- Appena eletto alla presidenza, Wickremesinghe ha ordinato l’intervento delle forze di sicurezza per evacuare l’edificio presidenziale dai manifestanti che lo occupavano
- Nella stessa giornata, il neo-presidente ha nominato il suo vecchio amico, Dinesh Gunawardena, un politico di lungo corso e fedele alleato della famiglia Rajapaksa, alla posizione di primo ministro. Tale mossa ha amplificato le preoccupazioni della popolazione, profondamente scontenta che il nuovo corso politico ricalchi in maniera preoccupante quello precedente
- Il governo continua nei colloqui con il Fondo monetario internazionale, il cui intervento porterebbe denaro nella casse dello Sri Lanka, ma implicherebbe l’adozione di una serie di importanti riforme economiche
Le promesse sono state ampiamente mantenute: una decina di giorni fa, quando la sua residenza privata era stata saccheggiata e data alle fiamme dalla folla, Ranil Wickremesinghe – l’allora primo ministro – aveva affermato che i “fascisti” e gli “estremisti” avrebbero pagato per le loro azioni e aveva promesso di ripristinare la legge e l’ordine. Molti tra gli insorgenti avevano compreso che il guanto di sfida era stato lanciato e che ciò si sarebbe tradotto in una ferma reazione ai loro danni.
All’inizio della settimana, Wickremesinghe – nella sua funzione di presidente ad interim, complice la fuga a Singapore del precedente capo di stato, Gotabaya Rajapaksa – aveva dichiarato lo stato di emergenza, che gli conferiva un’illimitata autorità di agire nell’interesse della pubblica sicurezza. Dopo appena un giorno dalla sua formale elezione alla presidenza del paese, avvenuta a larghissima maggioranza giovedì, Wickremesinghe ha ordinato l’intervento delle forze di sicurezza, sviluppatosi nelle prime ore di venerdì: centinaia di agenti di polizia e di soldati hanno proceduto all’evacuazione dei locali dell’edificio presidenziale ancora occupati e alla metodica distruzione del piccolo accampamento dei manifestanti (noto come GotaGoGama), chiudendo le arterie che conducono al centro di Colombo.
La violenza
Non sono mancati episodi di violenza spicciola, visto che almeno una cinquantina di persona hanno riportato delle ferite, compreso un giornalista della BBC. Gli attivisti, colti nel sonno, hanno sdegnatamente espresso il loro stupore, non solo per la violenta imboscata avvenuta a tarda notte, ma soprattutto perché avevano già promesso che il controllo su tutti gli edifici occupati sarebbe stato restituito alle autorità nel corso della giornata di venerdì. Inutile sottolineare come il raid ordinato dal neo-presidente abbia messo sul chi va là la comunità internazionale, fortemente intimorita dalla possibilità che lo Sri Lanka scivoli in una sorta di guerra civile proprio nel momento in cui, invece, servirebbe un’iniezione di stabilità per cercare di risollevare le sorti del paese.
Le preoccupazione del popolo
Nella stessa giornata di venerdì, peraltro, il presidente ha deciso di nominare il suo vecchio compagno di studi, Dinesh Gunawardena, un politico di lungo corso e fedele alleato della famiglia Rajapaksa, alla posizione di primo ministro. Tale mossa ha amplificato le preoccupazioni della popolazione, profondamente scontenta che il nuovo corso politico ricalchi in maniera preoccupante quello precedente, contro il quale essa ha combattuto nel corso degli ultimi mesi. Wickremesinghe, del resto, nonostante le promesse, non ha mai preso in considerazione la possibilità di unire le forze di maggioranza a quelle di opposizione per dare vita a un governo di unità nazionale, che, forse, avrebbe potuto realmente lavorare alla risoluzione della crisi.
Ciò ha contribuito a rendere il suo rapporto con la società civile cingalese, mai realmente collaborativo, ancora più difficoltoso: egli è stato sempre visto come un “prodotto” politico della famiglia Rajapaksa, e in particolare dell’ex-presidente Gotabaya, il quale viene considerato come il vero artefice della profonda crisi economica che ha lasciato milioni di persone senza cibo né beni di prima necessità.
Un volto già visto
Wickremesinghe, del resto, non può essere certo considerato un “volto nuovo” nello scenario politico dello Sri Lanka: leader dello United National Party, compagine di centrodestra, egli ha assunto la premiership del paese per ben sei volte, oltre ad aver partecipato come candidato alle elezioni presidenziali nel 1999 e nel 2005. Il suo nome, comunque, è salito agli onori delle cronache per aver guidato i negoziati di pace che, una ventina di anni addietro, si tennero con il gruppo delle Tigri Tamil, contro cui l’esercito dello Sri Lanka aveva combattuto una sanguinosa guerra civile sin dal 1983. Nel 2020, il partito di Wickremesinghe ha subito una scissione che gli è costata una sonora sconfitta alle elezioni nazionali, tanto che l’attuale presidente divenne l’unico rappresentante della sua compagine politica ad occupare un seggio in parlamento, che gli fu concesso solo sulla base della proporzione dei voti che il suo partito aveva ottenuto.
A maggio di quest’anno, il presidente Rajapaksa l’aveva promosso alla carica di primo ministro nella vana speranza di ridare al paese un briciolo di credibilità internazionale dopo che il governo – assalito da un debito estero maggiore di 50 miliardi di dollari americani – si era ritrovato nell’impossibilità di ripagare i propri creditori.
Il rapporto con il Fondo monetario
Negli ultimi mesi, Wickremesinghe ha cercato di negoziare un accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi), che, nell’opinione di molti, è uno dei pochi soggetti che potrebbe fornire sostegno al paese in questo momento. Del resto, la stessa direttrice operativa del Fmi, Kristalina Georgieva, aveva dichiarato la disponibilità dell’organizzazione a riprendere i colloqui; ciononostante, l’attuale esacerbazione della crisi non aiuterà lo Sri Lanka a emergere dagli sconquassi provocati dal governo precedente. L’intervento del Fmi non porterebbe, però, solo denaro nella casse dello Sri Lanka, ma implicherebbe l’adozione di una serie di riforme economiche che possano contenere la corruzione dilagante, riaprire a un’economia di mercato e includere un’importante riforma fiscale, considerato l’esiguo gettito attuale. Il Fmi, comunque, non potrà procedere a colloqui significativi e produttivi volti a risollevare le sorti del paese almeno fino a quando il governo non avrà dato prova di stabilità e disponibilità ad avviare una trattativa seria, probabilmente temendo che lo Sri Lanka non sia in grado di ripagare un eventuale ingente prestito.
È di vitale importanza, quindi, che Wickremesinghe fornisca le necessarie rassicurazioni sulla sostenibilità del paese, mostrando che lo Sri Lanka è in grado di bilanciare il suo bisogno di fondi con l’abilità di ripagare il debito contratto. E magari che provi anche a migliorare le condizioni di vita della popolazione del proprio paese.
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