Il gay pride è «turpe e blasfemo», le femministe sono «fattucchiere» e un’etnia «prevale sempre sulle altre». Il libro scritto dal generale Roberto Vannacci e che ha scatenato polemiche anche a destra contiene la filosofia di vita del militare e le storture che secondo lui abitano la società di oggi, a partire da omosessuali e femministe
Il libro del generale Roberto Vannacci, Il mondo al contrario, ha aperto lo scontro a destra tra sostenitori delle sue tesi e chi invece ritiene che un militare abbia il dovere della neutralità. Nel libro, Vannacci presenta il mondo per come dovrebbe essere secondo lui e spiega perché invece oggi funzionerebbe al contrario.
Abbiamo sfogliato il libro e selezionato dieci estratti che spiegano la visione del militare sui temi principali affrontati.
La società
«L’esperienza maturata in questi paesi logorati da guerre e conflitti mi ha anche messo davanti agli occhi una banalità ben chiara a chi la storia e l’antropologia l’ha studiata approfonditamente, ovvero, che tutte queste diverse etnie sono riuscite a convivere quasi pacificamente fintanto che una ha prevalso sulle altre, imponendo il proprio codice comportamentale oppure, fintanto che è esistita una terza entità che le abbia dominate smussando gli aspetti più estremisti di ogni cultura e obbligandole al rispetto di norme comuni».
Mondo Lgbtq
«Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione! Non solo ve lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani “normali” concede di riprodursi, ma lo dimostra la società: rappresentate una ristrettissima minoranza del mondo. Quando vi sposate ostentando la vostra anormalità la gente si stupisce, confermando proprio che i canoni di ciò che è considerato usuale e consuetudinario voi li superate».
Il gay pride
«Non ricordo un Gay Pride in cui il tema dominante non sia stato sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini. Anche le ultimissime versioni della sfilata hanno messo in gran mostra nudità volgari ed effusioni erotiche nebulizzate qua e là per tutto il corteo e immerse in una moltitudine di manifestanti oggettivamente più contenuti. Rispetto al passato la manifestazione ha preso potenza, carattere e piglio: non si limita ad una sfilata di travestiti più o meno buffi ed esibizionisti, ma ha assunto una connotazione decisamente politica e rivendicatoria».
Il lessico
«Dobbiamo ricorrere ad un idioma straniero e chiamarli gay perché i vocaboli esistenti sino a pochi anni fa nei dizionari, che sfogliavamo girandone le sottili pagine con la punta dell’indice inumidita, sono tutti considerati inappropriati, se non addirittura volgari ed offensivi. Pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone sono ormai termini da tribunale, da hate speech, da incitazione all’odio e alla discriminazione e classificati dalla popolarissima enciclopedia multimediale Wikipedia come “lessico dell’omofobia”.
Non ci resta che chiamarli gay importando un’altra parola straniera nel nostro lessico italiano, ma facendo attenzione al tono della voce e all’espressione del volto mentre pronunciamo il tri-letterale neologismo perché potremmo essere percepiti come aggressivi, escludenti e denigratori».
Le femministe
«Altra incredibile bordata proviene dal movimento femminista che si batte per l’emancipazione della donna. Oltre a promuovere istituzioni come il divorzio e l’aborto al suon dello slogan “tremate, tremate, le streghe son tornate” si oppone alla figura femminile intesa come madre. Le moderne fattucchiere sostengono che solo il lavoro ed il guadagno possono liberare le fanciulle dal padre padrone e dal marito che le schiavizza condannandole ad una sottomessa, antiquata, involuta ed esecrabile vita domestica».
La normalità
«Il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti giornalmente volto ad imporre l’estensione della normalità a ciò che è eccezionale ed a favorire l’eliminazione di ogni differenza tra uomo e donna, tra etnie (per non chiamarle razze), tra coppie eterosessuali e omosessuali, tra occupante abusivo e legittimo proprietario, tra il meritevole ed il lavativo non mira forse a mutare valori e principi che si perdono nella notte dei tempi?
Per non parlare dei molti che, ritenendosi cittadini di un mondo universale e portatori di valori irrinunciabili vogliono cancellare le frontiere, i confini, gli stati, la cultura, la civiltà e persino la Patria per la quale si sono sacrificati milioni di nostri parenti e predecessori».
Tolleranza zero
«Ragionamenti abbastanza diretti quali “chi sbaglia paga”, “tolleranza zero”, “se non ci sono più posti nelle carceri costruiamone altre” vengono censurati e accantonati in nome di un’estrema complessità del fenomeno che non può essere gestito con soluzioni definite troppo dirette e semplicistiche. Quando, invece, almeno per le violazioni minori ma che più direttamente affliggono i cittadini, sono proprio queste soluzioni ad avere garantito il rispetto delle regole».
La legittima difesa
«La proporzionalità della difesa, quindi, dev’essere commisurata con la minaccia percepita dall’aggredito e non con il valore dell’oggetto che poteva essere ingiustamente sottratto. Cosa ne so che il malvivente che aspira al mio portafogli non è pronto ad ammazzarmi anche a mani nude per ottenerlo? Cosa ne so se, anche disarmato, non possa usare oggetti contundenti per mettere in pericolo la mia vita? Cosa ne so se in tasca non abbia un martello o un cacciavite da usare prontamente?
E se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce – ammazzandolo – perché dovrei rischiare di essere condannato per eccesso colposo di legittima difesa visto che il povero malcapitato tentava solo di rubarmi l’orologio da polso? Perché devo provare che in quel repentino, concitato e adrenalinico nanosecondo a disposizione per decidere cosa fare non ho potuto valutare un’alternativa meno violenta che preservasse il povero assalitore?».
Le famiglie
«Tutte le collettività evolute hanno il problema di non farli nascere i bambini piuttosto che di promuovere la procreazione. È per questo che ci siamo inventati i preservativi, le pillole anticoncezionali e l’aborto! Le eccezioni, pertanto, come nel famoso proverbio, confermano le regole e non le abrogano.
Nel nostro bel Mondo al Contrario siamo arrivati al paradosso dei paradossi: chi potrebbe avere dei figli non li fa e viene dissuaso dal farli sia per ragioni economiche ma anche perché ormai si è socializzata l’idea che avere una prole significa rinunciare alla libertà, all’emancipazione, alla carriera e ad una vita cosiddetta “moderna”; chi invece i figli non li può avere, come le coppie omosessuali, è pronto a qualsiasi espediente per ottenere un paio di pargoli sostenuto in questa assurda tenzone da una pletora di finti moralisti».
Il diritto alla genitorialità
«Il tanto proclamato “diritto alla genitorialità” non esiste né nell’uomo né nel regno animale. Per quanto sia sicuramente fuori luogo parlare di “diritto” applicato ai fenomeni naturali – governati da ben altre leggi rispetto a quelle dei codici giuridici – è manifesto che in Natura sono prevalentemente i dominanti ad accoppiarsi. L’opzione di procreare, quindi, più che un diritto verrebbe definita un privilegio riservato ai pochi che, più di altri, danno dimostrazione di quelle caratteristiche irrinunciabili a fare progredire la specie.
Una vera e propria élite che si guadagna spesso a suon di cornate, lotte, morsi, calci e lunghe azzuffate il privilegio di mettere al mondo un altro esemplare della propria varietà. La Natura, quindi, ragiona proprio con una logica opposta a quella che vorrebbe imporre il concetto di “diritto alla genitorialità” che, in quanto tale, dovrebbe essere invece esteso senza alcuna discriminazione ad ogni elemento della società umana».
© Riproduzione riservata