- Meloni ha vinto perché ha potuto incarnare quel che l’elettorato italiano ha preferito da Berlusconi in poi, cioè il Nuovo. Come è potuto succedere che il conservatorismo abbia potuto godere dei vantaggi della novità?
- La sinistra aveva il pregio, dunque, di aver colto i cambiamenti epocali perché aveva studiato, perché sdottorava sulla Silicon Valley, possedeva un vocabolario aggiornato e adeguato ai tempi.
- Ma gli operai non stavano seguendo, quelle parole a loro risultavano ostiche; e dunque si sono lasciati convincere da chi li illudeva a sua volta che i padroni difendono i diritti dei servi diventando loro sempre più padroni.
Dunque Giorgia Meloni ha vinto, presentandosi francamente (e forse sinceramente) come la voce genuina dei conservatori.
Ma è stata votata (anche) perché è sempre rimasta in questi anni all’opposizione e quindi ha potuto presentarsi come l’antagonista coerente; ha potuto incarnare quel che l’elettorato italiano ha preferito da Berlusconi in poi, cioè il Nuovo.
(Ricordiamo Iva Zanicchi che su Berlusconi diceva «proviamo anche questo»; poi Il Rottamatore, poi quelli della scatoletta di tonno; e per di più lei è donna, la prima che sfonda il tetto di cristallo…).
Come è potuto succedere che il conservatorismo abbia potuto godere dei vantaggi della novità?
Si era dunque venuta a formare, pian piano, una tale stanchezza della modernità, un tale rifiuto delle diavolerie innovatrici che la gente ha sentito il bisogno di tornare alle sane categorie di una volta, per di più sentendole come un vento di protesta?
Discorso sulla Sinistra
Per rispondere a questa domanda provo a prendere sul serio il discorso che (trionfante) la Destra sta facendo sulla Sinistra, e a chiedermi che cosa ci sia di vero.
Non ho mai pensato, nemmeno da giovane, che i discorsi della Destra siano per definizione sbagliati, né che siano necessariamente giusti quelli della Sinistra.
La Destra dice che la Sinistra ha perso a causa della propria arroganza, perché si è illusa di essere “ontologicamente” migliore e perché si è trasformata in un centro di potere.
L’accaduto è, credo, più tortuoso e vale la pena di ripercorrerlo a partire proprio dal vecchio e dal nuovo. È una ventina d’anni, ormai, che molti osservatori seri sostengono che non esistono più Destra e Sinistra ma che le opposizioni sono altre: quella tra conservazione e innovazione, appunto, o quella tra populismo e coscienza democratica della complessità.
(Come vediamo oggi, in realtà la Destra non se ne era mai andata, è la Sinistra che si è persa). La Sinistra aveva il pregio, dunque, di aver colto i cambiamenti epocali perché aveva studiato, perché sdottorava sulla Silicon Valley, possedeva un vocabolario aggiornato e adeguato ai tempi; ricordo Claudio Martelli che definiva “baluba” i leghisti di Bossi.
Da questa idea nasceva la solfa (ripetuta infinite volte e adottata anche dalla Destra) che non si può rispondere con risposte semplici alle domande complesse.
Una verità scientifica che veniva rabberciata in tutta fretta per modellarla sulla politica e sulla distinzione tra demagogia e democrazia, considerando quest’ultima come una roba per persone istruite.
Si affermava lentamente il concetto, mai apertamente teorizzato ma circolante sottopelle, che più una cosa era complicata, moderna e raffinata, più era di Sinistra.
È cominciato, forse, con l’architettura e le archistar: meravigliose costruzioni teoriche davano vita a edifici reali che spesso erano un pugno nell’occhio e creavano condizioni di vita molto diverse dal previsto (vedi il destino del serpentone di un chilometro in località Corviale nella periferia romana).
Poi ci furono i Grandi Eventi promossi dagli assessori di Sinistra, in cui illustri filosofi e antropologi d’ultimo grido avrebbero dovuto colloquiare con le masse; e il teatro, con il povero Re Lear esiliato a Tor Bella Monaca e i borgatari che bucavano le gomme dei macchinoni che venivano dal centro per assistere alle meraviglie del decentramento.
Poi la nouvelle cuisine, con l’immagine satirica (evocata da Giorgio Bocca) dell’unico pisello presentato da Gualtiero Marchesi dentro un piatto nero e glamour. Perché la Sinistra aveva questo di bello, che sapeva essere autoironica.
Poi la moda costosissima che voleva assomigliare all’abbigliamento di strada, i jeans strappati che le signore osservavano rapite in vetrina o in passerella.
