Dafne Musolino e Francesco Gallo hanno vinto nei collegi uninominali della Sicilia. Appena usciti dalle consultazioni hanno elencato i punti che animano la questione meridionale da campagna elettorale: il reddito di cittadinanza, il ponte sullo stretto, il ministero per il Mezzogiorno. Il movimento non voterà la fiducia, ma hanno una relazione complicata con Meloni, Salvini, Musumeci e Schifani
Sono due, ma il pallottoliere dopo i primi voti in parlamento è già partito per capire se Dafne Musolino e Francesco Gallo appoggeranno il governo di centrodestra che sarà affidato alla guida di Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia. Senatrice e deputato di Sud chiama nord, il partito dell’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, detto “Scateno”, il leader che urla in dialetto e si fa fotografare in mutande, sono riusciti dalla Sicilia a entrare in parlamento per la prima volta, e hanno fatto il loro debutto in occasione del voto delle presidenze delle camere.
Oggi hanno portato la loro neonata componente politica alle consultazioni al Quirinale. Una nuova geografia politica, anche perché entrambi fanno parte rispettivamente del gruppo delle autonomie e misto, che li unisce ai parlamentari di Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige.
Entrambi ex assessori del sindaco messinese, Francesco Basile, hanno già una relazione complicata con Lega e Fratelli d’Italia. A quanto hanno anticipato, non voteranno la fiducia a Meloni, ma ci sono diversi “però”.
L’incontro con Mattarella
Entrambi i parlamentari hanno vinto nei collegi uninominali della Sicilia, battendo tutti gli sfidanti. Siciliani come il presidente della Repubblica, appena usciti dalle consultazioni hanno elencato i punti che animano la questione meridionale da campagna elettorale:
- il reddito di cittadinanza,
- il ponte sullo stretto,
- l’ipotetico ministero per il Mezzogiorno.
Musolino ha parlato delle grandi opere «affinché grazie al Pnrr vengano portate a compimento. Su questo eserciteremo ogni opportuna valutazione». Anche «in termini di voto di fiducia, verificheremo se ci sarà il ministero del Mezzogiorno e la lista dei ministri».
Allontanano le ipotesi di trasformismo: «Sono nel gruppo misto per rimanerci», ha esordito Gallo, «il mio voto non è in vendita e siamo in parlamento per difendere il sud». Il primo tema da affrontare, ha proseguito, «è il lavoro, che non può essere sostituito dal Reddito di cittadinanza, così come il Reddito di cittadinanza non può essere abolito dall’oggi al domani creando situazioni sociali difficilmente gestibili».
Poi le infrastrutture: «Il problema non si risolve rilanciando la promessa del ponte sullo stretto, servono risorse». Cateno De Luca ha già fatto sapere che comunque sono per il sì. E poi, ha concluso Gallo, «finora estranea al dibattito politico, la lotta alla mafia. Vorremmo che questo governo desse una impressione di grande impegno e su questo saremo vigili». Per ora «il nostro non sarà un voto di fiducia».
Il rapporto con la maggioranza
Il collegamento con il centrodestra è stato controverso ma c’è stato. Messina, la città che ha dato i natali politici ai nuovi parlamentari, per Matteo Salvini rientra tra i grandi successi alle comunali della Lega, in realtà è stata più lo scenario di uno dei tanti scontri interni al centrodestra che hanno caratterizzato l’isola.
La Lega infatti è stata solo una delle nove liste che hanno "accompagnato" il candidato di De Luca, Basile. Un nome appoggiato in contrasto alla collega di alleanza a Roma Giorgia Meloni, che invece a Messina teneva per il suo sfidante, Maurizio Croce.
I Fratelli d’Italia nell’isola, ma anche i membri di Forza Italia, non sono amati dal gruppo di De Luca. Il primo commento ufficiale da parte di un candidato collegato a Basile, l'ex “Iena” Ismaele La Vardera, è stato: «Da Messina parte un segnale chiaro e inequivocabile – ha detto – che si può vincere senza l'appoggio di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo» – il primo ha benedetto a Palermo insieme al fondatore di Forza Italia Marcello Dell’Ultri la candidatura di Roberto Lagalla – ma soprattutto «questo è un messaggio che mandiamo anche al governatore della regione siciliana (ormai ex, ndr) Nello Musumeci. Noi non ci fermiamo. Questa è la vittoria di una popolazione che ha deciso di andare contro i vecchi schemi che in passato hanno governato Messina».
Musumeci, eletto in parlamento tra le fila di Meloni, e addirittura nel totonomine come ministro per il Sud, è stato più volte nel mirino dell’istrionico leader di Sud chiama nord, De Luca. Il leader del movimento, appena entrato in Regione, ha promesso un “governo” ombra da contrapporre a quello di Renato Schifani, forzista appoggiato da tutto il centrodestra. Prima delle elezioni, De Luca accusava Musumeci con un video introdotto da una canzone coi marranzani (strumento tipico), di essersi dimesso dalla presidenza per «uno strapuntino elettorale».
In futuro, il movimento si propone comunque come «propositivo». Quanto basta per chiedersi che faranno nonostante le immagini colorite dell’ex sindaco. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, uomo di punta della compagine di Meloni, è stato votato anche con l’appoggio dell’opposizione. Ma Musolino ha detto che lei non c’entra niente, e respinge le accuse di aver segnato il suo voto in segreto nel catafalco alla prova del “var”: «Come si dice in questi casi però “il lupo di mala coscienza, come opera pensa...”».
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