L’esecutivo attraversa in questi giorni una fase di profonda incertezza, con il premier Conte costretto a convocare i rappresentanti di M5S e Pd oggi a Palazzo Chigi per una verifica di maggioranza. Ecco quali sono i temi più dibattuti
Sono giorni difficili per il governo Conte bis. L’esecutivo a trazione giallorossa sta attraversando infatti una fase di grandi tensioni, con il premier costretto a convocare per oggi a Palazzo Chigi le delegazioni di Pd e M5S per una verifica di maggioranza. In queste settimane si sta molto parlando infatti della possibilità che l’esecutivo possa essere sfiduciato, o che si arrivi a un “rimpasto” di governo per gestire le pressioni di alcuni dei partiti che sostengono Conte, con il ricambio di alcuni ministri chiave. Sebbene infatti né i dem né il Movimento Cinque Stelle abbiano minacciato esplicitamente uno di questi scenari, già da qualche tempo entrambe le sponde manifestano una certa insofferenza su alcuni temi fondamentali.
La task force per i fondi del Recovery Fund
Una delle mele della discordia è la gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che vale 209 miliardi di euro nell’ambito del progetto Next Generation Eu finanziato a livello comunitario. Conte ha manifestato l’intenzione di creare una “cabina di regia”, composta dalla presidenza del Consiglio, dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e da quello dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, con il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola nel ruolo di referente unico con la Commmissione europea. A fianco di ciascun ministro ci sarebbero, secondo il progetto del premier, sei manager per ciascuna delle macrocategorie dei progetti i quali, a loro volta, dovrebbero guidare una task force di tecnici che diano loro una mano nella gestione dei fondi. Si tratterebbe, dunque, di una struttura dotata di poteri speciali e istituita, probabilmente, con un emendamento alla legge di bilancio. Sebbene Conte abbia assicurato che il Parlamento sarà coinvolto nei lavori, non sono mancate le polemiche.
Tra i maggiori oppositori della task force c’è Italia viva, con il leader Matteo Renzi che ha parlato di una struttura parallela che si sovrapporrebbe ai ministeri esistenti, creando confusione e rallentamenti, oltre che poca trasparenza. In un’intervista a El Pais, l’ex presidente del Consiglio ha detto che «se Conte vuole pieni poteri come Salvini, io dico no», aggiungendo di essere pronto a «far cadere il governo perché questo non è un problema di posti, che pure mi hanno offerto. Il meccanismo del dibattito sulle regole istituzionali non può essere compensato con un piccolo accordo».
Sul tema si sono detti contrari anche diversi deputati del Pd e alcuni presidenti di regione, mentre il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti, in un’intervista al Corriere della Sera, ha detto che «in campo ci sarà una proposta nei prossimi giorni del Consiglio dei ministri aperta ad un confronto ampio nel Parlamento, coinvolgendo le opposizioni, e nel Paese, coinvolgendo le forze dell’impresa e del lavoro, gli amministratori, la cultura, il mondo dell’associazionismo sociale. È stato fatto un buon lavoro, ma esso può ulteriormente migliorare se c’è la volontà politica di farlo». Dopo le enormi polemiche, la bozza del piano sui fondi del Recovery Fund e la conseguente istituzione della task force non è stata ancora discussa dal consiglio dei ministri e non si sa quando verrà inserita in calendario.
Covid, la stretta di Natale
Il governo è inoltre diviso sulla questione della possibile stretta agli spostamenti all’interno del paese nei giorni delle feste di Natale e Capodanno. L’obiettivo, infatti, è evitare che un eccessivo allentamento delle misure dia spazio a nuovi assembramenti, provocando una terza ondata di contagi in Italia intorno al mese di febbraio. Per questo motivo, sono giorni di grande tensione in seno all’esecutivo, soprattutto tra l’ala rigorista – quella che vorrebbe seguire l’esempio della Germania e imporre un nuovo lockdown natalizio – e coloro che invece non vogliono nuove restrizioni in un periodo già di per sé delicato.
