Il vaccino Pfizer-BioNtech contro il Covid-19, partito nell’ultima settimana verso numerose destinazioni europee, in Italia viene inoculato più lentamente che in altri paesi. Basta guardare ai numeri: in Germania il 31 dicembre erano già state vaccinate 131.600 persone, mentre in Italia ieri le cifre erano ferme a 32mila persone. In Baviera, 13 milioni di abitanti, il 30 dicembre erano stati vaccinati in 28mila, in Lombardia, dove vivono 10 milioni di persone, appena 2.171. Tutto questo mentre i dati di ieri toccavano quota 22.211 nuovi casi e 462 morti.

La prima fase

Attualmente, in teoria, lo stato si trova di fronte il compito più facile: durante la prima fase, a essere vaccinati sono gli operatori sanitari, il personale delle rsa e i loro ospiti, in tutto 1,8 milioni di persone. Tra il 30 dicembre e il primo gennaio sono state consegnate 470mila dosi di vaccino, ma nella tabella del ministero della Salute che tiene il conto di tutte le inoculazioni effettuate si legge che alcune regioni hanno utilizzato meno del 2 per cento di quanto consegnato. Il motivo è che molte regioni hanno deciso di iniziare a somministrare le dosi consegnate nel corso della giornata del 30 dicembre solo oggi: per esempio in Abruzzo, dove secondo il sistema sarebbe stato inoculato solo l’1,7 per cento delle dosi. Si tratta delle 135 del 27 dicembre, quando in tutt’Italia c’è stato l’appuntamento simbolico del V-Day. In regione sono state consegnate 9.360 dosi, la prima tranche delle circa 24mila fornite dalla struttura commissariale, pari al 90 per cento del conto numerico degli operatori sanitari e al personale e agli ospiti delle rsa. Non ovunque è andata così: in Friuli Venezia Giulia, in cima alla lista, è stato somministrato già il 16,3 per cento delle dosi consegnate. Poco sotto Bolzano, il Lazio si ferma al 13,5 per cento. Come è accaduto già in altre fasi della pandemia, emerge la divergenza di strategie delle regioni, c’è chi aspetta qualche giorno e chi ha già iniziato a portarsi avanti, anche con le residenze per anziani. Infatti, al di là delle categorie indicate dal ministero, ogni regione si crea la sua timeline: l’Abruzzo, per esempio, il 3 e il 4 vaccinerà operatori sanitari, medici infettivologi, di pronto soccorso e di pneumologie Covid. Seguirà il personale di altri reparti, quello delle rsa e infine gli ospiti delle residenze. In Lazio, invece, in parallelo agli ospedali sono partite le vaccinazioni nelle rsa, a operatori e ospiti e nella giornata di ieri si è arrivati a poco oltre i 10mila vaccinati.

Dati e piattaforme

Il fatto che i dati sulle vaccinazioni siano pubblici e consultabili da tutti è un incentivo per le regioni a mostrarsi tra le più veloci e performanti: al ministero della Salute non si mostrano preoccupati per la partenza a rilento di alcune realtà e confidano per la seconda fase, quella più difficile, quando bisognerà coinvolgere l’intera popolazione, nell’arrivo dei quindicimila medici previsti dall’ultimo bando del Commissario straordinario Domenico Arcuri. La vaccinazione dei cittadini comuni inizierà quando arriveranno i primi dottori assunti dalle agenzie del lavoro coinvolte da Arcuri, verso fine gennaio. A quel punto aumenterà anche l’importanza della piattaforma di prenotazione del vaccino: ad oggi, il software sviluppato da Eni e Poste serve soprattutto a raccogliere le manifestazioni d’interesse, anche se il suo impiego è limitato. In futuro dovrà convogliare tutte le informazioni raccolte dalle anagrafi regionali a Roma: dalla struttura commissariale assicurano che la piattaforma sarà pronta a entrare in azione per quando la campagna vaccinale sarà rivolta a tutta la popolazione, ma per il momento alcune regioni hanno incontrato diversi problemi a far interagire i propri sistemi informatici con quello che sarà il sistema centrale. Un fattore che allunga i tempi e rende più ostiche prenotazioni e organizzazione degli appuntamenti.

Come funziona all’estero

A guidare la classifica dei paesi con la maggiore percentuale di persone già vaccinate nel mondo c’è Israele. Per la fine di questa settimana si prevede che sarà stato vaccinato il 10 per cento dell’intera popolazione di 9 milioni di abitanti, più di quanto sia riuscito a portare a casa il Regno Unito, che pure ha iniziato la campagna due settimane prima.

Le vaccinazioni, che procedono al ritmo di 150mila al giorno, hanno beneficiato da un sistema sanitario già molto digitalizzato e le autorità mirano al raggiungimento dell’immunità di gregge a fine primavera. In più, il governo ha portato avanti un’ampia campagna contro la cattiva informazione a proposito dei vaccini ed è in ballo la possibilità che chi si farà vaccinare abbia diritto a un passaporto sanitario con grossi privilegi. L’ultimo ma non meno importante elemento in gioco è la campagna elettorale: solo poche settimane fa sono state indette le quarte elezioni anticipate in due anni. Il premier Benjamin Netanyahu, primo cittadino a farsi vaccinare in diretta televisiva, ha tutto l’interesse a intestarsi un successo nella campagna vaccinale con le urne all’orizzonte.

All’estremo opposto della classifica c’è la Francia, che il 27 dicembre ha partecipato al V-day, ma dove da allora sono state vaccinate poche centinaia di persone. In realtà, il programma di governo prevede di arrivare a fine gennaio con un milione di vaccinati, un obiettivo raggiungibile solo con oltre 30mila vaccinazioni al giorno.

Alcuni critici hanno rimproverato il governo di aver avuto troppe esitazioni nella determinazione della strategia, un errore che avrebbe fatto il gioco dei no-vax.

Effettivamente, solo il 40 per cento della popolazione ha dichiarato la propria disponibilità a vaccinarsi e il ministro della Salute ha ribadito che non vuole generare confusione e fretta.

Ora, la campagna, che diversamente dagli altri paesi europei è diretta in prima battuta soprattutto agli anziani e ai più fragili e non tanto agli operatori sanitari, dovrebbe essere affiancata da un’iniziativa di comunicazione gemella del governo che miri a «educare e spiegare».

 

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