L’accordo su Ortombina come nuovo sovrintendente non è bastato. La ratifica della nomina va per le lunghe. Gli orchestrali rilanciano la proroga per Meyer ma il primo cittadino non molla
Una situazione bloccata. Il destino della Scala rischia di arenarsi intorno alla mancanza di iniziativa del consiglio d’amministrazione scaligero. In particolare del presidente, il sindaco della città. Beppe Sala un mese fa era sceso a patti con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, finendo per accettare il candidato della destra per la sovrintendenza del teatro. Dopo diversi tira e molla (e una moral suasion del suocero di Sala Giovanni Bazoli), il sindaco aveva accettato di lasciar cadere altri candidati che riteneva più adatti al ruolo e ha detto sì alla proposta di Sangiuliano, che ha sempre voluto Fortunato Ortombina alla guida della Scala.
Per agevolare il sindaco che gli è venuto incontro, il ministro, da parte sua, non avrebbe avuto niente da ridire sulle nomine in scadenza prima della fine del mandato di Sala a Milano, come quelle al Piccolo. Una soluzione che avrebbe portato al sindaco anche un’entratura nella destra: la sua ambizione è quella di scalare l’Anci dopo che Antonio Decaro ne lascerà la guida, un obiettivo per cui è essenziale l’appoggio dei sindaci di destra. Ora, però, il processo di ratifica sembra fermo su un binario morto.
Dopo che l’11 marzo Sala aveva infatti condiviso il nome di Ortombina con il consiglio d’amministrazione, tutti si aspettavano che la consacrazione ufficiale del nuovo sovrintendente fosse ormai una questione squisitamente formale. Niente di tutto ciò.
Futuro incerto
Per la prossima riunione del cda, in calendario l’8 aprile all’ordine del giorno ci sono soltanto le «comunicazioni del presidente», una formula fumosa che non permette neanche a chi si muove da anni nell’universo scaligero di prevedere con certezza cosa abbia in mente Sala.
L’amministrazione si ritrova così in un guado da cui non sembra volere o potere uscire. Periodicamente la polemica viene rinfocolata da nuovi articoli sull’argomento, ma, segnalano dal teatro, «il sindaco sembra non voler prendere in mano la situazione».
La situazione è così contorta che ieri l’orchestra ha deciso di prendere in mano la situazione, esponendosi con un appello. Gli orchestrali chiedono a questo punto che il contratto del sovrintendente uscente Dominique Meyer venga prolungato di due anni: ci sarebbe «preoccupazione per le continue indiscrezioni giornalistiche sul futuro del teatro» tanto da spingere l’orchestra a ritenere «che in questo momento sarebbe opportuno che l'attuale sovrintendente e direttore artistico Dominique Meyer potesse concludere il mandato nel pieno delle sue funzioni per quanto già programmato per la stagione prossima e quella successiva».
Un appello che ha pochi precedenti nella storia: ultimamente da Palermo i colleghi erano intervenuti sulla conduzione di Beatrice Venezi al teatro Massimo, ma che le orchestre prendano posizione su temi “politici” è una rarità.
Come argomentazione principale gli orchestrali portano «le difficoltà occorse durante il periodo di emergenza per la pandemia»: insomma, «una proroga al mandato permetterebbe di concludere compiutamente un valido percorso artistico».
Una svolta inaspettata: «Chailly (il direttore musicale uscente che dovrebbe essere rimpiazzato da Daniele Gatti, ndr) si frega le mani, a Meyer non parrà vero di tornare in gioco» commenta la presa di posizione degli orchestrali una persona che conosce bene il teatro. Ma, nonostante tutto, a questo punto sembra improbabile che ministro e sindaco decidano di tornare sui loro passi.
Sangiuliano non se lo può permettere perché Meyer va incontro ai limiti anagrafici da lui stesso stabiliti per sistemare Carlo Fuortes al teatro san Carlo di Napoli dopo che il manager ha lasciato viale Mazzini. Il sovrintendente, classe 1955, compie settant’anni il prossimo anno, e a quel punto non ci sarà proroga che tenga.
A Napoli il ministero ha anche perso contro Stéphane Lissner su questo punto, non potrebbe fare passi indietro altrove. Ma anche lo stesso Sala sembra essersi ormai esposto in maniera eccessiva per poter tornare sui suoi passi dopo aver lasciato cadere validi candidati alternativi in una trattativa andata per le lunghe sia per volontà del ministero che per l’approccio del sindaco. Temporeggiare sembra essere diventata soprattutto la cifra del ministro, che solo nelle ultime ore ha dato il proprio via libera alla nomina di Fuortes al Maggio fiorentino, un’altra negoziazione durata fin troppo a lungo.
E allora c’è chi consiglia al sindaco Sala di chiuderla il prima possibile e passare oltre e chi si aspetta un’opera di mediazione in cda che però già parte tutta in salita. Senza considerare poi che si rischia di fare i conti senza l’oste.
È vero che la Scala è uno dei teatri più ambiti al mondo, ed è vero che a Ortombina in queste condizioni verrebbe steso un tappeto rosso, ma c’è anche da considerare a che contesto il neosovrintendente andrebbe incontro: considerato che a Venezia si è trovato sempre bene e che il sindaco Luigi Brugnaro si sta spendendo come può per tenerlo, c’è chi lancia la provocazione: «Il gioco vale davvero la candela?»
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