Il 18 ottobre 2018 all’Hotel Metropol si discuteva di una compravendita di gasolio i cui proventi avrebbero finanziato le casse della Lega. Insieme a Gianluca Savoini c’erano altri cinque uomini, solo uno ancora non era stato identificato. La procura di Milano, rivela ora L’Espresso, ha scoperto che era un agente in forza ai servizi segreti russi
Una spia di Putin al tavolo del Metropol con l’uomo della Lega. La mattina del 18 ottobre del 2018, insieme all’ex portavoce di Matteo Salvini, Gianluca Savoini, a un emissario del ministro dell’Energia russo e a un manager di una società petrolifera dell’oligarca vicino al Cremlino, e a due emissari italiani c’era anche Andrey Yuryevich Kharchenko, in forza ai servizi segreti interni di Mosca.
I cinque uomini erano seduti a un tavolo del bar del celebre hotel moscovita per un incontro – svelato a marzo del 2019 da Giovanni Tizian e Stefano Vergine, presenti quel giorno a Mosca, su L’Espresso e ne Il libro nero della Lega (Laterza) – finalizzato a realizzare un’affare d’oro: una compravendita di grandissimi carichi di gasolio russo da vendere all’Eni con un doppio sconto sul prezzo ufficiale che sarebbe dovuta andare a finire nelle casse del Carroccio e nelle mani di mediatori e manager delle società russe, a scapito del colosso petrolifero controllato dallo Stato italiano.
Dopo lo scoop di Tizian e Vergine, la procura di Milano ha aperto un’inchiesta , che è tuttora in corso. Tra gli atti di indagine è presente anche un audio, pubblicato dalla testata statunitense BuzzFeed nell’estate 2019, in cui si sentono chiaramente le voci delle persone presenti quel giorno al Metropol portare avanti la trattativa.
Gli investigatori – come riportato da L’Espresso – sono riusciti a dare un nome anche all’ultima delle sei persone che erano al tavolo della trattativa e mancava all’appello: è l’agente segreto Kharchenko, nato a Baku, in Azerbaijan, nel 1980, ma da sempre cittadino russo.
Kharchenko è da sempre considerato molto vicino al filosofo dell’estrema destra Aleksandr Dugin, considerato uno dei riferimenti ideologici di Putin (con la sua “quarta teoria politica”) e amico di lunga data proprio del leghista Savoini, che spesso presenzia alle sue conferenze in Italia. Dugin, la mattina del 17 ottobre 2018, era stato fotografato a Mosca insieme all’ex portavoce di Matteo Salvini: con loro due erano presenti anche gli altri due italiani che hanno avuto un ruolo nella presunta compravendita, Francesco Vannucci e Gianluca Meranda.
I magistrati milanesi sono riusciti a dargli l’identità grazie all’aiuto dell’intelligence di un altro stato occidentale, che per via delle interferenze russe che ha subito negli ultimi anni ha portato avanti una profonda attività di indagine sulle spie di Mosca.
Insieme al leghista Savoini e alla spia Kharchenko, al Metropol erano presenti altre quattro persone, già tutte identificate in passato: sono due russi e due italiani. C’era Ilya Andreevich Yakunin, uomo di fiducia di Vladimir Pligin, avvocato con strettissimi legami con il ministro dell’Energia Dmitry Kozak. Con lui era presente anche Yury Burundukov, uomo del magnate ultranazionalista, ultracattolico e tra i più accesi sostenitori di Putin, Konstantin Malofeev, ex banchiere di Stato che si è enormemente arricchito con la finanza offshore. Malofeev è tra l’altro uno dei principali finanziatori del Congresso mondiale delle famiglie.
Con loro erano presenti anche due italiani: Francesco Vannucci e Gianluca Meranda. Il secondo, avvocato e manager di una piccola banca d’affari a Londra, ha procurato una lettera di referenze dell’Eni, fondamentale per cercare di chiudere la compravendita che avrebbe arricchito tutti. Anche le casse della Lega di Matteo Salvini.
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