- La telefonata fra la neosegretaria e Bonaccini non ha chiarito tutto. Anche perché con il presidente lei è andata dritta al punto, con la proposta di un tandem tutto suo alle presidenze dei gruppi di camera e senato: Chiara Braga e Francesco Boccia.
- La minoranza è comunque orientata all’unità: in pole per la segreteria Pina Picierno, Simona Bonafé, Davide Baruffi o Andrea Rossi. Con ogni probabilità la responsabilità del dipartimento esteri andrà a Alessandro Alfieri.
- Per la maggioranza il vicesegretario più accreditato è Marco Furfaro. Incerto ancora il ruolo che avrà il segretario uscente Peppe Provenzano, fra i primi a abbracciare la causa di Schlein al congresso.
Ultimi giorni, forse persino ultime ore per mettere a posto le caselle del nuovo Pd dell’era Schlein. Che a posto ancora non sono. Ballano ancora i nomi dei capigruppo e quelli degli uffici di presidenza di camera e senato, quelli della segreteria, balla anche quello del capodelegazione a Bruxelles. La telefonata di lunedì fra la neosegretaria e Stefano Bonaccini, che tratta a nome di tutta la sua mozione, non ha chiarito tutto il quadro del prossimo gruppo dirigente. Anche perché con il presidente lei è andata dritta al punto, con la proposta di un tandem tutto suo alle presidenze dei gruppi di camera e senato: Chiara Braga e Francesco Boccia. Non è stato un prendere o lasciare. Ma poco ci mancava.
Nessuno, viene ribadito dalla minoranza, ha voglia né intenzione di azzoppare la nuova era proprio alla partenza. E però alle professioni di «pluralismo» dovrebbero fare seguito modi dialoganti.
Anche perché dall’altra parte, la disponibilità a una segreteria sarà «unitaria» era stata già data fin dai primi abboccamenti, e poi più chiaramente all’assemblea nazionale del 12 marzo a Roma. Nell’esecutivo dunque ci saranno anche rappresentanti delle mozione sconfitta. I nomi in pole position sono Pina Picierno, vicepresidente dell’europarlamento, Simona Bonafé, deputata e segretaria del Pd toscano, un bonacciniano di stretta osservanza fra Davide Baruffi, sottosegretario alla presidenza della giunta dell’Emilia-Romagna, e Andrea Rossi, deputato e uomo-macchina della mozione sconfitta. Con ogni probabilità la responsabilità del dipartimento esteri andrà a Alessandro Alfieri, ex diplomatico e senatore, uomo solido e competente – è capogruppo del Pd in commissione esteri - a cui infatti ieri è stato affidato l’intervento in aula sull’informativa della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
I nomi della maggioranza invece in gran parte dipendono dal risico delle presidenze dei gruppi. Schlein crede di aver ottenuto da parte della minoranza un sostanziale nulla osta per indicare i suoi in entrambe le caselle: Braga alla camera (che però dovrebbe rinunciare al posto di segretaria d’aula, che verrebbe consegnato alle destre) e Boccia al senato. Ma in queste ore fervono i contatti sulla presidenza della camera, dove la presenza di Elly Schlein e di deputati di peso consentirebbe di offrire il posto alla minoranza. Anche perché, viene fatto osservare, i segretari Matteo Renzi, Nicola Zingaretti e Enrico Letta hanno mantenuto capigruppo di area diversa dalla loro. Resta comunque difficile la conferma di Debora Serracchiani, che ha sostenuto Bonaccini ma non proviene da Base riformista e quindi non sarebbe adatta a cementare il clima di collaborazione. Del resto è difficile che alla camera non ci sia il ricambio che è stato preteso al senato.
Per la maggioranza, in segreteria siederanno Marco Sarracino, in predicato di diventare responsabile dell’organizzazione, il tesoriere Michele Fina, area Orlando e Michela Di Biase. Il vicesegretario più accreditato è Marco Furfaro. Difficile la presenza di una “sardina” (Matteo Santori o Jasmine Cristallo), possibile quella di Marta Bonafoni, consigliera regionale nel Lazio ma appena eletta da indipendente (dovrebbe iscriversi). Incerto ancora il ruolo che avrà il segretario uscente Peppe Provenzano, fra i primi a abbracciare la causa di Schlein al congresso.
La segretaria conduce le danze quasi in solitaria. E muovendosi intanto moltissimo, frequentando tutte le piazze disponibili. Dopo la manifestazione di Milano per i diritti dei bambini delle coppie omosessuali, ieri è tornata di nuovo nel capoluogo lombardo ed è salita sul palco con don Luigi Ciotti, per la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie organizzata da Libera.
Domani invece, viaggio “istituzionale” a Bruxelles. Schlein parteciperà al pre-vertice dei socialisti europei in preparazione del Consiglio europeo. Incontrerà il presidente del Pse, lo svedese Stefan Löfven, il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, il commissario Paolo Gentiloni.
Alle 21 e 30 cena informale con gli europarlamentari del Pd. Anche qui, deve decidere come proseguire l’ultimo scampolo della legislatura europea (quello in cui gli impegni degli europarlamentari rallentano, peraltro). C’è qualche possibilità che Brando Benifei resti capogruppo, soprattutto perché sono poche le alternative: e come un gioco dell’oca, il giro potrebbe tornare alla casella di partenza. Anche in ragione del fatto che la maggioranza non chiede di occupare anche quello scranno (peraltro una sola eurodeputata si è schierata con Schlein, Camilla Laureti). E i papabili e le papabili di minoranza ricoprono già ruoli di prestigio: Picierno fa la vicepresidente del parlamento, Elisabetta Gualmini fa la vicepresidente di S&D, non sono in corsa figure autorevoli ma autonome come Patrizia Toia, Giuliano Pisapia e Franco Roberti. Fra i pochi altri, circola il nome di Massimiliano Smeriglio, eletto nel Pd ma da indipendente.
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