- È indubbiamente vero che il sistema dello spoils system fa girare le ruote della democrazia, ma tocca settori diversi, soggetti a norme diverse
- Questa è una distinzione importante: il ruolo del vertice di una società partecipata non è assimilabile ad esempio a quello delle Autorità indipendenti
- Dovere degli amministratori è fare l’interesse dell’impresa, pubblica o privata che sia, non eseguire i desiderata di chi li nomina
Lo spoils system, ha qui giustamente scritto Gianfranco Pasquino, fa girare le ruote della democrazia, ma su un punto del suo ragionamento mi permetto di obiettare. Pare un dettaglio, ma può alimentare idee nocive al funzionamento del sistema. Scrive Pasquino: «Abbiano o no precedenti esperienze in qualche settore; abbiano o no le competenze necessarie, a quelle persone vengono affidati compiti importanti poiché chi li nomina pensa che eseguiranno quanto è loro richiesto».
Le ultime parole si prestano ad equivoci. Chi nomina una persona, ovvio, lo fa conoscendone storia e carattere; sa cosa aspettarsi ma ciò non implica che quella debba eseguire le sue richieste. Lo spoils system può toccare diversi settori, con situazioni e norme diverse: in una scala crescente di autonomia, i vertici dell’amministrazione, delle imprese a partecipazione pubblica, delle autorità indipendenti (Ai), fino alla magistratura.
L’indipendenza di questa è perfino scritta in Costituzione. La burocrazia pubblica risponde invece direttamente al potere politico; può destare invidia il Regno Unito coi suoi permanent secretary, ma è un altro zoo istituzionale. Nelle imprese dove lo stato è il principale azionista, alle persone nominate deve dare un mandato; ne risponderanno, ma con ampia autonomia esecutiva, Che poi il mandato manchi, e tanto meno si chieda conto del suo adempimento, è una pecca non limitata allo spoils system. Quelle persone però devono perseguire l’interesse dell’impresa, come ha scritto qui Innocenzo Cipolletta. Di quelle quotate lo stato non è “padrone”, pur se i loro vertici - revocabile quando si dimette la maggioranza del CdA – hanno con esso rapporti di dipendenza; nell’insieme gli altri azionisti sono, dopotutto, ampiamente maggioritari.
Il vertice delle Ai invece non dipende da chi lo designa, né è revocabile; l’indipendenza è scritta, più che nel nome, nei meccanismi di nomina. Credo che Pasquino, il cui pensiero risente, come tutti, della tirannia degli spazi, sia d’accordo. Va poi avversato il pregiudizio per cui chi ha lavorato nel settore vigilato colluderà coi colleghi di prima; ne è intrisa la norma vigente, per cui chi provenga dal mercato deve spurgarsi standone fuori per due anni prima dell’ingresso in Consob, e altrettanto aspettare se al mercato vuol tornare. Di quelle persone, infatti, deve contare soprattutto la tempra etica. Solo i ricchi possono restare quattro anni senza retribuzione; se la norma non muta – e vuol farlo il Ddl Capitali testé varato – in Consob avremo solo funzionari statali, magistrati o accademici. La loro indipendenza si presume ex officio.
Anche lo spoils system deve infine far salvo un principio: chi oggi ha potere agisca nell’interesse del paese. Del governo è titolare pro tempore, non proprietario.
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