Nei prossimi giorni verrà aperto il testamento di Silvio Berlusconi, il terzo uomo più ricco d’Italia fino a pochi giorni fa. Sarà curioso vedere se ci sarà spazio per alcuni suoi amici e fedelissimi, come Fedele Confalonieri e Gianni Letta. Ma, soprattutto, sarà interessante vedere come è stato suddiviso il patrimonio tra la famiglia.

L’idea generale è che Berlusconi abbia pianificato questo momento, che sicuramente non è arrivato inaspettato. Per cui non ci si aspetta una semplice divisione del patrimonio in cinque parti (sei se l’ultima compagna Marta Fascina verrà considerata alla pari dei cinque figli di Berlusconi). Cosa possiamo aspettarci, dunque?

Innanzitutto bisogna riconoscere i diversi ruoli dei figli all’interno della famiglia. Gli ultimi tre, Barbara, Eleonora e Luigi, nati dal matrimonio con Veronica Lario, non hanno cariche particolari all’interno delle aziende di Berlusconi. Pur possedendo una quota sostanzialmente paritaria rispetto ai primi due figli Marina e Piersilvio (anzi, le quote dei tre sommate valgono il 50 per cento in più rispetto a quelle di questi ultimi), non hanno un ruolo operativo in Fininvest e Mediaset.

I figli avuti da Carla Dall’Oglio, invece, sono gli eredi designati da Berlusconi per guidare le sue aziende. Pier Silvio, vice presidente esecutivo e amministratore delegato di Mediaset, è stato messo a capo dell’impero televisivo, mentre Marina, presidente di Fininvest e di Mondadori, ha in mano la holding delle proprietà di Berlusconi.

A livello di proprietà, però, i fratelli sono tutti uguali. Questo non è stato un problema fino all’11 giugno. Il capostipite della famiglia, infatti, deteneva il 61% di Fininvest, con il resto spartito quasi del tutto tra i figli. Una successione paritaria comporterebbe un’inversione di tendenza negli equilibri dell’impero di Berlusconi: da una parte, Marina e Pier Silvio nei ruoli esecutivi, dall’altra, Barbara, Eleonora e Luigi che, insieme, deterrebbero la maggioranza assoluta della proprietà. C’è poi l’incognita di Marta Fascina, la deputata di Forza Italia che era moglie di fatto, ma non di diritto, del Cavaliere.

Infine, sull’impero di Berlusconi rimane sospesa anche la spada di Damocle di Vivendi, che da anni possiede una quota minoritaria dell’azienda che non sembra intenzionata a cedere. Un problema che è stato gestito in maniera abbastanza agevole finora, ma che potrebbe diventare molto più grave se la proprietà dovesse essere divisa tra cinque o sei eredi.

Cosa possiamo aspettarci

APN

È difficile pensare che Silvio Berlusconi non abbia considerato tutte queste possibilità nel sistemare i suoi affari prima di morire. Quali sono quindi le contromisure che possiamo aspettarci abbia messo in atto? Innanzitutto, va ricordato che il Cavaliere aveva facoltà di decidere a chi destinare il suo patrimonio solo per il 33 per cento del totale.

La legge prevede infatti che i due terzi del proprio patrimonio vadano di diritto ai propri figli, nel caso in cui non si sia sposati e se ne abbia più di uno (Berlusconi ne ha cinque). La destinazione di questa quota in un modo o nell’altro potrebbe cambiare di molto gli equilibri di potere all’interno di Fininvest.

In ogni caso, è probabile che l’eredità sia condizionata da alcune regole, per esempio sul processo di selezione delle figure esecutive per le aziende di Fininvest. È poi possibile che la cessione delle aziende debba avvenire con l’assenso di tutti i figli o, perlomeno, con una maggioranza qualificata.

Per Marta Fascina, la maggior parte delle indiscrezioni prevede una ingente somma di denaro (tra 50 e 100 milioni di euro) e la cessione di alcune proprietà immobiliari, tra cui Villa San Martino ad Arcore.

L’ultima compagna di Berlusconi non dovrebbe quindi avere un ruolo all’interno delle attività imprenditoriali del Cavaliere, mentre è possibile che provi a raccoglierne l’eredità in politica (anche se finora non si è particolarmente distinta, né in Parlamento, né fuori).

E se i figli si decidessero a vendere? Di certo non mancano i possibili acquirenti, ma è difficile che, oltre a una possibile unanimità, non ci siano delle regole che garantiscano che l’identità di Berlusconi resti impressa nelle sue aziende. Magari al Cavaliere non interessava granché del destino di Mondadori, ma è difficile pensare che non desiderasse mantenere integra l’identità di Mediaset.

Potrebbero così esserci regole che mantengano Marina e Pier Silvio ai vertici delle aziende, almeno per qualche anno, oppure una penale talmente elevata da rendere più conveniente una pace forzata piuttosto che mettere in piedi liti sulla successione e sulla vendita che rischierebbero di mandare tutto in fumo.

Per quanto sia emerso tra molti in questi giorni un sentimento nostalgico intorno alla figura di Berlusconi, che probabilmente spinge a credere che Mediaset e Fininvest rimarranno per sempre nelle mani della famiglia, non bisogna comunque mettere da parte la possibilità che i figli decidano semplicemente di cedere tutto. Il testamento potrebbe infatti essere più permissivo di quanto ci si aspetta o, comunque, tutti i figli potrebbero decidere all’unanimità di vendere le aziende del padre.

È quello che stanno sperando gli investitori negli ultimi giorni, come dimostra l’andamento del titolo di Mediaset. Fin dalle prime notizie dell’ultimo ricovero del Cavaliere, le azioni Mfe avevano iniziato a crescere, nella speranza che una cessione fosse sempre più vicina. Si è così confermata la tendenza che aveva caratterizzato anche altri ricoveri di Berlusconi, che non si è fermata e, anzi, ha accelerato anche dopo la morte del Cavaliere.

© Riproduzione riservata