- Per la premier è la seconda visita nel paese in una settimana, una decisione insolita che mostra l’importanza del paese per la strategia del governo.
- Meloni vuole evitare il collasso del governo sotto i debiti e ottenere maggior collaborazione nella lotta ai migranti. Con lei in viaggio la presidente della commissione Von Der Leyen e il primo ministro olandese Rutte.
- Ma i risultati del viaggio scarseggiano. Tunisi non vuole accettare le condizioni del prestito offerto dal Fmi e l’Europa non intende agire senza il consenso del Fmi.
Nonostante la sua seconda visita in Tunisia nel corso di una sola settimana, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non riesce a sbloccare l’empasse nelle trattative con il paese nordafricano. Per ora, il governo tunisino continua a rifiutarsi di accettare le condizioni poste dal Fondo monetario internazionale per ricevere un finanziamento in grado di salvare il paese dall’imminente bancarotta.
Si tratta di uno scenario da incubo per Meloni, che ai partner europei ha parlato di «900mila tunisini» pronti a partire se non si troverà un accordo. Ma anche senza arrivare a queste stime di non chiarissima provenienza e affidabilità, Meloni deve comunque fronteggiare flussi in arrivo dalla Tunisia che sono almeno quattro volte più significativi di quanto visto negli ultimi anni e destinati ad aumetare ancora se non si troverà un accordo con Tunisi per fermarli.
La visita
Ieri Meloni è tornata a Tunisi accompagnata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal primo ministro olandese Mark Rutte. La delegazione ha raggiunto il 65enne Kais Saied, presidente del paese dal 2019, nel suo palazzo a Cartagine, dove il gruppo ha discusso per circa due ore prima di rilasciare una dichiarazione congiunta in una sala dove non era presente nemmeno un giornalista.
I leader si sono scambiati le consuete dichiarazioni di amicizia e di unità di intenti. Von der Leyen ha annunciato la possibilità di fornire immediatamente 150 milioni di euro alla Tunisia come assistenza al bilancio e altri 100 milioni per aiutare Tunisi a bloccare le partenze di migranti. Cifre poco più che simboliche rispetto a quelle di cui Tunisi ha bisogno per mettere in sicurezza il suo bilancio.
Von der Leyen ha detto che l’Ue è pronta a versare altri 900 milioni di euro come «piano di assistenza macro-finanziaria», ma questo versamento potrà essere effettuato «non appena sarà trovato un accordo» tra la Tunisia e l’Fmi. Aiuti finanziari e ulteriore cooperazione, ha detto la presidente, saranno valutati anche alla luce dei progressi della Tunisia sul rispetto dei diritti umani.
Tunisia autoritaria
Entrambe le condizioni poste dalla delegazione europea sono pillole difficili da indorare per il presidente tunisino Saied, che ha da poco consolidato il suo potere con una riforma della costituzione che lo trasforma, in tutto e per tutto, in un leader autoritario. Difficilmente Saied sarà disposto a cambiare natura della sua presidenza, ad aumentare la libertà di stampa e a cessare la persecuzione degli oppositori politici. Esempi come la vicina Libia o Erdogan in Turchia ricordano a tutti i leader nordafricani, e non solo, che quando si tratta di lotta all’immigrazione, l’Unione europea è disposta a finanziare regimi meno che democratici e a chiudere entrambi gli occhi se qualche abuso viene commesso nel processo.
Più difficile da risolvere sembra la questione del Fmi. Nonostante la situazione disperata del budget, Saied non ha intenzione di accettare il prestito e le condizioni che gli vengono richieste. Tra queste, ci sono il taglio dei sussidi all’acquisto di farina e carburante, la privatizzazione di imprese pubbliche e il licenziamento di numerosi dipendenti pubblici. Tutte azioni, sostiene Saied, che porterebbero a un collasso del suo consenso e a un’instabilità sociale in tutto il paese.
Saied ha bisogno dei prestiti per evitare il collasso, ma sa bene che gli europei hanno bisogno della Tunisia per fermare i migranti, con le buone o le cattive. Per questo il presidente tunisino ritiene di avere un’ottima leva negoziale e non ha esistato ad usarla il giorno prima dell’arrivo della delegazione, quando, durante una visita non annunciata alla città di Sfax, ha annunciato: «Non possiamo svolgere il ruolo di guardiani delle frontiere per altri paesi». Una dichiarazione poco in linea con le sue precedenti posizioni sui migranti che minacciavano di cancellare la natura «araba» della Tunisia, ma perfette per alzare la posta del negoziato con l’Unione europea.
Il memorandum
La visita di ieri si è conlcusa con poco di concreto. Qualche aiuto di piccola entità che potrebbe arrivare relativamente a breve e un pacchetto significativo, subordinato all’accordo con l’Fmi, di cui per ora Saied non vuole sentire parlare. Passi più importanti potrebbero arrivare dall’accordo (“memorandum of understanding”) che una delegazione europea ed una tunisina inizieranno a scrivere nei prossimi giorni. Meloni ha detto di puntare molto su questo documento, e spera di vederlo pronto per il prossimo consiglio dell’Unione europea fissato per fine giugno, così da poterlo approvare nel più breve tempo possibile.
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