Il presidente americano sarà a Berlino giovedì e venerdì: nel frattempo, nella coalizione Semaforo continuano a volare stracci, visto che i liberali non approvano la riforma fiscale proposta dalla Spd e a molti governatori non piace il taglio al numero degli ospedali proposti dal ministro della Salute Karl Lauterbach
Speriamo che la Sehnsucht nei confronti di questa newsletter non vi abbia rovinato gli ultimi giorni. Per fortuna siamo di nuovo pronti con tutte le notizie tedesche di cui avevate bisogno: c’è tanta politica in questo numero, ma dobbiamo anche raccontarvi dell’intervista più improbabile dell’ultimo decennio. O, quantomeno, una delle più discusse sui social.
Volano stracci
Dopo le elezioni regionali nella Germania orientale, osservatori e opinione pubblica si aspettavano uno sforzo comune dei partiti di maggioranza per raggiungere un’armonia, almeno temporanea. E invece, le cose continuano ad andare sempre peggio in termini di rapporti interni alla coalizione: l’ultimo casus belli è la proposta confezionata dalla Spd che prevede una ridistribuzione della pressione fiscale che riduca la quota che ricade sulle spalle del 95 per cento dei contribuenti e aumenti leggermente la tassazione dell’un per cento dei più ricchi. L’obiettivo è semplificare la vita a chi ha visto ridursi la sua capacità di spesa ultimamente e sta decidendo di rinviare investimenti più importanti: l’economia va rimessa in moto, e per i socialdemocratici bisogna ripartire dai consumi in tilt.
Nessuno è rimasto stupito del fatto che il capo dell’opposizione Friedrich Merz non abbia apprezzato il piano, denunciando il rischio di danneggiare i «pilastri operativi della società». Un’espressione che non è piaciuta per niente al nuovo segretario generale della Spd Matthias Miersch, che ha contestato le critiche del democratico cristiano: «Tutti i cittadini sono pilastri operativi della società. Soprattutto il 95 per cento che va a lavorare ogni giorno».
I Verdi hanno apprezzato il testo dei socialdemocratici: il cosegretario uscente Omid Nouripour ha trovato «molte sovrapposizioni» con le posizioni del suo partito. Molte meno sembrerebbero invece quelle con gli interessi dei liberali, da sempre molto sensibile quando si discute di aumentare la pressione fiscale sui più abbienti: piuttosto, secondo il ministro delle Finanze Christian Lindner, il taglio andrebbe finanziato con un’ulteriore riforma del Bürgergeld, il pacchetto di misure a sostegno di chi non ha un impiego, e l’esclusione dal welfare di stato degli immigrati irregolari. Proposte inaccettabili per Spd e Verdi: e così, lo stallo blocca di nuovo la coalizione.
Caccia all’ospedale
Come se non bastasse, la maggioranza sta anche lottando per portare a casa uno dei progetti di più grande portata del contratto di coalizione, la riforma della sanità, che riguarda soprattutto la razionalizzazione degli ospedali. In Germania ci sono circa 1.700 cliniche: secondo il ministero della Salute, si tratta della densità di ospedali e letti disponibili in Europa. Molti dei posti non sarebbero occupati, motivo per cui molte realtà hanno i conti in rosso.
Il testo prevede realtà più specializzate e promette una riduzione della burocrazia. Un nuovo sistema di pagamenti, poi, dovrebbe ridurre la pressione economica per le cliniche, portandole per esempio a evitare interventi inutili eseguiti soltanto per ragioni di bilancio. I fondi in futuro saranno quindi legati non più alle prestazioni offerte ma calcolati in base ai costi sostenuti dagli ospedali, come quelli del personale e della strumentazione medica necessaria.
I critici sostengono invece che la maggiore specializzazione delle cliniche rischi di ridurre i servizi di cura a disposizione nelle zone rurali. Si tratta di una preoccupazione che hanno sollevato a più riprese i Land, timorosi che la riforma cancellerà molti ospedali più piccoli: una delle voci più polemiche è stata quella del governatore bavarese Markus Söder. Il ministro Karl Lauterbach ha detto, in vista della conclusione del dibattito parlamentare questa settimana, di essere venuto incontro ai Land su molti punti. Raccomanda però di chiudere il capitolo e approvare la riforma: «Altrimenti andremmo incontro a una moria di cliniche».
Aiuti reciproci
Giovedì e venerdì volerà a Berlino il presidente americano Joe Biden. La visita arriva dopo l’appuntamento saltato di Ramstein, dove si sarebbe dovuto riunire il gruppo dei sostenitori di Kiev e poi un altro circolo di alleati più ristretto: la settimana scorsa però il presidente ha preferito restare a Washington in modo da poter seguire più da vicino l’uragano Milton e assistere al meglio le vittime dei danni procurati dalla tempesta.