Nonostante le festività siano ormai alle porte, non c’è ancora una decisione finale da parte del premier Conte, sebbene stamattina il Comitato tecnico scientifico abbia chiesto di inasprire le misure anti-Covid durante il periodo natalizio. Le perplessità riguardano soprattutto l’ulteriore crisi economica provocata da una nuova chiusura totale, come sottolineato dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova (Italia viva): «Ulteriori restrizioni devono già prevedere adeguati ristori pari al 100 per cento delle perdite, soprattutto se dovessero coinvolgere anche i ristoranti, eventualità su cui resto enormemente scettica. Prima di assumere decisioni, chiedo al Cts di fornire le indicazioni di merito necessarie. Non si puo' fare come i gamberi». Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, che insieme ai colleghi Dario Franceschini, Roberto Speranza e Alfonso Bonafede è orientato invece al lockdown, è stata questa: «Nonostante la curva stia scendendo non possiamo non essere preoccupati, perché se non stringiamo il più possibile non partiremo come vorremo ripartire tutti». Un accordo, insomma, appare ancora lontanissimo.
La riforma del Mes
Nel caos generato dalla task force sul Recovery Fund, il governo Conte settimana scorsa ha attraversato un’altra tempesta politica, quella relativa all’approvazione della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità fortemente osteggiato soprattutto dal Movimento Cinque Stelle. Il Mes è un’organizzazione intergovernativa dei paesi dell'Eurozona, con lo scopo di avere dei fondi comuni da utilizzare nel caso in cui uno stato membro si trovi in difficoltà economiche. Chi fa ricorso al fondo salva-stati, però, deve impegnarsi in cambio in una serie di riforme. Ed è proprio su questo punto che alcuni partiti si oppongono all’utilizzo del meccanismo, temendo che le riforme si trasformino in una cessione di sovranità.
La riforma del Mes prevede l’istituzione di un Fondo di risoluzione unico per aiutare le banche europee più in difficoltà – finanziato dalle stesse banche europee – e l’obbligo per un paese che ricorre al meccanismo di emettere particolari titoli di stato che permettono ai creditori di operare una riduzione del debito con una procedura accelerata rispetto al normale. Una fronda del Movimento Cinque Stelle, formata da 16 senatori e 42 deputati, ha minacciato di boicottare il voto alla Camera. Alla fine, però, la crisi è rientrata: i leader pentastellati hanno fatto leva sulla «responsabilità» e, nonostante rimanga invariata la contrarietà del M5S all’utilizzo dei fondi del Mes per la crisi sanitaria da Covid-19, la riforma è stata approvata sia a Montecitorio che in Senato.
La riforma della legge elettorale
Un altro tema su cui Pd e Italia viva già da tempo fanno pressioni sul governo è quello relativo alla riforma della legge elettorale. Chiuso il discorso sul taglio del numero dei parlamentari, il resto delle riforme è infatti in un momento di stallo dovuto non solo all’emergenza Covid e quindi ad altri temi che sono diventati più urgenti, ma anche perché non si riesce a mettere d’accordo i partiti di maggioranza, soprattutto sulla soglia di sbarramento.
Nelle scorse settimane Pd e Italia viva hanno espresso grande preoccupazione su questa pausa inaspettata sul versante della riforma elettorale. «Il nulla di fatto registrato nella riunione di maggioranza è grave. i deve procedere secondo le intese concordate portando a conclusione i correttivi costituzionali già in agenda alle Camere e la legge elettorale», hanno detto i capigruppo dem alla Camera e al Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci.
I prossimi dossier
All’orizzonte del governo ci sono poi una serie di dossier che, probabilmente, susciteranno nuove tensioni in seno alla maggioranza. Uno di questi è il voto in Senato su un nuovo decreto legge Ristori, visto che il primo andrà in scadenza il prossimo 26 dicembre. Il nuovo testo ingloberà tutti i decreti Ristori emanati finora, ma prevede anche una serie di emendamenti, tra cui la sospensione del pagamento delle rate dei mutui sulla prima casa fino alla fine del 2021. Il governo ha intenzione di porre la fiducia sul voto che, martedì 15 dicembre, verrà espresso sul maxi-emendamento al decreto Rilancio.
Infine, entro fine anno ci sarà l’approvazione della legge di bilancio. Il 18 dicembre è la data designata per l’inizio delle discussioni alla Camera, mentre entro il 28 dicembre sarà necessario che anche il Senato abbia approvato la legge per non cadere nell’esercizio provvisorio. Dal momento che, nelle idee iniziali di Conte, l’istituzione della task force per il Recovery Fund doveva avvenire tramite un emendamento proprio alla legge di bilancio, c’è da scommetterci che le tensioni tra le due anime dell'esecutivo e quelle con le opposizioni torneranno alle stelle.
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