L’evento finale con i 30 relatori. I 305 delegati hanno deciso: sì all’organo collegiale, no alla deroga ai due mandati, salvo «l’esperienza nelle amministrative comunali». Arriveranno le sedi: «serve un’organizzazione con spazi fisici». Per Conte vivono il dilemma «tra la coerenza delle proprie idee la possibilità di cambiare opinione»
I 305 delegati del Movimento 5 stelle degli Stati generali hanno deciso: basta con il capo politico mentre bisogna mantenere il vincolo dei due mandati, con quella che potrebbe essere una deroga solo per gli eletti nei comuni. Infine a sorpresa sì alle alleanze «ma non strutturali».
Si legge nella sintesi del documento elaborato tra ieri e oggi che ha riunito la posizione dei rappresentanti regionali riuniti attorno ai tavoli tematici. Il testo è stato letto integralmente dal capo politico Vito Crimi.
Sul fronte dell’organizzazione «un Movimento che vuole essere forza di governo, deve dotarsi di strumenti interni e di una organizzazione in grado di rendere efficace la sua azione».
E su questo i Cinque stelle si sono interrogati: «Sono confermati alcuni principi cardine della nostra storia. Nessuna deroga al limite dei due mandati per le istituzioni regionali, nazionali e europee», ma «valorizzando comunque l’esperienza maturata nelle elezioni amministrative comunali». Necessaria una formazione permanente.
La democrazia diretta «è sempre centrale e gli strumenti di partecipazione devono da una parte rispondere alle esigenze dell’azione politica e da un’altra parte mettere in rete le realtà territoriali e valorizzare e mettere in rete le competenze».
Un definitivo «sì alle alleanze», ma solo su obiettivi e programmi comuni nell’interesse dei cittadini. «No ad un’alleanza strutturale».
Vogliono anche le sedi. Serve anche «una organizzazione territoriale e capillare ben strutturata, e riconoscibile sul territorio, anche con spazi fisici di lavoro e di incontro con i cittadini».
Il documento ribadisce che il Movimento 5 stelle «ripudia il finanziamento pubblico ai partiti e conferma la necessità di finanziarsi con i contributi volontari dei cittadini e dei portavoce».
Dopo che il presidente della camera Roberto Fico si è schierato, ha vinto anche la guida politica condivisa e la decisione di non dipendere più da un solo leader. Nell’elaborazione del documento «è emersa la necessità di una guida politica collegiale, che risponda alle esigenze di efficacia ed efficienza nella azione politica», inoltre «è emersa la possibilità di dotarsi anche di un organo ad ampia rappresentatività (istituzionale, territoriale, di genere e di età) che garantisca la coerenza dell’azione politica con i nostri programmi e le indicazioni che arrivano tramite gli strumenti di democrazia diretta dai nostri iscritti».
L’intervento di Conte
Il documento è stato chiuso domenica mattina. Nel pomeriggio sono partiti gli interventi di trenta delegati votati sulla piattaforma Rousseau e degli “ospiti”. Tra gli eletti Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.
Il primo intervento però, dopo i saluti del capo politico Crimi, è stato quello del premier Giuseppe Conte, invitato a partecipare. Conte ha parlato di cambiamento e ha ricordato che in vari passaggi negli scorsi due anni si è trovato in collisione con il Movimento. In questi anni, ha detto, ci sono state decisioni sofferte «alcune sono risultate non in linea con la vostra campagna elettorale», quelli, ha detto, sono stati «i momenti in cui siete apparsi disorientati e si sono create incomprensioni tra di noi».
Intervento agli Stati Generali del M5SIn diretta il mio intervento agli Stati Generali del Movimento 5 Stelle
Posted by Giuseppe Conte on Sunday, November 15, 2020
Per il premier è un problema che deve trovare soluzione: «Nella vita politica, così come nella vita di tutti i giorni ci si imbatte tra la coerenza delle proprie idee la possibilità di cambiare opinione»
Per Conte «è un dilemma mal posto», la coerenza è un valore «ma quando governi devi affrontare la complessità, bisogna studiare e bisogna avere l’intelligenza il coraggio di cambiarle le proprie idee», soprattutto se con la coerenza «rischi di non prendere la decisione giusta per il tuo paese ha l’obbligo morale di cambiare idea»,
La prova del nove, ha detto ancora, «è spiegare come e perché si è cambiato idea». Il premier ha quindi augurato a tutti un buon dibattito ricordandogli di confrontarsi «con trasparenza».