Stavolta, il programma sarà più ridotto: sono previsti incontri con il presidente federale Frank-Walter Steinmeier e con il cancelliere Olaf Scholz. La speranza dei due capi di governo è che possa essere un appuntamento utile per un’assistenza vicendevole, visto che entrambi sono in campagna elettorale, Scholz in prima persona e Biden come grande supporter di Kamala Harris. Berlino confermerà come sempre la linea di sostegno all’Ucraina, anche se il cancelliere cercherà una linea defilata per non contraddirsi con le sue ultime posizioni, meno nette (nonostante il generoso sostegno militare ed economico a Kiev) per sfilare terreno ad AfD e BSW, che sulla guerra – o meglio, sulla posizione secondo loro eccessivamente militarista tenuta da Scholz – hanno ottenuto ottimi risultati nelle ultime elezioni regionali nei Land dell’est.
Si parlerà anche di Medio Oriente e delle ultime manovre di Israele, che mettono Berlino (e gli Stati Uniti) in una posizione sempre più scomoda. Il sostegno incondizionato dei due paesi a Tel Aviv è stato messo a dura prova dalle ultime iniziative del governo israeliano. Per Biden, inoltre, sarà un'occasione per misurare la temperatura di un alleato europeo di primaria importanza, dove però alle elezioni del prossimo anno rischia di arrivare secondo un partito di estrema destra.
Stella cadente
Chiudiamo con una notizia di spettacolo che ha dato adito a un ampio dibattito sui social: l’intervista dello Spiegel a Thomas Gottschalk. Il conduttore è stato un personaggio televisivo di primissimo piano soprattutto negli anni Novanta e primi anni Duemila, quando conduceva show rilevanti sulla televisione pubblica, come la versione tedesca di Scommettiamo che, le serate di capodanno e diversi talent show.
Insomma, un volto più che popolare. Negli ultimi anni, però, il suo successo si è appannato e molte delle sue performance passate sono state messe in discussione, soprattutto per l’approccio del conduttore con le ospiti: i social sono pieni di video in cui le donne che intervengono nella trasmissione e devono avere a che fare con i suoi complimenti, le sue attenzioni e il contatto fisico con lui hanno facce puramente disgustate.
Il settimanale ha scelto di problematizzare proprio questo aspetto nell’intervista, che titola su un virgolettato molto esplicito del conduttore: «In tv toccavo le donne in maniera puramente professionale». Opinione controversa, quantomeno. Gli intervistatori mettono in discussione le posizioni di Gottschalk sul mondo contemporaneo: ultimamente il conduttore non perde occasione di criticare pubblicamente le nuove generazioni e lo Zeitgeist. Poi si arriva a parlare degli approcci del conduttore alle sue ospiti: nella conversazione vengono evocati due episodi, quando Gottschalk aveva toccato le ginocchia (le interviste si svolgevano su un grande divano) della tennista Steffi Graff e accarezzato quelle delle Spice Girls. Il conduttore obietta che non aveva interesse sessuale per le Spice Girls, «e poi quelle cantavano “If you wanna be my lover”...» al che Vicky Bargel e Alexander Kühn replicano: «Non è un invito a toccare i loro i corpi». La replica del conduttore tira in ballo il politicamente corretto, che lo avrebbe convinto a lasciare stare certi argomenti che all’epoca si potevano toccare più liberamente. «Non prendo neanche più l’ascensore, se dentro c’è soltanto una donna. Che faccio dopo se scende al secondo piano e grida: “Metoo, quello mi ha toccato!”?»
Il resto del dibattito è sulla visione del mondo che Gottschalk condivide nel suo ultimo libro, in cui non compaiono praticamente figure femminili e il conduttore teorizza che continueranno sempre a esistere uomini «che non si controllano», quasi che le donne dovessero accettarlo come fatto naturale.
A farsi un giro per le piattaforme social, però, l’intervista viene celebrata in grande stile dalle giovani generazioni: ovviamente non per le opinioni di Gottschalk, piuttosto per come i due intervistatori hanno argomentato nelle loro repliche. Altri esprimono la loro compassione per le posizioni fuori dal mondo dell’ex stella della tv. Uno su tutti è il commento della scrittrice e influencer femminista Tara-Louise Wittner: «Quando il primo pensiero sul Metoo sono le accuse false, significa che molta gente non ha ancora imparato che anche le donne sono persone che non vanno toccate quando non lo chiedono esplicitamente, e questa gente a volte si chiama anche Thomas».
© Riproduzione riservata