Infine le erudite complicazioni del sesso, con le settantadue categorie che nel menù a tendina di Facebook sono andata a sostituire la semplice e burocratica alternativa maschio/ femmina. (Nel frattempo, all’ironia di Giorgio Bocca si era sostituita quella più destrorsa e casereccia di Pio e Amedeo).
La vera novità
Siamo sicuri che fossero tutti (e già) operai di destra quelli che di fronte a queste intraviste novità culturali sentivano il bisogno di tornare alle antiche certezze?
La carbonara è più gustosa di un piatto fusion in cui gli spaghetti sono trattati col curry verde coreano, i pantaloni quando fa freddo è meglio che non abbiano i buchi, una donna è una donna e un uomo è un uomo.
Ah, tornare indietro per riappropriarsi di una semplicità perduta, è questa la vera novità! Sto facendo un discorso di Destra? Forse, ma non ingenuamente.
Lo so che nelle abitudini culturali del ceto medio hanno avuto parte mutazioni socioeconomiche mondiali, lo so che la Sinistra della Ztl ha cercato il contatto con le fabbriche e che non esiste più l’ottocentesco padrone delle ferriere.
Lo so che la tecnologia del capitalismo finanziario ha il passo più lungo della politica e che i social o i cellulari hanno una forza di penetrazione e di cambiamento indipendente dalle ideologie, lo so che per entrare in sintonia coi giovani bisogna accettare il fatto che il loro cervello funziona secondo parametri in gran parte inconoscibili dagli anziani.
E infine lo so che per la democrazia è importante la difesa dei diritti, anche se fosse il diritto di un unico individuo (magari di quello che si riconosce nella settantaduesima categoria di Facebook).
È un problema di pedagogia, ma qui bisogna analizzare un altro malinteso. La famosa sentenza secondo la quale il padrone comanda perché conosce mille parole, mentre il servo ne conosce soltanto cento, ha significato e significa che bisogna insegnare al servo tante parole da potersi opporre anche dialetticamente al padrone.
Quando io ero giovane, in un paesino a stragrande maggioranza comunista, la domenica in sezione si leggeva l’Unità ad alta voce, e chi sapeva spiegava agli altri i concetti e le parole difficili.
Pasolini scriveva i manifesti per la campagna elettorale del 1948 in dialetto friulano perché anche chi non parlava italiano potesse capirli.
Lentamente, anche qui, l’idea si è trasformata ed è diventata la certezza che chi conosce più parole degli altri possa considerarsi per ciò stesso un padrone.
La lotta di classe si è trasformata in una lotta verbale, un ludo oratorio in cui chi sa piazzare le parole più difficili ha vinto.
Proprio mentre la struttura economica stava divaricando al massimo la distanza tra poveri e ricchi, la Sinistra (almeno in parte) si è illusa che possedendo più parole si potessero emancipare i servi con la sola forza del Potere culturale.
Ma gli operai non stavano seguendo, quelle parole a loro risultavano ostiche; e dunque si sono lasciati convincere da chi li illudeva a sua volta che i padroni difendono i diritti dei servi diventando loro sempre più padroni. Perché è l’impresa che produce la ricchezza eccetera, e poi per la ridistribuzione si vedrà.
Priorità
Due inganni opposti, due illusioni ottiche. Se la Destra esiste, e farà valere la sua forza in un parlamento democratico in cui può contare sulla maggioranza assoluta (per la prima volta dopo tanto tempo garanzia di stabilità), non può non esistere la Sinistra.
Speriamo che, rifondandosi e facendo la rituale “analisi della sconfitta”, la Sinistra non dimentichi di fissare una scala di priorità: tutto è importante, tutto si deve perseguire, ma ci sono alcune cose che ora sono vitali, prima fra tutte ritornare a farsi capire dalle persone semplici.
Buttando all’aria senza rimpianti le costruzioni partitiche che l’hanno tenuta così a lungo, e così confusamente, nell’area del Potere.
Finisco con un exemplum fictum, dato che è il mio mestiere. Un gruppo di convegnisti in libera uscita si ferma a pranzo nella casa di un pescatore, avvisato e ricompensato dagli organizzatori; la moglie del pescatore ha preparato delle freschissime spigole al limone, ma uno dei convegnisti dichiara che lui non mangia animali morti e si chiude in un disdegnoso digiuno senza assaggiare nemmeno il pane.
Dice che la sua è una “scelta etica”. A me pare che sarebbe stato molto più etico non umiliare della povera gente che aveva fatto di tutto per accontentarti, e per una volta màgnate ‘sta spigola, vedrai che non muori. A proposito di priorità e di etichette ideologiche.
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