Sliding bench. Le società di Serie A programmano con fatica la stagione 2021-22, facendo i conti con gli annosi problemi di bilancio aggravati dall'effetto-Covid e consapevoli che il doping della plusvalenza stavolta non basterà.

Eppure, come se nulla fosse, si lanciano in una costosa caccia all'allenatore dando luogo al più spettacolare rimescolamento di guide tecniche mai visto nella storia del nostro calcio.

La grande sostituzione parte dal vertice della scala gerarchica con l'Inter campione d'Italia e giunge fino in fondo con la neo-promossa Empoli: 11 club, forse 12 (il menzionato Empoli, che ancora non sa se potrà tenere Dionisi).

Con abbondante ricorso al portafoglio per ingaggiare i nuovi ma anche, se necessario, per liquidare o continuare a pagare gli uscenti. Come se l'orchestra continuasse a suonare col Titanic già sott'acqua.

Comincia Mou.

La giostra era cominciata due giornate prima della fine del campionato con un ritorno di peso: quello di José Mourinho, fresco di licenziamento dal Tottenham Hotspur con buonuscita record da 20 milioni di sterline, che in euro fanno 23,2 milioni. E dopo una tale bonanza per il conto personale, all'ex Special One saranno parsi quasi argent de poche i 7 milioni di euro (più bonus) annui pattuiti con la Roma per le prossime tre stagioni.

Per la società giallorossa sono invece soldi veri. Quelli da dare a Mourinho e quelli da spendere per fare una squadra all'altezza delle sue ambizioni. Magari evitando di darne troppi a Jorge Mendes, che di Mourinho continua a essere ufficialmente l'agente nonostante l'allentamento dei rapporti fra i due. Denari sul cui versamento, fra l'altro, avrebbe peso decisionale il direttore generale Tiago Pinto, portoghese anche lui così come Paulo Fonseca, l'allenatore messo alla porta e fin qui vanamente in corsa per un altro ingaggio italiano.

E dato che si parla di buonuscite, spicca anche quella di Antonio Conte. Che poche ore dopo avere celebrato la vittoria dello scudetto con l'Inter era di nuovo sul mercato con un robusto assegno di liquidazione in tasca: 7 milioni di euro.  Cosa strana alquanto. Perché è lui che ha deciso di andarsene ma il suo datore di lavoro gli ha staccato un sostanzioso premio d'uscita a dispetto della perigliosa situazione finanziaria.

Come Mourinho, Conte è uno specialista nel massimizzare anche i divorzi coi club. Due anni fa vinse la causa col Chelsea dopo l'esonero e portò a casa 10 milioni di euro. Trovasse anche un buon consulente per investire i guadagni, al posto del signor Bochicchio Massimo, sarebbe davvero a cavallo. Ma questo è altro discorso.

C'è da dire che almeno l'Inter ha smesso di pagare il suo ex tecnico. E così ha avuto modo di piombare su Simone Inzaghi (4,5 milioni di euro d'ingaggio, secondo le indiscrezioni), che dopo un'estenuante trattativa per il rinnovo del contratto scaduto con la Lazio ha lasciato Claudio Lotito col cerino acceso in mano.

Adesso il presidente laziale può provare a ingaggiare Maurizio Sarri, cui la Juventus ha da poco pagato la penale da 2,5 milioni di euro per evitare di versargli un altro anno di inattività a 6 milioni di euro netti più bonus.

La società bianconera aveva già pagato un anno di inattività anche Massimiliano Allegri a 7,5 milioni di euro netti. Più o meno la stessa cifra che adesso viene versata all'allenatore livornese, appena ritornato. E visti questi precedenti, il residuo anno d'ingaggio dell'esonerato Andrea Pirlo (1,8 milioni netti) suscita tenerezza.

Il premio scudetto di Spalletti

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Il giro degli allenatori non si ferma mai. Appena messo alla porta dal Napoli (con tanto di tweet sgradevolissimo da parte del presidente Aurelio De Laurentiis), Gennaro Gattuso ha trovato ingaggio presso la Fiorentina di Rocco Commisso per una cifra analoga a quella del precedente contratto (2 milioni di euro).

A Napoli è invece arrivato Luciano Spalletti, che era fermo da due anni ma lautamente stipendiato dall'Inter a 4,5 milioni di euro annui. Beffa delle beffe (per la società nerazzurra), gli tocca pure il premio scudetto portato in dote dal suo successore Antonio Conte.

È andata a finire che fra le squadre di fascia alta soltanto il Milan e l’Atalanta hanno confermato l'allenatore (Stefano Pioli e Gian Piero Gasperini). Ma anche nelle fasce di retrovia il valzer è pienamente attivo. Con allenatori confermati in modo non pienamente convinto (Ballardini al Genoa, Mihajlovic a Bologna, Semplici al Cagliari) e società che si muovono intorno ai soliti nomi di tecnici dal curriculum recente per niente brillante (Verona verso Di Francesco, Udinese verso Maran, Sassuolo verso Giampaolo). 

Juric spera di non fare al Toro la fine fatta da Giampaolo e Nicola nella stagione appena conclusa. Mentre la Sampdoria prova a portare via Dionisi alla neopromossa Empoli. Come se non ci fossero altri allenatori in circolazione. È il mercato delle panchine, dove uno sgarbo e una paga da disoccupati d'oro non li si nega a nessuno.

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