Di Maio e Di Battista
Di Battista e Di Maio hanno portato avanti un attacco ai Benetton perché il premier intenda. Tra di loro si sono pizzicati su nomine e linea di governo. L’ordine alfabetico portato avanti nel corso dei lavori ha fatto sì che i due esponenti storici parlassero uno dopo l’altro.
Di Battista ha esordito: «Non parlo a titolo personale». Lui, a differenza di Di Maio, non ha messo il video del suo intervento sui suoi social network, ma ha rimandato al link generale alla kermesse.
Per il futuro del movimento ha detto: «Nessuno è nostalgico, tutti guardiamo al futuro del Movimento e del Paese. La più grande ricchezza di un forza politica è il voto di opinione. Si può perdere, ma mantenendo la propria identità si forza la possibilità di ottenere tanti tanti voto di opinione» ha detto Alessandro Di Battista, intervenendo all'Assemblea plenaria degli stati generali. «Non vedo l’ora di rimettermi in prima linea nel Movimento 5 stelle, vedremo come e in che ruolo».
Quindi ha lanciato il suo appello: «Mi rivolgo al presidente del consiglio e ai ministri: la revoca definitiva della concessione ai Benetton, perché ogni pedaggio che entra nelle tasche di quella famiglia è una violazione della memoria dei morti».
Il secondo punto è stato «una presa di posizione nel conflitto di interessi nei gruppi economici e mediatici», nello specifico «la famiglia Elkann», e politica e finanza: «mi riferisco alla nomina indecorosa di Padoan».
Di Battista ha preteso un ritorno alla trasparenza e al legame con la base, chiedendo che il Movimento pubblichi una lista delle nomine effettuate con curricula e compensi e istituisca un comitato di garanzia «con membri esterni al governo». La sua posizione, ha detto, «è un atto d’amore nei confronti nel Movimento 5 stelle».
Il fine «non deve essere governare, che deve essere un mezzo».
Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, è partito dal «peso nel governo»: «Su Autostrade le intercettazioni che sono uscite sono scandalose. Avevo consigliato prudenza dopo l'accordo tanto celebrato, e infatti siamo sempre allo stesso punto. Ora due sono le cose: o si estromettono i Benetton dall'azionariato o deve essere revoca delle concessioni subito».
Sulle nomine «un tema molto citato» ha detto che bisogna elaborare una legge: «Non capisco perché dobbiamo farci male da soli». Così anche per la sanità. Per rafforzarsi anche per quanto riguarda gli esteri, ha detto ancora, bisogna «superare l’ambiguità».
Di Maio se l’è presa con le critiche interne, portate avanti dallo stesso Di Battista: «Se non trovi qualcosa per cui lottare di trovi qualcosa contro cui lottare». Ma poi ha voluto salutare Davide Casaleggio e Beppe Grillo. Casaleggio non ha voluto partecipare agli Stati generali e lo ha dichiarato nero su bianco con un post su Facebook: «è già tutto deciso».
L’ex leader però ha detto: «Troveremo anche una nuova sinergia con Rousseau, che ci permetterà di avere il meglio della democrazia diretta in cui credo fermamente».
Sia Di Maio che Di Battista sono pronti all’ «organo collegiale».
Prima di iniziare e raccontare la mia visione, di come immagino il MoVimento da qui ai prossimi 10 anni, è doveroso dedicare un pensiero alle vittime di questo maledetto virus e alle loro famiglie. Il MoVimento sarà più forte di prima così da essere sempre più determinante in questa fase, per affrontare questa dura crisi pandemica ed economica. Il mio intervento agli Stati Generali. Viva l’Italia, viva il MoVimento 5 Stelle e in alto i cuori. Sempre!
Posted by Luigi Di Maio on Sunday, November 15, 2020
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