di conduzione Schlein.
Ma di tutto questo non si è parlato, o non più che in forma di indicazioni generali. Bonaccini non sarà oggi a Firenze, alla manifestazione contro il pestaggio squadrista di uno studente, «ho degli impegni istituzionali, ma se non li avessi avuti, sarei andato. C’è Elly a rappresentare tutto il Pd e mi sento pienamente rappresentato da lei» .
Subito dopo è andato a riprendersi un bagno di folla alla presentazione del libro di Elisabetta Gualmini, Mamma Europa. Dove ha rassicurato tutti: «Ho incontrato Elly poco fa e ci siamo detti che bisogna evitare le liti e le rotture del passato e fare di tutto per lavorare insieme dopo questo congresso così lungo. Sento la responsabilità di difendere le idee che ho portato avanti. Ma ho il dovere morale di evitare una spaccatura che coincida con l’esito elettorale». La partita interna è solo iniziata.
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